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Nei casi di disabilità molto grave l’inclusione è efficace? Il dibattito è aperto

Nelle ultime settimane il dibattito sui decreti delega della Buona Scuola è stato molto acceso ed ha portato ad alcuni importanti cambiamenti accolti nei pareri delle commissioni parlamentari. I decreti sono ormai in dirittura d’arrivo, anche se alcune questioni destano ancora perplessità e certamente comporteranno ulteriori confronti in sede di applicazione.

In particolare, molto è stato detto sul decreto n. 384, riguardante la valutazione e gli esami del primo ciclo, che, nella sua prima stesura, prevedeva per gli alunni con disabilità che seguano percorsi differenziati non il conseguimento del diploma a conclusione degli studi del primo ciclo, ma il semplice attestato di credito formativo, sul modello delle scuole secondarie di secondo grado. La prospettiva ha creato molte proteste ed il MIUR si è mostrato disponibile a rivedere il testo, in modo da consentire di conseguire il titolo a tutti gli studenti con disabilità. Si tratta di un aspetto molto importante che, se non rivisto, avrebbe comportato la conseguente impossibilità di proseguire negli studi di secondo grado per accedere all’esame di stato in vista del diploma finale, implicando con notevole anticipo la prospettiva di ottenere il solo attestato di credito formativo. Ricordiamo che le disposizioni normative prevedono, per il secondo grado, esiti differenti per gli studenti con disabilità che seguano percorsi riconducibili al lavoro della classe, sia pure con i cosiddetti obiettivi minimi, rispetto a chi segua un percorso differenziato. Nel primo caso si ottiene il diploma finale, nel secondo il solo attestato di credito formativo, che non consente di accedere agli studi universitari.
Anche su quest’ultimo aspetto il dibattito in corso è molto vivace e diverse appaiono le posizioni degli esperti. In un recente confronto, ad esempio, S. Nocera si è mostrato piuttosto scettico sull’utilità o meno che i ragazzi con disabilità intellettiva accedano agli attuali studi universitari, tarati su programmi molto astratti e, quindi, intellettivamente difficili. R. Speziale, invece, ha auspicato il superamento della logica dell’esclusione tramite accomodamenti ragionevoli che possano rendere adeguati i percorsi di studio, mentre E. Chiocca ha sottolineato la necessità di non generalizzare, evidenziando la centralità del diritto soggettivo e la significatività, per ogni singola persona.
Le riflessioni sul tema dell’inclusione scolastica e poi universitaria dunque, non mancano ed appaiono particolarmente complesse quando si tratta di alunni e studenti con disabilità grave e gravissima, per i quali il percorso di inclusione sembra essere particolarmente difficile.

Sulla scia di tali riflessioni si pone un recente ed interessante articolo che riporta il parere di una mamma, la quale si pone molti interrogativi e giunge a mettere fortemente in discussione il valore dei percorsi di inclusione per le situazioni di disabilità molto gravi. Partendo dal presupposto che gli alunni con disabilità gravissima hanno diritto pieno e naturale ad essere istruiti potenziando e stimolando le loro capacità, l’autrice si chiede infatti, tra le altre cose, chi possa interpretare l’espressa volontà dell’alunno con disabilità grave e se il traguardo del diploma in casi di grave disabilità concorra ad includere o a discriminare. Rispetto al problema dell’esame di Stato esprime contrarietà al rilascio del diploma in casi dove non ci siano le condizioni per seguire un regolare e concreto percorso di studi, sottoponendo gli studenti ad un esame al di sopra delle loro competenze e capacità. Il diploma a tutti i costi basato su cavilli e ricorsi per accedere all’università non è e non deve essere la soluzione. Il motivo per cui molte famiglie scelgono questa strada è per garantire ai propri figli l’inclusione sociale. Al di là del principio che non condivido, mi chiedo a quale prezzo alcuni di questi giovani pagheranno una pseudo-inclusione in un ambiente che è finalizzato ad un livello di formazione universitaria… Davvero si crede che il diploma per tutti e l’università per tutti garantisca pari diritti e inclusione? Io trovo che sia esattamente il contrario: la persona merita rispetto sociale in quanto tale e non in base alle sentenze che assegnano ruoli… Trovo che tutti questi farraginosi meccanismi siano una farsa legalizzata e una banale pezza al dopo superiori. Ben più complesso fornire ai giovani opportunità selezionate sulle reale competenze, giovani con pluridisabilità che nessuno ha interpellato davvero.

Il dopo superiori, questo aspetto ci sembra fondamentale: al momento per questo ragazzi c’è il nulla e non è accettabile. Parliamone.

APPROFONDIMENTI
Disabilità gravi: inclusione possibile?
 
In disabili.com:
Università aperta a tutti i disabili?
Diploma o attestato di frequenza?
 
Tina Naccarato

 

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