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Fotografia di Pier Carlo Morello con la corona di alloro in testa al suo giorno della laureaUn giovane con autismo si è laureato all’università di Padova, grazie all’approccio inclusivo e a tecniche ad hoc

Nelle scorse settimane molto spazio è stato dato ad una bella notizia accolta con gioia dalle famiglie e dagli operatori che si occupano dei disturbi pervasivi: Pier Carlo Morello, un ragazzo con autismo, si è laureato all’università di Padova.


Il ragazzo, si è letto sui giornali, comunica solo tramite computer, con tecnica di comunicazione  facilitata Woce e, con il supporto di un costante approccio inclusivo, è giunto a raggiungere questo importante traguardo. Grazie a questa tecnica, infatti, Pier si è prima diplomato e poi laureato, con una tesi che tratta proprio di inclusione. Non è la prima volta che si legge di risultati scolastici ottenuti da soggetti autistici grazie a un facilitatore che li aiuti a esprimersi. Eppure, la Comunicazione Facilitata viene classificata dalla Linea guida n. 21 fra gli interventi non raccomandati per l’autismo, non avendo evidenza scientifica. La storia di Pier, dunque, comporta grande soddisfazione ma ciò non deve portare a pensare che la tecnica Woce possa essere miracolosa o possa implicare i medesimi risultati per tutti. Non bisogna, cioè, alimentare illusioni. L’autismo, scrive G. Nicoletti, è un mondo complesso e variegato e sono veramente poche le modalità di trattamento che funzionino per tutti. Cosa pensare, dunque?


Si tratta di una vicenda bella, dal lieto fine, che richiama però interesse quale evento ancora eccezionale, in una realtà in cui invece le persone con autismo sono relegate al margini della socialità e vivono una vita, scrive Pier nella sua tesi, muta, vacua e bisognosa di altri. La sua storia ha suscitato interesse, speranza ed ottimismo. Non sono mancate, però, le perplessità:  secondo L. Baroni Fortini, presidente dell’Associazione Nazionale Genitori Soggetti Autistici (Angsa), ad esempio, Pier non può dirsi autistico perché dimostra di avere una comunicazione sociale molto buona. Secondo l’Angsa, cioè, la diagnosi è probabilmente sbagliata, può essere diagnosticato come un caso di mutismo, semmai elettivo, ma non come autistico. La dott.ssa Cristoferi Realdon, che ha seguito il caso di Pier, evidenzia invece che la diagnosi di Piercarlo è stata correttamente posta e ripetutamente aggiornata e confermata nei migliori Centri Neuropsichiatrici Universitari e Ospedalieri italiani.


Quale, dunque, la cosa migliore da fare, quali i migliori percorsi, le migliori terapie?


Ci sono linee guida dell’istituto Superiore della Sanità, scritte cinque anni fa e mai trasformate in legge. Ci sono le esperienze delle famiglie, che sembrano accogliere i metodi comportamentali. C’è qualche credenza in improbabili tecniche miracolose, c’è chi si affida alle sedute psicoanalitiche. Un mondo vario, non di rado variamente disperato.


E c’è poi la scuola, che parla di inclusione, che permette concretamente di non isolare, che consente di relazionarsi. Ci sono le speranze, gli approcci che funzionano, con questo bambino qui, con quel ragazzo lì. Non con tutti. Perché ciascuno, prima che autistico è persona.


C’è oggi anche la storia di Pier, che deve portare speranza ma non illusione. Nella sua tesi ha scritto: E’ l’inclusione che i pensieri di noi diversi accarezzano e desiderano: momenti di vita vera e condivisa. E' la possibilità che funziona. Questo è forse il suo messaggio all’istruzione.


Pier si è laureato con 96/110. È diventato dottore magistrale in Scienze umane e pedagogiche.

Auguri.

 

APPROFONDIMENTI

La notizia sui quotidiani

Il mattino di Padova

La Repubblica

La Stampa

 

IN DISABILI.COM:


Autismo: possibili percorsi in direzione dell’autonomia

Spettro autistico: come intervenire a scuola?

 

Tina Naccarato

 

 

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