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Ecco il testo della lettera che questo professore 'con tutte le carte in regola' ha scritto al Ministro della Pubblica Istruzione:
Egregio Ministro, sono un docente disabile grave (100% + legge 18/80 e riconosciuto grave a norma dell'art.3 comma 4 legge 104/92), tetraplegico dall'età di 17 anni per incidente, oggi 41enne, insegnante di ruolo di matematica applicata presso ….. La mia laurea in Economia e Commercio conferita nei primi anni '80,<7b> quando le spinte di rivendicazione dei diritti dei cittadini disabili erano ancora embrionali, e' stata una conquista non solo dal punto di vista della gratificazione personale, ma di tutta la mia famiglia. Il raggiungimento di tale obiettivo e' costato a noi tutti una vita fatta di stress e di sacrifici, occorsi per la necessità di essere materialmente accompagnato da un familiare da casa all'università di attese per le lezioni, di ritorno a casa: per la gravità della lesione, infatti, non sono autonomo negli atti della vita quotidiana, nè posso deambulare senza l'ausilio di una sedia a rotelle. Dopo aver prestato servizio come supplente per 3 anni, ho partecipato al concorso a cattedre bandito con O.M. 23/3/90, riuscendo ad essere vincitore di concorso nella classe di insegnamento di matematica applicata e, contemporaneamente, ad abilitarmi in discipline giuridiche ed economiche, e sono entrato in ruolo nell'a.s. 1992/93. In tutti questi anni di lavoro, in mancanza di servizi territoriali di assistenza ai disabili che potessero permettere la realizzazione della pari opportunità sociale, i miei genitori hanno dovuto continuare incessantemente ad accompagnarmi a scuola: per supplire a tali carenze si e' inflitto loro un onere, quello dell'accompagnamento e del trasporto, che certamente non dovrebbe essere un'attivita' di propria competenza, ma questo si e' rivelato l'unico modo per non buttare al vento anni di studio e consentire la mia piena realizzazione ed integrazione sociale. Il tempo si sa passa per tutti ed anche i miei genitori sono diventati anziani: per loro il peso di dovermi sempre accompagnare perche' io possa garantirmi il diritto vitale della sussistenza (puo' un disabile grave vivere con il "contributo" che passa lo Stato?) sta diventando insostenibile, alleviato solo dal fatto che la scuola dista da casa appena 7 chilometri. Il tempo è trascorso anche per me e dopo 10 anni di impegno totale profuso per svolgere con serietà e dedizione il mio lavoro, (e soprattutto per inviare, alle migliaia di alunni delle scuole che mi hanno conosciuto, il messaggio subliminale che i disabili sono in grado di "dare" qualcosa in termini di cultura e di rapporto umano e non solo di "ricevere" assistenza, pietismo ed emarginazione) mi rendo conto che le energie e l'impegno per essere insegnante di una materia come la matematica - scritta ed orale - stanno venendo meno. Per questo, e' gia' da qualche anno che ho preso la decisione di indirizzare la mia carriera lavorativa verso l'altra disciplina cui sono abilitato, poiche', essendo materia svolta in forma prevalentemente orale, richiede un impegno fisico meno intenso. Ma i diversi tentativi sono risultati vani, anche perche', proprio per evitare il disagio di assegnazioni di cattedra in scuole distanti dalla mia residenza, ho voluto-dovuto optare per scuole ubicate nelle zone limitrofe. L'ultimo modello di domanda che ho compilato (mod. D2) per il passaggio di cattedra, come del resto i precedenti, ritengo contenga un'idiosincrasia: prevede precedenze nel passaggio per i non vedenti, per gli emodializzati, per altre categorie, ma non per i disabili gravi. Per questo chiedo: quali sono i motivi per cui è stata prevista una precedenza nel passaggio di cattedra ai non vedenti mentre per i disabili gravi motori questa opportunita' e' negata? Come i non vedenti hanno necessita' di essere accompagnati fino al posto di lavoro, così anch'io, come ogni altro disabile non autosufficiente, ho la stessa esigenza. Stessi bisogni, diverso trattamento in relazione alla categoria di appartenenza. Quest'anno, per evitare l'ennesimo "rifuto" della domanda, ho ampliato il numero delle sedi richieste includendo i comuni piu' disagiati: ma i miei genitori-accompagnatori saranno in grado, soprattutto fisicamente, di sottoporsi a tali disagi? E' per questi motivi che, come docente disabile, ma anche come presidente di una associazione di tutela dei diritti dei disabili, protestando per la disparita' di trattamento che avviene tra categorie di disabili, chiedo che siano presi gli opportuni provvedimenti per rimediare a tali discriminazioni, che comportano soprattutto un ingiustificato aggravio di sacrificio sia alla persona disabile e lavoratore, sia ai suoi familiari. Sperando che la presente sia presa nella giusta considerazione, poichè redatta sulla base di esigenze reali di vita vissuta e non di astratti principi, in attesa di una cortese risposta, porgo distinti saluti.

Lettera firmata



Nicola Quirico - bomarzo@tin.it

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