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Per favorire i processi di inclusione scolastica la collaborazione tra scuola e famiglia è fondamentale. Non sempre, però, si crea alleanza

Nelle ultime settimane la nostra attenzione si è focalizzata sulla centralità di tutte le relazioni utili a favorire i processi di inclusione scolastica degli alunni con disabilità. Ci siamo occupati in primo luogo delle interazioni e dei rapporti tra gli alunni, abbiamo poi rilevato l’importanza della relazione e della collaborazione tra i docenti e, infine, ci siamo soffermati sul dialogo tra i genitori.

Vi sono molte altre persone coinvolte nei processi di inclusione scolastica. In primo luogo i dirigenti, purtroppo ormai piuttosto sfuggenti a causa degli innumerevoli impegni, o anche il personale ATA, soprattutto i collaboratori, che molte volte sono preziosi alleati dei docenti nelle situazioni di difficoltà, nelle emergenze e nella cura materiale degli alunni. C’è poi tutto un mondo esterno, che non vive la scuola nella quotidianità, ma che collabora costantemente per assicurare il suo funzionamento, in primo luogo le amministrazioni territoriali, le ASL, le associazioni. Ci sono gli assistenti e gli educatori, che invece operano direttamente nelle classi, sia pure con inquadramenti differenti e compiti di grande delicatezza. Sarebbe estremamente interessante interrogarsi sui rapporti e sulla condivisione tra tutti questi soggetti, compresi i docenti ed i genitori, naturalmente. Non possiamo, certamente, farlo in maniera capillare e trasversale e ci limitiamo, in questa sede, a ad evidenziare il rilievo che assume la volontà di dialogo da parte di ciascuno dei soggetti coinvolti nella presa in carico dell’alunno con disabilità.

Tuttavia, non possiamo esimerci dal soffermarci sui rapporti tra docenti e genitori, sia per la particolare importanza che il dialogo educativo acquisisce in questo caso, sia perché, purtroppo, si assiste in verità ad una crisi sempre più profonda in tale relazione. Sulle pagine dei giornali o nelle conversazioni sui social network si raccontato purtroppo sempre più spesso episodi di grandi scontri, che ormai non di rado sfociano in vere e proprie aggressioni e manifestazioni di violenza. Da una parte la scuola pare arroccarsi in una chiusura sempre più rigida, dall’altra le famiglie appaiono sempre più astiose, litigiose, pronte allo scontro bypassando ogni possibilità di confronto. Vada dal dirigente, faccia una PEC, faccia protocollare la denuncia, da una parte. Dall’altra la cronaca, sempre più nera: docente preso a pugni da un alunno, docente accoltellata, docente colpita con una sedia, fino ad arrivare allo sputo da parte di una mamma. Manifestazione di inaudito disprezzo per un rimprovero. Si annaspa, la scuola trema e siamo noi a scuoterla. La sua fragilità crescente dovrebbe generare cura, da parte degli adulti, perché è un bene estremamente prezioso. E invece la si scuote più forte, si aggredisce, si sprezza. Tutti forse pronti a ritenersi più adeguati, migliori. La società che scambia la cultura con un post scritto con qualche k di troppo, l’effimero. Il nulla. Eppure se la scuola muore perdiamo tutti e molto. Dobbiamo esserne consapevoli. Dobbiamo essere adulti.

La relazione tra docenti e genitori è in forte crisi e se si tratta di genitori di un alunno con disabilità non va meglio. A volte forse peggio. Sostanzialmente le famiglie accusano la scuola di essere poco coinvolte, di comportamenti discriminatori verso i figli, di inadeguatezze formative. I docenti, invece, denunciano forte ingerenza, mancanza di rispetto del ruolo, intromissioni inammissibili persino nella didattica, persino da parte di chi la didattica non l’ha mai studiata.
Cosa dobbiamo fare dunque? Sommergere la scuola di ricorsi, denunce e querele? Metterci in fila col numero di prenotazione davanti alla porta del dirigente? Vedere nella sua figura una panacea per tutti i mali? Un giudice?
La norma, la legge, la carta bollata, devono essere la ratio estrema, la risoluzione ultima quando ogni altro tentativo è fattivo. Prima di tutto questo, però, c’è il dialogo, il confronto, l’ascolto, la relazione immediata e mediata e non possiamo esimerci dall’attraversarla nella sua interezza prima di scegliere altre vie. Ogni dubbio, ogni incomprensione, ogni conflitto dev’essere portato a ragionamento, ad argomentazione razionale, a dialettica. Con al centro nessuna delle nostre fragilità, nessuna debolezza, nessuno spazio al difetto. Solo la parte migliore di noi.  Al centro, devono esserci solo ed esclusivamente i nostri alunni, i nostri figli.


APPROFONDIMENTI

Strategie di relazione
 

In disabilicom

Intervista ad una mamma insegnante
 

Tina Naccarato


 

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