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mani su lettere-giocoA Savona una dottoressa denuncia la mancata applicazione delle misure previste per alunni con DSA

Nei giorni scorsi il quotidiano La Stampa ha riportato alcune notizie riguardanti gli alunni con Disturbi specifici dell’Apprendimento (DSA) che implicano importanti riflessioni.
In alcune scuole secondarie superiori, infatti, pur in presenza di diagnosi di DSA, non verrebbero concessi gli strumenti compensativi previsti dalla L. 170/10, dal decreto attuativo n. 5669/11 e dalle relative linee guida.

L’allarme è stato lanciato dalla dott.ssa L. Macciò dell’ASL 2, la quale avrebbe ricevuto diverse segnalazioni in merito. Secondo la dott.ssa Macciò, alcuni docenti, refrattari nei confronti delle diagnosi di dislessia, invece di aiutare lo studente, si atteggiano con maggior severità, come se la patologia fosse un modo per godere di privilegi. La reazione è ovvia: i ragazzi restano intimoriti e, per evitare polemiche con l'insegnante e con i compagni, rinunciano agli strumenti di cui hanno diritto. Naturalmente, in una tale situazione, il rendimento scolastico peggiora e si crea un significativo disagio psicologico. Infatti, poiché tali disturbi sono dovuti a problematiche di tipo neurobiologico che implicano importanti difficoltà nell’acquisizione di automatismi, nonostante il costante impegno i risultati ottenuti non possono essere comparabili con quelli raggiunti da alunni che non hanno tale tipo di difficoltà. Il dislessico, ad esempio, resta sempre impegnato nella lettura e nel posizionamento corretto delle lettere rischiando di perdere il senso del contenuto. Per tale ragione, quindi, senza gli strumenti compensativi e le misure dispensative previste dalle norme ed individuati all’interno di un Piano Didattico Personalizzato (PDP) gli insuccessi scolastici sono inevitabili e possono compromettere non solo la carriera scolastica dell’alunno ma anche la sua autostima e la percezione di sé.

Alcuni studenti che hanno partecipato ad un sondaggio promosso dall’Associazione Italiana Dislessia (AID) così raccontano la loro esperienza: quando facevo bene, pensavano avessi copiato … I professori non si fidano delle mappe che fai. Loro pensano che tu devi sapere poche cose, se sai qualcosa di più, allora hai copiato. I risultati, cioè, sembrano mostrare come la dislessia non venga ben compresa dai docenti. Gli studenti appaiono preoccupati per i risultati scolastici, dato che, se non vengono attivate le misure previste per gli alunni con DSA, gli insuccessi sono pressoché assicurati e contribuiscono ad accrescere il fenomeno della dispersione scolastica. Non mancano storie di fallimento dell’integrazione, come quella di Roberta, che non intende più mettere piede in classe per le derisioni dei compagni.

Quest’ultimo problema può essere probabilmente superato con una buona campagna di informazione. Interessante, per esempio, è l’iniziativa in corso una scuola di Lavis, in cui una studentessa con DSA racconta la sua storia. Nel corso dell’esperienza, attraverso una serie di esercizi, tutti i ragazzi potranno mettersi nei panni dei compagni con DSA. Esercizi di questo tipo potrebbero essere utili anche a quei docenti che non hanno ancora ben compreso la portata delle difficoltà di tali disturbi.


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Tina Naccarato


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