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Accertarsi che si tratti di un disturbo dell’apprendimento, collaborare con la scuola, promuovere l’autostima del bambino sono tra i primi passi per affrontare il problema

Moltissime sono le famiglie che devono affrontare problematiche riguardanti l’andamento scolastico dei propri figli, e a parte casi in cui la cosa sia imputabile a una scarsa applicazione allo studio, vi è una piccola parte di bambini che nonostante i grandi sforzi non riesce a stare al passo con i propri compagni. Molte sono le cause che possono portare a rendimenti negativi a scuola, e i profili principali che potrebbero sottendere a una difficoltà importante sono:
  Condizioni di handicap (mentale, sensoriale visivo, sensoriale uditivo, multiplo) (1,2 %).
o   Disturbo specifico dell’apprendimento  (4%)
  Disturbi specifici collegati : disturbo di attenzione e/e iperattività  e altre problematiche evolutive severe.
  Svantaggio socioculturale grave
  Difficoltà scolastiche in altre aree scolastiche rilevanti.*
*(“Difficoltà e disturbi dell’apprendimento”, Cesare Cornoldi, il Mulino)
Ci soffermeremo in particolar modo sulla seconda categoria, ovvero quella riguardante i Disturbi specifici dell’Apprendimento che, al loro interno, comprendono dislessia, disortografia, disgrafia, discalculia.

NESSUN LEGAME CON L’INTELLIGENZA -  Ciò che caratterizza questi bambini è che vi è una differenza rilevante tra la ridotta abilità nel dominio specifico (saper leggere o scrivere ecc.) e l’intelligenza generale, che è adeguata per l’età cronologica. Insomma, stiamo parlando di bambini che pur avendo, nel complesso, una buona capacità intellettiva, presentano una difficoltà rilevante  nell’apprendimento scolastico. E’  stato constatato inoltre che è difficile trovare bambini che presentano unicamente un disturbo di lettura o di calcolo: spesso infatti vi è una comorbilità tra i diversi problemi e possono essere presenti difficoltà anche nell’ambito prassico o visuo-spaziale (ovvero nello svolgimento dei movimenti fini e nella coordinazione visuo-manuale).

PRIMI SEGNALI DI ALLARME: QUANDO INTERVENIRE – E’ possibile notare delle prime difficoltà con l’avvicinamento al mondo scolastico: ci sono bambini che fanno fatica a disegnare o a colorare oppure hanno difficoltà nel ricopiare i primi grafemi, tutte attività che spesso vengono svolte  nella scuola dell’infanzia. Però, per essere sicuri della presenza di un disturbo è necessario aspettare i primi anni della scuola primaria. Uno dei primi campanelli d’allarme può  essere nella lettura delle prima sillabe, nel non riuscire a automatizzare il processo di lettura o per quanto riguarda la scrittura nel fare molta fatica a rimanere dentro il rigo, a non comprendere ciò che è stato scritto e rimanere indietro rispetto agli altri compagni. Sicuramente l’insegnante vi farà presente la situazione.

COSA DEVONO FARE I GENITORI CON UN BAMBINO CHE PRESENTA QUESTE DIFFICOLTÀ NELL’APPRENDIMENTO?
E’ importante innanzitutto avere una diagnosi da parte di un logopedistapsicologo e neuropsichiatra infantile che possano attestare che effettivamente il bambino abbia delle difficoltà, ed eventualmente attivarsi per ottenere una certificazione che viene rilasciata dagli Uffici Scolastici Regionali. Ciò permette di tutelare il bambino nel corso della sua carriera scolastica. Una diagnosi di dislessia e disortografia può essere fatta solo dopo due anni di regolare scolarizzazione, mentre una diagnosi di discalculia dopo tre anni, ciò perché è necessario escludere come causa delle difficoltà uno scarso livello di scolarità.

COLLABORAZIONE SCOLASTICA - Fondamentale è la collaborazione con gli insegnanti, sia rispetto agli obiettivi da perseguire a livello scolastico sia per l’atteggiamento da utilizzare nei confronti del bambino in classe. Infatti è importante capire quali sono i miglioramenti a cui il bambino può aspirare ed eventualmente pensare ad un programma adatto alle sue capacità. Bisogna sempre tenere presente che un bambino dislessico può raggiungere qualsiasi traguardo intellettuale e se non riesce a raggiungere mete alla sua portata la colpa è di chi non ha saputo metterlo nelle condizioni ottimali.

STIMOLARE LA LETTURA - Dato che questi bambini, a causa della loro scarsa motivazione a leggere possono avere più difficoltà nella memorizzazione delle forme scritte, si può cercare di aumentare la quantità di materiale letto attraverso l’utilizzo di stimoli accattivanti, giochi, elementi di particolare interesse ecc. E’ possibile fare riferimento ad attività che non implicano necessariamente la lettura ma che ne sono implicitamente collegate come ad esempio visitare biblioteche o librerie, trasmettere il piacere associato alla lettura, leggere al bambino permettendogli di seguire dove si sta leggendo, far leggere al bambino testi noti o scritti da lui, indurre nel bambino la convinzione di avere in sé i mezzi per migliorarsi e in caso fare ricorso a misure compensative e dispensative.

RAPPORTO CON INSEGNANTI - Ho citato l’atteggiamento degli insegnanti perché loro sono le persone che più sono a contatto con i vostri figli e che possono determinarne in parte gli umori o i malumori. Pensate ad un’ insegnante che si ostina a chiedere di leggere ad alta voce a un bambino dislessico, e che lo rimprovera per la sua cattiva lettura. Non farà altro che provocare il suo imbarazzo difronte ai compagni, oltre che diminuire la sua autostima. Questi atteggiamenti possono causare, nel tempo, la scarsa voglia ad andare a scuola. In ciò potete farvi aiutare dal vostro psicologo di riferimento o dal logopedista programmando, ad esempio, delle riunioni in cui fare il punto della situazione sugli aspetti carenti o sui miglioramenti del bambino, ed eventualmente facendo presente agli insegnanti comportamenti che potrebbe migliorare; in queste situazioni si può fare forza sull’aiuto dello psicologo che può mediare la situazione e cercare di far dialogare le parti. Importantissimo è infatti il lavoro di squadra tra tutte le figure che ruotano intorno al bambino!
 
PERCHÉ NON RIESCO A LEGGERE COME GLI ALTRI” - Come genitori  vi troverete a dover gestire domande come “perché non riesco a leggere come gli altri” o frasi come “i miei compagni mi prendono in giro perché non sono bravo come loro”, “sono stupido”, “non capisco niente”. Ecco, in queste situazioni importante è far capire al bambino che la sua condizione di “svantaggio” è causata da un particolare tipo di disturbo che lo rende solo un po’ più lento rispetto agli altri: essere deriso dai compagni è purtroppo una condizione “normale” in cui spesso ci si trova, a prescindere dall’avere o meno difficoltà in generale. In ciò può essere di aiuto l’intervento dell’insegnante (quando possibile), ma fondamentale è  sostenere la sua autostima e il suo tono dell’umore.
Inoltre, non trattatelo in modo differente  rispetto agli altri fratelli: ciò potrebbe solo sottolineare il fatto che sia “diverso” rispetto agli altri, oltre che contribuire a creare un clima di competizione.

APPORTO DI SPECIALISTI - Se fosse necessario si può ipotizzare anche  un intervento psicologico che possa andare a sostenere a livello emotivo il bambino;  ciò potrebbe essere necessario maggiormente con l’avvicinarsi dell’adolescenza e con il passaggio dalla scuola primaria a quella secondaria. Non abbiate paura di chiedere aiuto ad uno specialista!
Ricordate sempre che la scuola è una parte importante della vita di vostro figlio ma non è la sola! Cercate di capire in quale ambito è bravo, come ad esempio lo sport, la musica o il ballo e spronatelo a perseguire ciò che gli piace e in cui riesce meglio. Non tralasciate la componente relazionale ed emotiva, cercate di capire come si sente rispetto a ciò che sta vivendo senza essere troppo pressanti o troppo protettivi! Anche lui ha bisogno di fare esperienze negative, così come anche voi prima di lui ne avete vissute.

In disabili.com:
Disturbi specifici dell’apprendimento (DSA): boom di diagnosi o dati nella norma?

Mi sento un pesce sull’albero: ti racconto la mia dislessia

Sara Lucariello
dott. In Scienze psicologiche cognitive e psicobiologiche presso l’Università degli studi di Padova

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