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La nostra intervista a Martina Barbierato, torinese di 22 anni, prima donna italiana a partecipare alle Paralimpiadi con il powerlifting, che ci svela dietro le quinte, curiosità ed emozioni di questi Giochi vissuti in prima persona

È passata poco più di una settimana dalla fine delle Paralimpiadi di Rio, ma lo strascico delle emozionanti medaglie azzurre sta lasciando, più che mai, il segno nella memoria collettiva italiana, non solo in quella degli addetti ai lavori. Merito, senza ombra di dubbio, di personaggi in grado di trascinare l'intero movimento paralimpico come Bebe Vio e Alex Zanardi, autentici leader fuori e dentro al campo; merito loro, sicuramente, ma anche di quelle decine di atleti che, pur restando fuori dal podio, in Brasile hanno sudato, lottato e faticato.martina barbierato

Per questo abbiamo deciso di intervistare chi, secondo noi, rappresenta in pieno il rinnovamento culturale che lo "spirito paralimpico" mira a promuovere: lo abbiamo fatto perché è giovane, perché è donna e perché pratica uno sport da sempre considerato "maschile" come il sollevamento pesi.
Martina Barbierato, torinese di 22 anni, pratica il powerlifting nella categoria 55 kg: già Campionessa Mondiale ed Europea Juniores, prima donna italiana a partecipare alle Paralimpiadi nella disciplina, a Rio si è classificata settima dopo aver alzato 92 kg. La presenteremo come atleta, semplicemente atleta.

Martina, qual era l'atmosfera alla partenza in aeroporto?
Ho realizzato di essere in partenza per Rio solo dopo aver varcato le porte di Fiumicino! Subito dopo mi sono sciolta e ho condiviso momenti di grande entusiasmo e grandissima felicità sia con il mio compagno di squadra Matteo Cattini che con i tecnici Filippo Piegari e Alessandro Boraschi. Essendo reduce da un paio di giorni molto intensi, tra allenamenti e disbrigo delle ultime pratiche burocratiche, ero solo un po' in ansia per la necessità di mantenere il peso corporeo necessario per la mia categoria in vista della gara.

Quali sono state le tue prime impressioni all'arrivo a Rio de Janeiro?
Siamo arrivati al villaggio olimpico la mattina presto, oltre a noi non c'era quasi nessuno, solo un altro gruppo di atleti. Una volta convalidata la Carta d'Identità Paralimpica (documento dove sono riportati,oltre ai dati anagrafici e fisici, la carriera paralimpica dell'atleta, ndr) abbiamo dovuto cercare le nostre stanze praticamente da soli, visto che i volontari non ci hanno accompagnato. Parlando in generale, tutto era extra-sorvegliato dal Comitato Organizzatore per questioni di sicurezza, bastava guardarsi intorno per vedere più militari che civili: tutto assolutamente apprezzabile visti i timori della vigilia olimpica. A livello atmosferico posso paragonare il settembre brasiliano ad una nostra estate piovosa, molto umida: nonostante questo l'aria condizionata era sempre al massimo, dovevamo metterci felpa e giacca a vento per entrare nei luoghi chiusi!

Ci potresti descrivere il villaggio atleti?
Grande, con un enorme viale centrale con annesso ristorante brasiliano; gli edifici, istituzionali e non, erano posizionati ai lati: il centro direzionale del Comitato Olimpico e Paralimpico, una mega-palestra, il centro medico con centro anti-doping incorporato, una mensa lunga 300 metri che sfamava, tutti insieme, volontari e atleti, le ventotto palazzine con le nostre stanze. Sia gli allenamenti che  la gara, invece, si sono disputati al Rio Centro Pavilion 2, a poche decine di metri dal villaggio: era gigante, con almeno quaranta panche piene di atleti, dovevi fare la fila per allenarti, ti metteva tensione solo a entrarci. Non poteva mancare, ovviamente, l'aria condizionata! Peccato per certi acquitrini maleodoranti lungo il tragitto...

E Casa Italia Paralimpica?
Il CIP ha deciso di allestirla in un oratorio situato in una zona non troppo agiata della città, ristrutturando i locali e inaugurando un centro conferenze, subito dopo le gare si andava lì per festeggiare una medaglia o per consolarsi dopo una sconfitta; ci sono state anche delle cene a invito, organizzate dallo chef ufficiale.

Com'erano le stanze?
Erano dei mini-appartamenti un po' spartani, dotati del minimo indispensabile per viverci qualche giorno: due letti e una zona soggiorno, non c'era molta possibilità di fare altro, giusto qualche televisione nella hall del palazzo per guardare le altre gare. Ogni tre/quattro palazzine c'erano una piscina e un campo da tennis, ma visti i mille impegni...

Chi era la tua compagna di stanza? Cosa facevate nel tempo libero?
I primi giorni li ho trascorsi da sola. Giovedì 8 è arrivata la canoista Veronica Yoko Plebani, siamo rimaste insieme fino al giorno della mia partenza, domenica 11. Veronica è una ragazza fantastica, carinissima e simpaticissima, il giorno della mia gara mi ha anche lasciato un bigliettino di incoraggiamento. Nel poco tempo libero a disposizione io, lei e Matteo Cattini scendevamo nella "zona ricreazione" dove c'era qualche negozio e poco più, a parte un fast food da cui ci tenevamo a debita distanza per evitare pericolose tentazioni: io e Matteo, alla prima Paralimpiade, non potevamo concederci la minima distrazione per rispettare le categorie di peso.

Descrivici la tua giornata-tipo prima della gara...
L'orario cambiava sempre, a seconda del gruppo di allenamento in cui si veniva collocati. Le sessioni, a scalare di giorno in giorno, erano di due ore: 8.30-10.30, 16.30-18.30, 14.30-16.30 più un'ora di allenamento libero dalle 18.30 alle 19.30. Anche la sveglia dipendeva dalla turnazione: se ci allenavamo presto, sveglia alle 7 con colazione alle 7.30, altrimenti ci si poteva riposare un po' di più.

Parlando di alimentazione...hai seguito una dieta specifica?
Sì perché ho un metabolismo molto particolare: consumo tutto molto in fretta e, di conseguenza tendo a dimagrire altrettanto in fretta, se mi ci metto riesco a perdere anche un chilo e mezzo prima della gara. Proprio per questo, per mantenere il mio peso sui limiti alti della mia categoria, mi serviva un'alimentazione abbastanza sostenuta: yogurt e uova, più qualcosa di dolce, a colazione, frutta e frutta secca a merenda, almeno 100/150 grammi di carboidrati a pranzo e a cena con pasta all'olio o al burro, pollo alla piastra con poco olio, verdura cotta e cruda. Le cose che dovevo assolutamente evitare erano gli alcolici, gli alimenti troppo salati che causano ritenzione idrica e troppi zuccheri, non fanno molto bene al peso.

Quali sono stati i tuoi pensieri...
…Prima della gara?
Mi sono detta: Bene, ora ci siamo, devo andare lì e lanciare in aria quel bilanciere...non montarti la testa dopo la prima alzata perché la gara non è ancora iniziata, vai avanti senza mollare un centimetro!
…Durante la gara?
Non ho pensato a nulla, il cervello era settato automaticamente sul bilanciere, l'unica preoccupazione era quella di riuscire ad incavolarmi per tirare fuori tutta la rabbia necessaria ad avere più spinta nelle braccia.
…Dopo la gara?
Ero pienamente soddisfatta: tra le varie alzate dovevo reprimere la soddisfazione per mantenere la concentrazione, ma dopo la terza, nulla perché fatto errore tecnico (colpa mia non potevo arrabbiarmi), ho potuto dare sfogo a tutta la mia soddisfazione e salutare il pubblico.

Qual è stata l'accoglienza da parte delle tue avversarie?
C'è molto rispetto tra di noi, parliamo molto amabilmente e con qualcuna potrei anche sbilanciarmi considerandola amica. Posso anche raccontare un aneddoto molto divertente: la faccia letteralmente sbigottita della britannica Natalie Blake, che in gara mi ha preceduto per pochissimo, nel notare i muscoletti che ho messo su negli ultimi mesi...

Cos'hai fatto dopo la gara?
Abbiamo festeggiato il compleanno del Presidente della Federazione Pesistica Antonio Urso andando a cena in un ristorante a brasiliano a Copacabana: è stata l'occasione per fare il punto della situazione sui nostri progressi come movimento. Mi sono anche tolta lo sfizio di concedermi una birra, finalmente! Dopo cena siamo andati in spiaggia e sono riuscita a mettere i piedi a bagno nell'oceano a mezzanotte. Anche se non c'era quasi nessuno, la spiaggia di Copacabana è impressionante, bellissima!

Sei riuscita a visitare qualcosa?
Poco o nulla: il 6 settembre, il giorno prima dell'apertura dei Giochi, ci siamo ritagliati un po' di tempo per andare al Corcovado a visitare la statua del Cristo Redentore, accompagnati dallo staff del Comitato Organizzatore. Vista dall'alto Rio è impressionante, mi sono ripromessa di tornarci da turista.

Cosa ti è piaciuto di più di Rio?
Il popolo, trasmette un'energia fantastica! Purtroppo, però, c'è stato anche il rovescio della medaglia: quando passavamo vicino alle favelas meno pacifiche ho provato un po' di disagio. Tornando da Copacabana, ad un semaforo rosso, ho incontrato sguardi poco accoglienti, la sensazione di estrema povertà era evidente. Devo confessare che anche all'interno dello stadio, durante la cerimonia d'apertura, si poteva percepire una certa tensione in una parte del pubblico presente.

Ultima domanda...pensi che Rio sia (o sia diventata) una città a misura di persona con disabilità?
Dipende: se vuoi andare sulle spiagge non ci sono grossi problemi, la situazione cambia se vuoi muoverti in autonomia sui mezzi pubblici...

Qui trovate un po' di foto da Rio di Martina e dei suoi compagni di viaggio a queste Paralimpiadi


Marco Berton

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