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I genitori lasciano i bambini a casa e in classe rimane solo un bambino con autismo. È accaduto in Sicilia

Nei giorni scorsi sulle pagine di alcuni quotidiani abbiamo potuto leggere la vicenda di una scuola di San Giuseppe Jato (PA), dove i genitori degli alunni di una classe hanno deciso di non mandare i figli a scuola per protesta. Il motivo? In classe è presente un alunno con autismo i cui comportamenti avrebbero turbato la serenità dei loro figli. Tale decisione è stata presa, pare, all’insaputa dei genitori del bambino con autismo.

Sulla vicenda si è espresso con toni piuttosto decisi G. Nicoletti, il quale, dalle pagine del Fatto Quotidiano ha parlato di una totale, radicale e profonda ignoranza della scuola, degli insegnanti di sostegno, dei dirigenti, anche della neuropsichiatria. Il giornalista, genitore di un ragazzo con autismo, ha affermato che in mancanza di informazioni e cultura è accaduta una cosa scellerata e abominevole. La scuola, ha sottolineato, dovrebbe prevenire questi episodi … Deve dare gli strumenti a genitori e bambini per accettare questo disagio perché tale è ma dobbiamo fare uno sforzo culturale … La scuola ora dovrà lavorare sulle famiglie, dovrà spiegare loro che questo problema arricchisce i loro figli.

D. Faraone, sottosegretario all’Istruzione e padre di una bambina con autismo, ha visitato la scuola in cui si è svolta la vicenda ed ha incontrato i diversi soggetti coinvolti in essa per cercare soluzioni condivise. La dirigente dell’istituto ha comunicato che i genitori hanno scritto una lettera in cui si sono scusati ed hanno spiegato che il gesto non aveva intenzioni discriminatorie. La scelta, pare, è stata piuttosto finalizzata a provocare una reazione da parte della scuola.
Nel corso del dibattito in merito alla vicenda, D. Faraone ha sottolineato l’impegno politico circa la formazione dei docenti sul tema ed ha evidenziato che nella delega al governo sul sostegno è prevista una formazione diffusa per tutta la comunità scolastica ed anche tra i genitori. Proprio quest’ultimo è stato infine il percorso individuato insieme nella scuola di San Giuseppe Jato, dove è stata registrata la volontà di collaborazione da parte di tutti, in un progetto inclusivo condiviso.

La vicenda è stata riportata anche dal quotidiano La Repubblica, che ne ha sottolineato altri aspetti di rilievo e, in primo luogo, l’integrazione del bambino nella classe, confermata non solo dalla dirigente scolastica dell’istituto, ma anche dai genitori del piccolo con autismo. Le risorse, inoltre, sono presenti a scuola e alla classe è assegnato un docente di sostegno per tutto il tempo previsto.
Il bambino, dunque, che in un primo momento era rimasto a casa, è tornato a scuola. La mamma ha accolto la volontà di riprovare da parte di tutti ed ha scelto di ricominciare insieme.
Sulla vicenda così ha concluso D. Faraone: se un bambino autistico viene lasciato da solo in corridoio, perché non si è in grado di gestirlo, vuol dire che la scuola ha fallito. La scuola deve essere un luogo di inclusione.

È proprio da quest’ultima riflessione che ci piacerebbe ripartire per interrogarci sul da farsi. Molte sono oggi in verità le informazioni e non mancano le conoscenze, ma molte restano anche le domande su cosa sia meglio fare nelle situazioni di palese disagio:

- Cosa fare nel concreto se un alunno manifesta comportamenti aggressivi?
- Cosa fare se manifesta difficoltà a stare in classe?
- Cosa fare se viene disturbato da suoni, rumori o altro?
- È giusto persistere nello svolgere il lavoro in classe, in nome dell’inclusione o è più sensato pensare che esistano momenti in cui necessita di una maggiore serenità realizzabile in un luogo separato, con la finalità del rientro in classe non appena possibile?
- Cosa fare nella pratica in presenza di genitori ostili e/o preoccupati per il disagio che potrebbero intravedere nei figli?

A queste ed altre domande la scuola dovrebbe essere oggi in grado di rispondere. Certo è che può farlo solo se essa viene realmente concepita come comunità educante nel suo intero, che coinvolga non solo tutto il personale che opera in essa (docenti, dirigenti, personale ATA ecc.), ma anche le famiglie di tutti gli alunni. Informare e formare per includere. Però concretamente, veramente, continuamente. A poco servono le mere intenzioni. A poco serve cercare colpevoli. Serve agire, fare. Adesso.

Per approfondire:
Tornato a scuola il bimbo con autismo
Il sito fondato da Nicoletti

In disabili.com:
Autismo: questo sconosciuto
Autismo: storie di disagio, ma anche di speranza
 

Tina Naccarato

 

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