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maestro e alunnoUn docente specializzato neoimmesso in ruolo spiega le ragioni che lo hanno portato a scegliere di insegnare le discipline e lancia una proposta innovativa

“Quest'anno sono passato di ruolo. La mia assunzione a tempo indeterminato è stata una sorpresa perché, fino alla pubblicazione dell’aggiornamento delle Graduatorie ad Esaurimento, tutto poteva succedere, ivi incluso un arretramento di posizione. E invece no, sono passato di ruolo. Non solo: sono stato anche messo nella condizione di poter scegliere se lavorare nel sostegno o come insegnante di Matematica applicata.
Dopo otto anni di riconosciuto e onorato servizio nel sostegno, ho scelto di lavorare come insegnante di Matematica applicata.

Ho fatto questa scelta non senza difficoltà emotive e l’ho fatta perché voglio essere quell'insegnante di materia che avrei voluto incontrare nelle classi quando lavoravo come insegnante di sostegno. Non che ne abbia incontrati moltissimi di tanto spiacevoli, ma essere stato insegnante di sostegno e avere provato tutte quelle microesclusioni didattiche e quei tanti impliciti delegittimanti, mi pare sia un requisito utile per evitare di fare gli stessi errori.

Da quando sono entrato in ruolo è tutto un susseguirsi di generose congratulazioni. Fanno piacere, anche se penso di avere vinto il mio concorso allorquando conquistai l’accesso alla SSIS, superai il conseguente esame di Stato conclusivo del biennio di studi abilitanti e portai a termine il primo triennio di lavoro continuativo nella scuola. Tutto questo sarebbe stato sufficiente in un qualsiasi Paese osservante la normativa europea. Lo Stato, quindi, è in colpevole ritardo.

Tuttavia, giacché è noto nell’ambiente che ho lavorato tanto nel sostegno, la scenetta che si ripete ogni volta è la seguente:
Io: "Sono passato di ruolo".
Interlocutore: "congratulazioni! Sul sostegno?"
Io: "No, sono passato sulla materia, matematica applicata."
Interlocutore: "Ah però, complimenti!"

Il dialogo non rende appieno tutto quello che il linguaggio del corpo esprime e ciò che emerge con netta chiarezza è il fatto che tutti, alcuni anche in maniera sfrontata, quanto inconsapevolmente esplicita, esprimono con le loro congratulazioni il fatto che il passaggio sulla materia sia più nobile. Né sarei credibile con la scelta che ho fatto se enunciassi che, nel concreto della vita reale, non sia così.
Tuttavia, questa mia posizione mi consente di essere credibile su un altro fronte, quello della proposta delle cattedre miste. Con maggiore forza, oggi, le sostengo. Le sostengo dalla posizione di chi insegna una disciplina e ritiene che tanti buoni insegnanti specializzati che insegnano su posto curricolare meritino di essere impegnati anche sul sostegno. Ciò al fine di dare un contributo costruttivo all’azione didattica globale, in termini di qualità d’intervento.

Le proposte di aumentare a dieci anni il vincolo di permanenza su posto di sostegno o  di istituire  classi di concorso per il sostegno e, più in generale, di riforma del sostegno minano le aspettative degli insegnanti di sostegno che aspirano ad essere integrati, a lavorare serenamente, non certo a fuggire dal sostegno. Ma per lavorare serenamente occorre essere tutti insegnanti strutturalmente di serie A.
Occorre recuperare risorse positive, percepite come capaci ed autorevoli, che avvalorino il loro lavorare nel sostegno con una libera scelta, diversa da chi si autovincola per non correggere compiti. La scelta di chi, come me, lavora seriamente insegnando una materia tanto quanto ha lavorato e lavorerebbe seriamente nel sostegno.
Il sostegno a scuola necessita di una revisione autenticamente inclusiva; occorre pensare ad una revisione strutturale, che funzioni automaticamente, implicitamente e diffusamente, valorizzando e premiando le abilità multiple. Gli insegnanti sereni lavorano meglio”.


Paolo Fasce


APPROFONDIMENTI

Documento programmatico “la buona scuola”


In disabili.com

Proposta di riforma del sostegno

Linee Guida “La buona scuola”


Redazione: Tina Naccarato





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