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I pareri sulla Comunicazione Facilitata sono molto contrastanti: in quali situazioni può essere utilizzata?

Spesso, quando di parla di Comunicazione Facilitata (CF), si incorre in posizioni molto severe circa l'utilità o meno dell'uso di tale tecnica. F. Fogarolo, in una riflessione di qualche mese fa, ne ha analizzato alcuni dettagli.

In essa viene in primo luogo sottolineato come i servizi sanitari mettano tale tecnica fortemente in discussione e, quindi, come si possano creare difficoltà per le famiglie o per le scuole che vogliano farne uso. Nella Linea Guida n. 21, dell'Istituto Superiore di Sanità, inoltre, si evidenzia la mancanza di prove dell'autenticità della comunicazione da parte del soggetto e la presenza, viceversa, di dati che dimostrano che la comunicazione è prodotta dal facilitatore. Il documento raccomanda di non utilizzare la comunicazione facilitata come mezzo per comunicare con bambini e adolescenti con disturbi dello spettro autistico.

Ciò che vale per le situazioni di autismo, però, è riferibile anche ad altre? Fogarolo sottolinea come nella propria esperienza abbia avuto modo di sperimentare alcuni esiti positivi del suo impiego, in cui il soggetto esprimeva i suoi pensieri con il supporto del facilitatore ed altri in cui era invece palese la totale ingerenza del comunicatore. I primi, afferma, sono un'esigua minoranza, ma il fatto che ci siano, o ci possano essere, obbliga a esaminare seriamente e senza pregiudizi ogni situazione. Famiglie, centri privati e scuole hanno continuato ad usare la CF in situazioni ritenute adeguate e non poche innovazioni sono state prodotte all'interno della CF stessa, fino a giungere alla Written Output Communication Enhancement (WOCE). L'obiettivo di fondo è qui l'autonomia della comunicazione, con al centro il concetto di evoluzione, definendo con attenzione i compiti del facilitatore ed individuando le prospettive di autonomia.

Non mancano, dunque, all'interno della CF, approcci specifici, come la Comunicazione Facilitata Alfabetica (CFA) che, pur facendo parte del variegato approccio ai modi alternativi di comunicare, di solito indicati come Comunicazione Aumentativa e Alternativa (CAA), ha nella scrittura alfabetica e non iconica il suo tratto distintivo.

Non solo. Vi sono studi che proverebbero la validità della CF, come quello sul tracciamento oculare e quello sull'impronta linguistica. Il primo ha potuto dimostrare che la paternità del messaggio era  da attribuire alle persone facilitate, in quanto guardavano le lettere che avrebbero di lì a breve digitato; il secondo ha dimostrato come l'impronta linguistica delle persone facilitate sia costante anche col variare dei facilitatori e diversa da quella dei facilitatori. Non vi sono ancora, tuttavia, studi sperimentali che siano riusciti spiegare perché, quando e per quali situazioni la CF può funzionare.

In definitiva, dunque, la CF consiste in una serie di tecniche, alcune delle quali, in determinate situazioni possono funzionare. La scuola, conclude Fogarolo,  non deve accettare passivamente ogni decisione presa da altri e ha tutti gli strumenti per far valere la propria autonomia educativa, contrastando eccessive pretese di ingerenza.

APPROFONDIMENTI

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Tina Naccarato


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