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Una mamma racconta l’odissea dei ragazzi con disabilità nei Centri di Formazione Professionale (CFP)

La L. n. 296/06 ha stabilito che l’istruzione impartita per almeno dieci anni è obbligatoria ed è finalizzata a consentire il conseguimento di un titolo di studio di scuola secondaria superiore o di una qualifica professionale di durata almeno triennale entro il diciottesimo anno d’età. L’obbligo di istruzione può essere assolto nelle scuole o nelle strutture accreditate dalle Regioni per la formazione professionale. In queste ultime, però, molto spesso non c’è il sostegno. Perché?

Il diritto alla formazione professionale dei cittadini disabili è sancito dall’art. 38 della Costituzione: gli inabili ed i minorati hanno diritto all'educazione e all'avviamento professionale. Fino agli anni sessanta, però, le norme in materia non prevedevano interventi a favore delle persone con disabilità. Con la L. n. 118/71 vengono fornite le prime indicazioni e, poi, con la L. n. 845/78, più specifiche disposizioni al riguardo, come la coerenza tra il sistema di formazione professionale e il sistema scolastico generale, la qualificazione professionale degli invalidi e dei disabili, gli interventi necessari ad assicurare loro il diritto alla formazione professionale,  le iniziative formative dirette alla rieducazione professionale di lavoratori divenuti invalidi e la formazione di soggetti che non risultino atti a frequentare i corsi normali. La L. n. 104/92 interviene poi ad integrare quanto già previsto. Prevede infatti che le Regioni garantiscano agli allievi disabili che non siano in grado di avvalersi dei metodi di apprendimento ordinari l'acquisizione di una qualifica anche mediante attività specifica nell'ambito delle attività del centro di formazione professionale tenendo conto dell'orientamento emerso dai piani educativi individualizzati realizzati durante l'iter scolastico. A tal fine forniscono ai centri i sussidi e le attrezzature necessarie.  I corsi tengono conto delle diverse capacità ed esigenze della persona disabile che, di conseguenza, è inserita in classi comuni o in corsi specifici o in corsi prelavorativi. Il sostegno, però, non c’è o c’è per pochissime ore.


Stefania Santinelli, mamma di un ragazzo con disabilità che ha scelto di frequentare un centro di Formazione Professionale, ci ha raccontato nell’intervista che segue le numerose difficoltà incontrate.


Gli adolescenti che scelgono la formazione professionale regionale non hanno diritto al sostegno?
In questo momento posso affermare che i Centri di Formazione Professionale Regionale, percorso parallelo alla scuola secondaria di secondo grado, non offrono tutele per gli alunni con disabilità. Purtroppo la Regione non si attiene alla legge 104, alla Normativa Nazionale sull’Integrazione Scolastica, alla Convenzione ONU e alle indicazioni del PEI, strumento di programmazione annuale in cui il GLHO indica qualitativamente e quantitativamente i bisogni di ogni alunno, documento indispensabile per personalizzare anche le risorse necessarie.

Perché accade questo?
Le norme esistenti vengono disattese. Dal 1978, le Regioni sono diventate a tutti gli effetti responsabili della Formazione Professionale. La Regione riceve fondi statali e impegna fondi propri insufficienti. E’ responsabile totalmente, per delega statale, di queste scuole che gestisce direttamente o accreditando le Scuole idonee al percorso.

Come bisognerebbe intervenire secondo te?
Le Regioni devono attenersi alla normativa nazionale e considerare come partenza di ogni percorso scolastico il PEI del singolo alunno, con le indicazioni fornite dalle Scuole in base al percorso più idoneo. Devo anche segnalare che esistono, approvati e pubblicizzati, percorsi personalizzati; a tutti gli effetti vengono erogati fondi aggiuntivi solo se l’alunno frequenta vere e proprie classi differenziali. Sono state proposte anche a mio figlio e sono fuggita a gambe levate!

Cosa è previsto nella tua Regione?
La Regione Lombardia prevede, purtroppo, un contributo unico annuale per i CFP che accolgono alunni disabili. Parliamo di “ben” 3.000 Euro annui, sufficienti per sole 3 ore di sostegno settimanale. Il contributo aumenta solo se vengono attivati percorsi individualizzati in classi differenziali. Da quest’anno poi è stata riformata la gestione dell’assistenza educativa in tutte le scuole superiori, di competenza prima provinciale poi della città metropolitana e quindi del comune. Inizialmente sembrava una svolta positiva, invece… I Comuni sono responsabili dell’erogazione dell’assistenza educativa + trasporto + assistenza specialistica, ma con fondi insufficienti. Per i CFP la Regione mette pure un vincolo contrario: massimo 5 ore settimanali, non ancora assegnate a Milano. Sono in attesa del PEI per procedere poi con due ricorsi: uno vs la Regione, uno vs il Comune. Mio figlio, con sentenza per 18 ore di sostegno, con PDF e Relazione Finale di terza media con indicazione di rapporto 1:1, frequenta la scuola con 3 ore di sostegno su 30 settimanali. Sapevo che avrei trovato il “nulla” ma ho rispettato la scelta di mio figlio. Lotterò nuovamente per tutelarlo, spero per l’ultima volta.

APPROFONDIMENTI

Normativa Formazione Professionale

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Tina Naccarato

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