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E’ una porcheria il modo in cui i portatori di handicap vengono trattati nei nostri stadi, in quelli del campionato piu’ famoso ed anche piu’ vergognoso del mondo, se guardato dalla parte dei disabili. Nessuno stadio italiano risponde a tutte le leggi prescritte per loro, alcuni sono profondamente oltraggiosi verso l’handicap. Nessuno ha mai realizzato studi sugli impianti di calcio, a livello pubblico e’ il deserto piu’ totale ed i pochi volontari che hanno tentato un’indagine sono finiti contro il solito, odioso muro di silenzi, indifferenza, bugie, uffici incompetenti come sempre la maggioranza.
Per la Fiorentina abbiamo atteso inutilmente tre giorni, per Reggio Calabria sono occorse sette telefonate, a Perugia abbiamo aspettato dieci minuti in linea il numero di telefono di un disabile: "Certo che lo abbiamo, aspetti che vedo, un attimo, la prego, attenda ancora". Il cinismo delle societa’ di calcio, e parliamo di quelle di serie A, figurarsi nei campionati minori, e’ lampante. Sono preoccupate di rimpallarsi con le amministrazioni comunali la responsabilità giuridica, che qui invece e’ prima di tutto morale. Visto che molti club affittano gli impianti per le gare, secondo un dirigente del Ministero degli Interni sono corresponsabili in caso di mancato adempimento.
Ma volete la verita’? Nessun esposto, neppure una minima segnalazione e’ mai giunta alla Lega, dove nel 1997 (con deposito del regolamento in Federcalcio) si e’ stabilito che ogni 400 posti normali uno sia destinato ai disabili. E il risultato e’ uno scempio: uno ogni 1.658 a Perugia, uno ogni 1.333 a Cagliari, poco meglio nel resto d’Italia.
"Non gliene frega niente a nessuno" interviene rabbioso, dopo 30 anni di ululati alla luna, il presidente della Federazione Italiana Sport Disabili Antonio Vernole, incredulo che un giornale lo abbia cercato per questo. Assieme all’architetto Giovanni Saulle, un eroe borghese che lavora gratuitamente per proteggere gli handicappati, hanno iniziato una loro ricerca. Il risultato e’ sconcertante: dice Vernole che nessuna federazione, nessuna societa’ sportiva, nessun ente locale si e’ rivolto al Credito Sportivo per chiedere un mutuo agevolatissimo (1,75 il tasso di "disinteresse") destinato a finanziare l’abbattimento delle barriere architettoniche negli stadi, imposto dalla legge 503 del 1996 sugli edifici pubblici. "Nessuno ha voluto farlo perche’ a nessuno interessa mettere a posto gli impianti" denuncia ancora Vernole, il quale ha pensato intelligentemente di lasciare il suo posto in Giunta Coni ad un disabile al fine di richiamare l’attenzione sul tema. Peccato soltanto che lo dovranno accompagnare a braccia su e giu’ per le scale: nemmeno nei saloni bianchi del Foro Italico esistono ascensori o saliscendi adatti.
Osteggiati, dimenticati, nel migliore dei casi emarginati: e’ questo il trattamento ricorrente nei confronto di chi ha difficolta’ motorie. A Perugia, per fare dei nomi, esistono appena 16 posti a disposizione degli handicappati in attesa della ristrutturazione annunciata dal Comune, a Lecce ben 200, purtroppo sbattuti sulla pista di atletica visto che non e’ mai stato concepito un settore per loro. Avete capito? Non l’hanno nemmeno visto uno spazio per le carrozzine, gli handicappati usano l’ingresso delle autoambulanze. Considerando la delibera 1492 del Coni del 19 dicembre 1997, quella sull’impiantistica sportiva che stabilisce la fruibilita’ da parte dei disabili, lo stadio di Lecce e’ totalmente carente.
In base all’articolo 24 della Legge 104 del 1992 i locali pubblici sono sanzionabili, perche’ questo non vale anche per gli stadi di A?
La vergogna e’ che nessuno possa fare nulla. Diffide all’ufficio tecnico del Comune o al sindaco non sono state avanzate, cosi’ come denunce ai carabinieri o ricorsi, in via amministrativa, al tar. Magistrati non se ne sono mai visti all’orizzonte, impegnati ad ascoltare Pantani e Lippi. Ci sarebbero le commissioni, quelle che dovrebbero intervenire a sanare una situazione assurda, specchio reale del grado d’incivilta’ di un Paese. Ma la Commissione tecnica nazionale del Coni, che ha competenza per gli impianti del costo di oltre 2 miliardi (degli altri si occupa quella provinciale), approva il piano originale e dunque non puo’ intervenire successivamente per valutare se lo spazio disegnato sulla carta ha trovato attuazione. Potrebbe farlo la Commissione provinciale di sicurezza della Prefettura, ma questa e’ impegnata ad occuparsi soprattutto dei tifosi violenti, di fatto e’ una costola del Comitato per l’ordine e la sicurezza. Potrebbe essere allora il caso della Commissione per il credito sportivo, ma questa entra in funzione solo se qualcuno chiede ovviamente un prestito. Potrebbe toccare infine alla Commissione tecnica della Lega calcio, ma li’ ci si occupa di punizioni fisiche in campo e non psicologiche al di fuori.
Risultato: quattro commissioni e sempre a Lecce i 200 disabili devono pregare di non avere contemporaneamente bisogno del bagno: ne esiste uno solo, proprio come a Bari e a Perugia, appena peggio dei due di Cagliari e Reggio Calabria. In quest’ultima hanno restaurato da poco lo stadio, dunque c’era la possibilita’ di fare qualcosa di moderno. Macche’: i posti per i portatori di handicap sono appena 40, in basso, con pochi bagni e per ora sistemati come capita, dato tra l’altro che il club ed il comune si fronteggiano per capire a chi debba andare la gestione diretta dello stadio. A Venezia i disabili pregano perche’ non piova, altrimento finiscono le partite inzuppati, dopo aver gia’ fatto un sentiero di guerra fra ponti e barche. A Cagliari esistono solo 30 posti, a Udine appena 15 in piu’, benche’ quest’ultimo sia tutto sommato uno dei migliori. A Roma si sfiora il capolavoro: secondo la Lazio esistono 210 posti ed entrate separate, per la Roma i posti sono 60 in meno e non esistono ne’ accessi speciali ne’ parcheggi idonei. Unico dettaglio, lo stadio e’ sempre l’Olimpico, dove oltretutto accompagnatori e disabili pagano a differenza di quanto avviene nella maggioranza degli stadi italiani.
Quello dei parcheggi e’ un altro punto decisamente dolente nella lista nera. Sei stadi su quindici di serie A non l’hanno previsto, uno in piu’ di quanti non hanno accessi specifici. "Il problema dei disabili viene sempre sottovalutato" riassume l’architetto Saulle "Se succede qualcosa allora si che diventa un bel guaio dato che senza percorsi speciali rare volte esiste una via di fuga. Gli ascensori non sono funzionanti (appena 6 stadi su 15 lo possiedono) e si rischia davvero la tragedia se dovesse mai capitare qualcosa".
Due societa’ in tutto, l’Inter ed il Parma, hanno pensato bene di stipendiare una persona per occuparsi unicamente dei portatori di handicap, la prima (gia’ attiva anche per donare protesi ad Emergency e nelle visite guidate alla Pinetina) attraverso un altro disabile, la seconda con una rete di otto persone, tra cui un ascensorista domenicale e due bariste per i caffe’ e the gratis. Pensare che pagare uno che si occupi di queste persone costerebbe un millesimo dell’ingaggio di un normalissimo giocatore di serie A. Troppo? Almeno otto club, di cui uno quotato in Borsa, non hanno un responsabile che segua da vicino (con incontri e scambi di pareri) quelli piu’ sfortunati di noi. La Juve ha deciso, in accordo con una associazione di volontari, di offrire l’accompagnatore ai disabili che non l’avessero.
Ma le note positive finiscono qui. Ora aiutateci anche voi a scoprire tutte quelle negative.


Matteo Marani – guerin@joy.dsnet.it

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