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Tagliandi e piazzole
Un giro per Bologna tra fantasia e confusione: una galleria fotografica
di Sara Fantini

Girando un pomeriggio per Bologna, si scoprono piazzole e tagliandi di tutti i tipi e forme, divertenti a vedersi, ma che forse creano ulteriore confusione in una materia già di per sé difficile da gestire.

Fotografare le piazzole dei disabili è un pò come gestire la questione dei tagliandi: non si sa mai da che parte prenderle. Si gira per tutta la città con la macchina digitale al collo, ma le foto non vengono mai come vorresti. Forse il soggetto non è molto interessante, non permette foto di grande interesse, sgargianti, di quelle che attirano l’attenzione. Ma il problema più rilevante è che, per motivi tecnici legati al fatto che non possiedo raffinate strumentazioni fotografiche, non mi è stato possibile rendere l’eccezionale varietà di tipologie di tagliandi e piazzole presenti. Ce n’è per tutti i gusti, come il gelato: tagliandi arancioni scuri, tagliandi arancione chiari, tagliandi giallini, tagliandi con molte scritte o tagliandi senza nessuna scritta, solo con la figurina del disabile; esposti in bella vista, incollati al vetro, appoggiati al cruscotto o che per metà spariscono dietro di esso. Lo stesso vale per le piazzole: grandi, piccole, con le barre per la discesa o senza , ampie in ampi parcheggi o strette, soffocate da altre piazzole o dall’invadenza di bici e motorini. Occupate da macchine con tagliando (devo dire la maggior parte di quelle che ho visto) o talvolta, da €˜abusivi‚Ž», magari con le doppie frecce che segnalano una sosta provvisoria. Nell’ impossibilità di rendere una tale e fantasiosa varietà , ma difficile da far entrare nel mio piccolo obiettivo, l’attenzione ricade sui particolari, sulle piccole curiosità che fanno sorridere. È così che ho scoperto (ma chissà quanti prima di me ci avranno fatto caso e ne avranno riso) questa divertente abitudine di ridipingere le piazzole, per la normale manutenzione, suppongo, lasciando la base di colore precedente. Così le piazzole si riempiono di tante figurine (ne ho contate anche cinque, sei) nelle posizioni e dalle forme più svariate, rovesciate a toccarsi la testa, sovrapposte, l’una accanto all’altra a tenersi compagnia.

Si inizia da questo e si finisce per prestare attenzione a tutte le situazioni più strane in cui vengono a trovarsi queste figurine, con la tentazione irresistibile di affibbiargli qualche simbologia: le vedi €˜investite‚Ž» dalle automobili parcheggiate male, infastidite da motorini e biciclette che gli tolgono lo spazio vitale, lo spazio €˜per passare‚Ž», private del loro diritto ad esistere da una mano di vernice blu che le converte in parcheggi a pagamento. Anche loro, come molti disabili in carne ed ossa, sembrano alle prese con le barriere architettoniche e con la cafoneria di alcune persone nella nostra città . Di certo l’utilizzo dei tagliandi per la mobilità delle persone disabili e la possibilità delle piazzole di sosta riservate sono già di per sé fatti positivi e utili per risolvere i problemi di mobilità di molti disabili. Ma, cosa che la nostra inchiesta cerca di mettere in rilievo, c’è bisogno di ordine nella gestione dell’intera faccenda. E così mi è capitato di pensare che, malgrado sia divertente osservarle e fotografarle, cominciare a mettere ordine nelle forme e nei colori, che sono forse la parte meno importante ma più visibile del problema, sarebbe già un passo avanti rispetto alla confusione che aleggia su tutta la questione.

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