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Didattica a distanza, classi virtuali, videoconferenze e risorse on-line possono favorire i processi di inclusione scolastica?

Il COVID-19 è entrato nelle nostre vite come uno tsunami, in alcuni con conseguenze purtroppo letali, in altri con virulenza e severità. Il numero dei contagiati continua a crescere in modo esponenziale; alcune persone si ammalano appena, altri addirittura non presentano sintomi ma risultano positivi. Anche quando è lontano o è percepito come tale, il Coronavirus è presente nella nostra mente, come pensiero più o meno fisso, più o meno angosciante che ormai condiziona totalmente la nostra vita, il nostro lavoro, le nostre giornate e il nostro tempo libero.

Le misure adottate dal governo per contenere la diffusione del virus non hanno ancora prodotto i risultati sperati. In alcune regioni le scuole sono ormai chiuse da diversi giorni e anche nelle altre saranno chiuse da domani fino almeno al 15 marzo.

Nel DPCM siglato ieri  leggiamo che i dirigenti scolastici attivano, per tutta la durata della sospensione delle attività didattiche nelle scuole, modalità di didattica a distanza anche riguardo alle specifiche esigenze degli studenti con disabilità. Tale provvedimento riguarda anche le università.

Già nei giorni scorsi sono state molte le iniziative di questo tipo attivate nei territori in cui le scuole erano già chiuse. Molti docenti e dirigenti si sono impegnati in tanti modi inediti e sorprendenti per raggiungere gli alunni con modalità telematica, utilizzando diversi strumenti e possibilità di tipo tecnologico. Ricordiamo in particolare il dirigente A. D’Ambrosio, che abbiamo già avuto modo di incontrare e che dirige proprio la scuola di Vo’ Euganeo, uno dei comuni maggiormente colpiti dal Coronavirus. Pienamente in linea con ogni proposta di cui ci aveva parlato in una recente intervista, ha organizzato nei giorni scorsi diverse occasioni di didattica a distanza con i docenti della scuola, coinvolgendo la stampa, altri esperti del settore, fino al mondo accademico e addirittura al ministro dell’istruzione. Iniziative simili sono chiamati oggi ad attivare tutti i dirigenti delle scuole, insieme ai docenti, per creare possibilità di dialogo con le classi, con gli alunni, in collaborazione con le famiglie e con la finalità di agire, di fare, di apprendere in maniera eccezionalmente flessibile, in una contingenza particolarissima in cui riaffermare con forza il bisogno di continuare, di non lasciarsi immobilizzare dalla paura e dall’inazione.

Le scuole sono chiamate oggi a mostrare la loro capacità di rinnovamento, attivando una didattica mediata dalla tecnologia, con gli strumenti di cui si dispone, pure eterogenei e forse non pienamente diffusi in tutte le famiglie. Eppure se non c’è il computer c’è il tablet, se non c’è il tablet ci sono gli smartphone; se non si dispone di strumentazione specifica c’è meet hangouts di google, ci sono le e-mail o almeno senz’altro whatsapp. Non è semplice e immediato: occorre la volontà degli organi collegiali, l’impegno delle famiglie, la strumentazione condivisa. Eppure non è impossibile, si può fare. I docenti si accostano dunque in modo concreto alla didattica a distanza per non perdere la quotidianità, il contatto con i propri alunni, operando in maniera inedita in direzione della continuità dell’azione didattica, con la collaborazione delle famiglie, aiutando gli alunni a comprendere l’importante di questo incontro virtuale.

Tutto ciò, sia pure possibile, non è affatto semplice e diventa ancora più difficoltoso in presenza di alunni con disabilità, soprattutto nelle situazioni in cui la condizione di disabilità limita nell’utilizzo degli strumenti tecnologici necessari. Eppure riteniamo particolarmente significativo proprio riuscire a creare le condizioni per la partecipazione di chi vive importanti fragilità, proprio perché in tali casi la quotidianità scolastica rappresenta un autentico aggancio con la realtà. La grande collaborazione delle famiglie è in questo caso particolare significatività, come guida e supporto nell’utilizzo delle tecnologie necessarie, perché in questo tempo schizofrenico a casa non può esservi l’educatore: a scuola non viene pagato per le ore perdute; a domicilio non può andare, perché il virus non si ferma sulla soglia di casa.

Si tratta di una sfida necessaria, che necessariamente richiede la partecipazione delle famiglie, ma serve ogni sforzo per vincerla, perché non si tratta solo di seguire le lezioni o fare i compiti, ma di rinnovare e riproporre i progressi realizzati, di riportarli al loro utilizzo nella quotidianità, affinché essi non vadano smarriti. Non solo: la quotidianità, sia pure con modalità del tutto nuova, è pure relazione, condivisione, riafferma la socializzazione, è impegno e responsabilità, è collaborazione e forse, si spera, inclusione.

APPROFONDIMENTI

Inclusione e Coronavirus

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Tina Naccarato

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