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disabili-com: auto che parcheggiano

"NUOVE FILOSOFIE PER I PARCHEGGI"
di Adriano Piffer


Questo intervento sul tema dei parcheggi riservati ai disabili non vuole essere una mera elencazione tecnica riguardante il campo progettuale e tanto meno una disquisizione sull'applicazione e il rispetto di una determinata normativa (le varie leggi sull'eliminazione e il superamento delle barriere architettoniche e sui parcheggi in generale) alla quale tutti - enti pubblici e privati cittadini - dovrebbero rifarsi nella progettazione e realizzazione dei parcheggi. Vuole però, data l'occasione concessa dai "Quaderni di DM", compiere alcune riflessioni e suggerire possibili strategie da adottarsi in futuro in un'eventuale diversa riproposizione del sistema parcheggi nel territorio e nell'ambito urbano.

Si può anzi parlare, con tutta probabilità , di una vera e propria "nuova filosofia" che si dovrebbe assumere nell'approntamento e nella realizzazione di nuovi parcheggi, in particolare per quelli ad uso riservato. Non appare infatti più concettualmente corretto affibbiare ai parcheggi per disabili una destinazione d'uso esclusiva e cioè per disabili, pur nella consapevolezza dell'inevitabile necessità d'uso di questa classificazione, sia per quanto riguarda l'attuale normativa in vigore (leggi sulle barriere architettoniche, Codice della strada, norma edilizia-urbanistica), sia a livello socio-culturale e comportamentale (di educazione civica). In questo senso appare senz'altro necessario imporre ancora la specificazione, soprattutto per tutelare gli utenti disabili direttamente interessati e coinvolti ancora pesantemente nella battaglia per il raggiungimento della piena integrazione sociale.

D'altro canto, si può ben dire con maggior sicurezza che oggi la progettazione architettonica e urbanistica, quella del verde attrezzato e dell'arredo urbano contemplano maggiori attenzioni e soluzioni particolari nella predisposizione delle aree parcheggio, ascrivendo ad esse anche quelle ad uso riservato.

Al di là del rispetto normativo, delle dimensioni, del numero, delle forme tipologiche adottate, ritengo che si debbano attuare nuove modalità e prospettive riconducibili, come già detto, ad una "nuova filosofia", maggiormente rispondente alle esigenze degli utenti finali, con compiti di ridefinizione degli obiettivi progettuali fondamentali per un diverso e nuovo sistema di "parcamento" dei mezzi di trasporto motorizzato.

Un obiettivo altrettanto importante è poi la dislocazione concettuale delle aree parcheggio, in generale, e dei parcheggi ad uso riservato, in particolare, che è quasi completamente da rivedere.

Partendo da una breve analisi della situazione attuale per arrivare in seguito alla formulazione delle nuove strategie, vanno subito evidenziati alcuni elementi emarginanti.

Ne sono un esempio, nella segnaletica orizzontale, la diversa colorazione delle bordature dell'area di parcheggio destinata ai disabili, o la simbologia adottata nella segnaletica verticale, che evidenzia il logotipo del disabile su sedia a ruote.

E ancora, la zebratura diagonale dell'area destinata alle manovre di salita o di discesa dal mezzo mobile del disabile e tutta la segnaletica di orientamento e di segnalazione riguardante il raggiungimento del parcheggio riservato. Per continuare con le infrastrutture ipoteticamente esistenti all'intorno - servizi igienici per disabili, posti telefonici per disabili, ingressi e/o retro-ingressi accessibili ai disabili, rampe e percorsi accessibili e così via.

Tutti questi sono elementi che in una società evoluta e civilmente attenta ad evitare situazioni emarginanti fra i propri componenti non dovrebbero più essere necessari perché la normalità - cioè la prassi - dovrebbe essere costituita, sin dall'origine, da un determinato numero di parcheggi con dimensioni un po' più grandi degli altri e collocati negli ambiti antistanti gli accessi agli edifici.

Inoltre, in questo modo, non ci sarebbe bisogno di alcuna segnaletica verticale per classificare o riservare l'esclusivo utilizzo ai soli disabili, mentre si potrebbero invece predisporre spazi aggiuntivi o integrativi per favorire un'occupazione temporanea e limitata alla discesa o alla salita in macchina di anziani, bambini in passeggino, o allo scarico di bagagli voluminosi o attrezzature per il lavoro ecc., che necessitano di uno spazio laterale più ampio rispetto a quello previsto per i posti macchina ordinari.

Un'area parcheggio di ampie dimensioni o un sistema di aree ad uso integrato (parcheggio, carico-scarico, deposito momentaneo, sosta temporanea ecc.) posta vicino all'ingresso dell'edificio è utile a tutti, purché - e qui si innesca il senso civico e culturale di una società matura e socialmente avanzata - questo avvenga in modo corretto, non esclusivo, evitando civilmente l'abuso.

Nella nostra realtà , queste modalità d'uso, piuttosto atipiche, del parcheggio riservato, esistono già ; il più delle volte, però, avvengono in modo scorretto e abusivo. Infatti, l'occupazione abusiva dei parcheggi riservati ai disabili è giustamente lamentata dagli stessi, o dalle associazioni, quasi quotidianamente. Si rende perciò necessario l'inizio di una campagna di sensibilizzazione sociale sull'importanza che riveste l'esistenza di "parcheggi disponibili" nelle città , che risultano essere, in molteplici casi, elemento di vitale importanza per la piena integrazione sociale del disabile.

Un altro punto importante è costituito dalla dislocazione dei parcheggi riservati all'interno delle aree parcheggio o nelle aree di pertinenza degli edifici. Nonostante la norma al riguardo sia sufficientemente chiara e ricca di particolari e utili indicazioni, si registrano delle incongruenze sia a livello progettuale che a livello "localizzativo" dei parcheggi destinati ai disabili.

Non è raro riscontrare il classico schema localizzativo che prevede uno o più posti auto riservati ai disabili nei pressi delle zone di accesso al parcheggio, quando lo stesso, realizzato per essere in stretta connessione con gli edifici limitrofi (i cui accessi sono posizionati alle estremità diametralmente opposte), rappresenta più uno svantaggio che un aiuto a causa del disagio a cui devono sottostare i disabili per il collegamento delle due zone: si vedano ad esempio i parcheggi riservati ai disabili in piazzale Roma a Venezia, collocati nella zona opposta rispetto agli accessi dei punti d'imbarco dei traghetti, dei taxi e dei flussi pedonali di accesso alla città , inseriti e circondati dalla zona di sosta degli autobus urbani ed extraurbani!

La dislocazione dei parcheggi riservati avviene, alcune volte, applicando metodologie del tutto casuali e poco professionali. Essi, ad esempio, vengono realizzati in luoghi nei quali non è possibile ricavare un numero più elevato di posti auto. La metodologia progettuale si orienta così nel destinare quegli spazi al "parcamento" riservato ai disabili, con comprensibili effetti su tutti gli altri parametri e concetti di attenta e congrua progettazione.

Spesso queste dislocazioni vengono a trovarsi negli ambiti posti più all'esterno e più decentrati delle aree parcheggio o in ambiti cosiddetti "di bordo" delle autorimesse o degli autosilos, magari molto lontani dalle vie di fuga in caso d'incendio o lontani dai collegamenti verticali (scale e ascensori).

Capita anche di vedere alcune originali modalità d'impiego dei parcheggi ad uso riservato. Gli esempi più eclatanti sono quelli che li vedono trasformarsi in depositi durante lo sgombero-neve delle vie, dei marciapiedi o delle piazze, quando non addirittura dell'intera area di parcheggio nei quali erano inseriti.

Altro esempio è quello costituito dalla collocazione di vasi e fioriere per l'arredo urbano, di cassonetti per la spazzatura, di deposito di carrelli, di materiali edilizi per il restauro o la ristrutturazione di edifici o quale deposito di legna e rami durante la potatura primaverile dei viali alberati. Altre volte ancora si può assistere all'occupazione graduale da parte di campane per la raccolta di carta, vetro e plastica, o addirittura di cabine telefoniche, cassette per le lettere, armadi e centraline elettriche e del gas, lampioni per l'illuminazione pubblica, segnaletica verticale ecc.

E' pur vero che gli urbanisti, gli architetti, i professionisti demandati ad occuparsi del territorio urbano spesso si scontrano con problemi non solo di carenza di spazi da destinare ai più svariati impieghi, ma anche con problemi di pluridestinazioni d'uso sovrapposte, spesso in modo incoerente e contraddittorio.

Ed ecco allora la "nuova filosofia" che dovrebbe avanzare ed essere fatta propria da ognuna di queste figure professionali, sia nell'operato quotidiano che in quello della formazione e dell'aggiornamento professionale.
La progettazione delle aree parcheggio necessita infatti di un'analisi che chiarisca e definisca con esattezza le diverse correlazioni nelle modalità d'uso dello spazio limitrofo alle aree da essa coinvolte e con essa connesse, rapportandole alle aspettative e alle necessità inevitabilmente richieste da quel tipo di ambiente urbano.

Bisogna insomma avere il coraggio e la capacità di effettuare delle scelte, qualche volta anche radicali, come quella di consentire l'uso temporaneo di vari spazi oggi vincolati a singole e uniche destinazioni. Pensiamo ad esempio alle aree delimitate da catene o da elementi di dissuasione della sosta, che restano completamente inutilizzate (soprattutto quelle prospicienti gli edifici pubblici); a quelle aree di sosta molto spesso sovradimensionate, riservate allo stazionamento di cicli e motocicli; alle aree pertinenziali e "cortilizie" di edifici pubblici o di edifici limitrofi a quelli pubblici - siano esse di proprietà pubblica o privata - che potrebbero essere recuperate e rese disponibili attraverso opportune convenzioni con la parte proprietaria ecc.

Un altro suggerimento potrebbe essere quello relativo all'attivazione di un nuovo concetto sullo scambio d'uso fra pubblico e privato. Facciamo un esempio: il proprietario pubblico di un'area potrebbe consentire ad un operatore privato la realizzazione di un parcheggio che renda possibile il cambio di destinazione di un immobile (supponiamo: da magazzino a negozio), concedendogli l'uso di una determinata area a condizione che il privato ne metta a disposizione un'altra di pari importanza, tale da soddisfare e risolvere determinate esigenze di pubblica utilità , magari a titolo gratuito o in regime di concessione temporanea a termine.

I parcheggi riservati ai disabili hanno contribuito a far emergere un'altra particolare esigenza degli automobilisti frequentatori delle città , e cioè la necessità di dotare non solo le aree parcheggio di superficie, ma anche le zone a traffico limitato, o in alcuni casi le zone pedonali, di appositi spazi per la sosta limitata, come quelle previste dal Codice della strada e dai regolamenti comunali, dai piani urbanistici e di regolamentazione del traffico urbano, per lo scarico e il carico delle merci.

In questo senso si è più volte segnalato alle competenti autorità sia periferiche (Comuni) che centrali (Ministero dei trasporti ecc.), l'abuso a cui spesso sono soggetti i parcheggi riservati ai disabili da parte del solito cittadino automunito che occupa il parcheggio pochi minuti per svolgere delle veloci commissioni nelle zone centrali delle città o per operazioni che implicano una sosta ridotta soprattutto nell'orario prossimo alla chiusura di negozi, banche, uffici pubblici e privati, giornalai ecc. La necessità evidenziata è quella di predisporre delle apposite aree, magari affiancate a quelle esistenti riservate ai disabili, onde provvedere a tale esigenza.

Allo stesso tempo è da ritenersi di estremo interesse per i disabili non accentuare oltremodo il conflitto sociale con quei cittadini poco sensibili ai problemi dei disabili, perché il percorso che conduce alla completa e paritetica integrazione sociale coinvolge anche questo tipo di tematiche. Significa inoltre voler accettare il diverso fra i diversi e il diverso che si sente e si ritiene normale rispetto agli altri, pur non essendolo a tutti gli effetti.

A questo proposito vorrei raccontare un episodio che mi ha coinvolto personalmente, allorché ho sorpreso un automobilista intento ad occupare il parcheggio antistante il mio ufficio, riservato ai disabili. Il signore, vedendomi arrivare con la macchina e con il talloncino di parcheggio-disabili in bella vista, mi ha subito presentato le proprie scuse dicendomi che in futuro non avrebbe più occupato quel parcheggio perché riteneva giusto che fosse mio (intendendolo di proprietà ). Gli ho risposto che le scuse non erano necessarie perché il parcheggio non era affatto di mia esclusiva proprietà , ma che esso veniva utilizzato da tutte le persone munite di apposito simbolo ed inoltre che il medesimo parcheggio non era stato realizzato in funzione della presenza del mio studio ma secondo vari parametri di necessità riscontrati nella zona per la presenza di tre ambulatori medici, di negozi con prodotti esclusivi rispetto all'ambito urbano, di vari uffici privati ecc.

Sicuramente un mio comportamento meno comprensivo o più arrogante, pur avendone tutte le ragioni, avrebbe contribuito a far sorgere in quell'automobilista un senso di fastidio e di "punizione", facendogli magari pensare che, per i disabili, avere il parcheggio a propria disposizione è sì un giusto diritto, ma con grosse sfumature di privilegio, riducendo in questo modo il connotato di vitale necessità che invece esiste in ogni senso. Questo senza dimenticare che l'automobilista - in riferimento alla possibilità di trovare un parcheggio - si sente a sua volta "handicappato", in quanto frustrato dalla ricerca di un parcheggio che non trova quasi mai libero e disponibile: a torto o a ragione, insomma, egli si sente discriminato ed ingiustamente emarginato.

La tematica delle aree parcheggio è in ogni caso una delle più dibattute e spesso al centro del dibattito culturale e professionale che coinvolge sempre più il campo della sperimentazione di nuove metodologie e di nuovi concetti di progettazione volti ad ottenere una soluzione definitiva del "sistema parcheggio". E' un tema che coinvolge non solo gli addetti ai lavori, come gli urbanisti o i tecnici dell'amministrazione pubblica, ma anche gli automobilisti, gli amministratori, i politici e ognuno di noi cittadini.

L'inurbamento rapido, la mancata formulazione di nuovi modelli di sviluppo delle nostre città e il continuo deteriorarsi del rapporto città -territorio, territorio antropizzato e ambiente, oltre ai quesiti ancora insoluti nei riguardi del trasporto urbano - sia pubblico che privato - hanno accentuato il disagio dell'utenza cittadina, soprattutto in quelle aree che non offrono sufficienti soluzioni proprio dal punto di vista del parcheggio.

Questi avvenimenti porteranno sicuramente le categorie più deboli ed emarginate a dover compiere sforzi ancor più consistenti nell'impegno verso l'integrazione. E' per questo che rivolgo un invito a tutti i disabili e alle loro associazioni ad essere vigili sui temi e soprattutto sulle proposte che da più parti vengono avanzate in merito al futuro modo di "abitare la città , il territorio, la campagna".

Sono personalmente molto attento agli ultimi sviluppi della tecnologia elettronico-informatica che ci viene proposta quale soluzione possibile per ridurre le necessità di spostamento all'interno del territorio e delle città , e resto in attesa che questi concetti imperniati sull'uso di nuove tecnologie e sull'applicazione sistematica dell'informatica come mezzo ausiliario che limita o riduce le necessità di spostamento, divengano realtà e si esplichi con maggior chiarezza il loro ambito e limite applicativo per la soluzione delle problematiche attuali relative all'integrazione sociale.

Nel frattempo rimango un po' scettico sulla valenza della qualità del rapporto umano via cavo, telefono, fax, modem ecc., in raffronto alla bellezza e al valore di un incontro a tu per tu, magari in un'automobile parcheggiata in uno spazio non solo a noi riservato...

Adriano Piffer è architetto e presidente del CERPA-Italia (Centro europeo per la ricerca e la promozione dell'accessibilità , Via Milano, 41, 38100 Trento, tel. e fax 0461/935787).

(Articolo tratto da "I Quaderni di DM" n. 1 - luglio 1996)

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