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La maxi-commissione incaricata dal ministro della Pubblica Istruzione di studiare i criteri generali per il riordino dei cicli d'istruzione e la riorganizzazione dei curricoli della scuola dell'infanzia, di base e secondaria ha completato i suoi lavori. Sulla base dei documenti preparati dai nove gruppi di lavoro, il dicastero di Viale Trastevere sta redigendo il piano quinquennale di attuazione della riforma e la relazione di fattibilità che il governo deve sottoporre al parere delle Camere.

Siamo delusi.

A nostro avviso, si tratta di documenti per lo più verbosi e inconcludenti; ma, soprattutto, dai loro contenuti pare di capire che l'integrazione scolastica degli allievi e delle allieve in situazione di handicap non debba fare parte della costruzione della nuova scuola italiana riordinata secondo le norme della Legge n. 30 del 10 febbraio 2000. In un solo caso viene citata esplicitamente la parola handicap: nella sintesi dei lavori del sottogruppo di lavoro n. 7a, coordinato dagli Ispettori Mario Maviglia e Italo Fiorin. Molto opportunamente, si parla - per la scuola dell'infanzia - di "un numero di bambini per sezione che consenta una effettiva qualità della relazione educativa, e tale da sostenere i processi di sviluppo e di apprendimento di ciascun bambino e del gruppo, anche in presenza di bambini in situazione di handicap"; inoltre, tutto il documento pare ispirato dalla necessità di mettere al centro il "soggetto in evoluzione", considerato - scrivono i coordinatori - "nella completezza delle sue dimensioni costitutive, della sua identità, dei suoi ritmi di crescita e della sua collocazione sociale e culturale, diventa il punto privilegiato e generativo del curricolo". Perché questa censura da parte degli altri gruppi di lavoro? Davvero non vi è nulla da dire a proposito dell'integrazione scolastica di allieve e allievi in situazione di handicap nella nuova scuola riordinata? Ad esempio, circa ragioni, finalità e obiettivi della riforma? O dell'inserimento nella secondaria superiore? Oppure, a proposito della formazione (e riconversione) di tutti i docenti? O, ancora, in merito alla necessaria specializzazione degli insegnanti per il sostegno? Non che nei testi manchino richiami alle diversità o a ritmi e modalità di sviluppo. Ma, per evitare indebite rimozioni del problema - a nostro avviso, in atto da alcuni anni - è necessario, oggi più che mai, citare esplicitamente il nostro tema ogni volta che, sotto il profilo organizzativo, metodologico, didattico, ecc., le iniziative previste o previdibili possono contribuire a ridurre o annullare l'handicap, in presenza di deficit.

C'è una prova d'appello.

Il ministro della Pubblica Istruzione ha inviato alle scuole i documenti conclusivi, chiedendo "a tutti di discuterne, di partire da quei testi per allargare e approfondire la riflessione". E aggiunge: "Come si può vedere dalla quantità e qualità dei documenti allegati la discussione è stata ampia; ha ripreso i temi di un dibattito consolidato, ne ha posto degli altri. Questa riforma per camminare, per far diventare la scuola luogo dove effettivamente si combatte la dispersione, si potenzia l'eccellenza, si valorizzano le differenze e si combattono le disuguaglianze ha bisogno del contributo di pensiero e di operatività di chi vive ogni giorno la quotidianità dei suoi problemi e delle sue sfide?".

Vogliamo cogliere la sfida?

Mario Tortello

Editoriale della rivista Le leggi dell'integrazione scolastica e sociale, n° 8 ottobre 2000, Edizioni Erickson, Trento

E-mail: info@erickson.it


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Nicola Quirico - nicola@disabiliforum.com

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