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concertoPur non potendo parlare di inaccessibilità in senso tecnico, anche in questo ambito le scelte personali sono spesso condizionate da fattori ambientali… ma non dipende tutto dalle norme

 

Ogni estate è un florilegio di eventi, dai grandi concerti agli spettacoli  teatrali passando per le semplici prime cinematografiche, e con loro mi  torna prepotente alla mente una domanda che in realtà mi accompagna tutto l’anno ogni qualvolta voglia passare una serata o un pomeriggio diverso, magari in compagnia di amici. Siamo realmente noi a scegliere lo spettacolo o è lo spettacolo a scegliere noi ? La risposta, a differenza di quanto si possa pensare, non è per nulla scontata.

 

Spesso, infatti, pur non potendo parlare di inaccessibilità in senso tecnico, la realtà porta a dover piegare i nostri desideri, trovando soluzioni alternative rispetto a quanto originariamente pianificato. La realtà di cui parlo è costellata di posti per diversamente abili collocati in prima fila con il naso incollato allo schermo o in orrendi box in plexiglass isolati dal resto del mondo.
Si possono anche trovare settori per diversamente abili (espressione e concetto che personalmente apprezzo assai poco ) posizionati in punti improbabili come per esempio davanti a piloni, amplificatori, torri delle luci ed affini.
Perché? Chi è il colpevole di tutto ciò? Tutti, quasi fossero una voce sola, vi risponderanno: la normativa di prevenzione degli incendi tra cui  il DPR 1 agosto 2011 n 151 e il D.M. 10 marzo 1998
Addossare la “colpa “ alla normativa vigente è certamente la soluzione più semplice, ma  non la più corretta. Essa, infatti, con riferimento ai locali di pubblico spettacolo, lascia ampio spazio a nuove soluzioni progettuali fissando soltanto misure, proporzioni distanze e l’eventuale presenza di cosiddetti spazi calmi definiti come luoghi sicuri statici contigui e comunicanti con una via di esodo verticale od in essa inseriti; tali spazi non devono costituire intralcio alla fruibilità delle vie di esodo e devono avere caratteristiche tali da garantire la permanenza di persone con ridotte o impedite capacità motorie in attesa di soccorsi. Gli assurdi assetti di cui si è parlato in precedenza sono quindi anche frutto di una scarsa sensibilità progettuale, se così si può chiamare, che pervade il nostro Paese.

 

A questo, si deve aggiungere, a modesto parere di chi scrive, la fastidiosa idea che alberga silenziosamente nella mente di molti, secondo la quale visto che lo spettatore disabile e chi lo accompagna godono di agevolazioni tariffarie, poco importa dove si vadano a sistemare o ancora che la sostituzione di alcune sedute con gli appositi spazi di stazionamento delle sedie a rotelle, contraddistinti dal pittogramma, comporti una ingente ed insostenibile perdita economica.
Sarebbe auspicabile che, andando oltre la sterile critica delle disposizioni, da un lato si superasse questa concezione così strettamente economica e dall’altro si intervenisse concretamente perché la progettazione sia non meramente rispettosa delle prescrizioni legislative, ma lo sia anche nei riguardi della persona, del fruitore finale.

 

Sarà un percorso non breve e tortuoso ma sicuramente fattibile, partendo magari dall’esempio dei Paesi anglofoni e da alcune perle rare presenti sulla nostra Penisola.
Alzare la voce per la libertà di divertimento non è sciocco e non bisogna mai stancarsi di farlo.

 

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Dott.ssa Agnese Villa Boccalari

 

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