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carlo gulminelli vicepresidente di asphi onlusEditoria digitale e ausili informatici nel futuro degli studenti disabili

Al Convegno inaugurale di Cultura Senza Barriere (Padova 18-20 febbraio 2010) c’è un
gran fermento. Si prospettano all’orizzonte nuovi progetti di robotica, accessibilità dei siti della pubblica amministrazione, W3C, tecnologie digitali, persino nuovi social network e motori di ricerca.
Ciò che però ora conta è parlare di accessibilità , di rispetto della diversità e di diritti, e all’Università di Padova non si può non parlare di diritto allo studio.
Per l’occasione il delegato alla disabilità dell’ateneo patavino, il professor Arslan, ha spiegato a noi presenti che gli studenti disabili sono sempre di più: a Padova sono ben 700 i ragazzi con disabilità iscritti alle più svariate facoltà . Di qui il problema dell’accesso ai testi scolastici e alle lezioni degli studenti sordi, non vedenti o con disturbi dell’apprendimento.
Il problema è ovviamente aggirabile in diversi modi, tra i quali l’interpretariato LIS, la stenotipia, i software di traduzione vocale e molti altri ausili di ultima generazione .
È però l’editoria digitale a rappresentare l’unica vera soluzione del problema: se i testi fossero resi disponibili direttamente in digitale l’inaccessibilità non sussisterebbe più.
Si tratta però di un terreno minato, che coinvolge una serie di interessi privati difficilmente aggirabili.

In occasione di Cultura Senza Barriere abbiamo intervistato Carlo Gulminelli, vicepresidente di Asphi Onlus, che da sempre si occupa di innovazione e tecnologia per l’handicap. A lui abbiamo chiesto quali siano i fonti sui quali la prestigiosa fondazione si sta impegnando attualmente, e quale sia la sua visione sulla problematica questione dell’editoria digitale.

Quali sono i vostri progetti attuali e quali obiettivi vi state prefiggendo?

Gli obiettivi sono quelli di sempre. Quello che cambia è la possibilità di percorrere quelle strade che ci conducono alla loro realizzazione, una realizzazione che è sempre in divenire, quindi non sarà mai compiuta.
Le attività in corso sono diverse, in questo momento direi che stiamo prestando un’attenzione particolare alla scuola, per quanto riguarda in particolare l’introduzione delle LIM, le lavagne interattive multimediali. Noi vorremmo qualificarle in collaborazione con il Ministero, in maniera da non escludere nessuno, anzi per far sì che diventi uno strumento significativo per l’inclusione, in particolare degli scolari in difficoltà . Questo sia a livello delle disabilità cosiddette €˜classiche‑¬, quelle della prima definizione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità , sia quelle molto più incombenti e molto più presenti che la nuova classificazione dell’ICF ha qualificato.
Se questo è il campo della scuola l’altro campo è invece il lavoro. Il lavoro non è una merce, il lavoro è una modalità di realizzazione e su questo il percorso è sempre più complicato. E comunque su questo campo si lavora moltissimo anche con le sperimentazioni dirette di un gruppo di lavoro che stiamo conducendo da diversi anni per l’integrazione lavorativa dei disabili.

Al convegno abbiamo parlato di editoria digitale. Sono state dette tante cose, è stato ribadito che siamo nell’era dell’e-books, ma sappiamo che prima di arrivare a una diffusione capillare del testo in formato digitale ci vorranno ancora degli anni. Lei giustamente sostiene che non è certo una fondazione come Asphi a doversi impegnare per quello che è il diritto allo studio, ma sono le associazioni dei disabili. Per quello che è la sua opinione, non sarebbero forse le scuole e le università italiane a dover fare lobby contro le case editrici e a dover far valere il diritto allo studio?

Non mi coinvolgerà mai su questo tema, perché tutte le difese degli interessi singoli sono ovviamente lecite nella misura in cui sono regolari.
Non si tratta di combattere degli interessi ma di aggiungere a delle disponibilità delle nuove disponibilità . Tutte le volte che si affrontano dei temi in chiave negativa è difficile che si intravedano dei percorsi realizzativi.
Poiché l’obiettivo è realizzativo, non è di pura discussione, io credo che debbano discutere, ma quello che mi permetterei di chiedere anche alle scuole e alle università è di avere maggiore consapevolezza del problema.
La consapevolezza del problema porta, forse, anche ad analizzarne i risvolti, a capire quali sono le difficoltà che altri presentano, che noi qualche volta consideriamo difficoltà strumentali, non difficoltà vere, ma che probabilmente lo sono.
Perché dobbiamo a priori stabilire che gli altri sono cattivi e noi siamo i buoni? Magari siamo un po’ cattivi anche noi.

IL VIDEO DELL'INTERVISTA


Per info:
Fondazione Asphi Onlus
http://www.asphi.it/

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Ilaria Vacca

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