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Cosa c’è di più utile di un pass auto se si deve andare a cena in centro storico nella Capitale? Deve aver automaticamente pensato (o forse, non pensa…) così il comandante dei vigili  di Roma Giovanni Catanzaro, beccàto in flagrante – è proprio il caso di dirlo- dopo che aveva usato un permesso per disabili per parcheggiare la sua Alfa Romeo Brera personale in divieto di sosta, e in piena zona rimozione, in via della Croce, venerdì sera.

Catanzaro era andato al ristorante e sul cruscotto dell'auto aveva esposto un permesso di accesso per disabili che risulterebbe intestato ad una signora di 86 anni: permesso oltretutto che non sarebbe nemmeno valido perché ci sarebbe la denuncia di smarrimento della legittima intestataria e comunque non riporta la targa dell'auto del comandante dei vigili.

Giovanni Catanzaro è da circa un anno comandante della Municipale di Roma, che conta circa 6.500 persone. Entrato nel Corpo nel 1975, è stato a capo di diversi Gruppi tra cui il Gruppo intervento traffico (Git), e per oltre vent'anni ha guidato il Gruppo più importante di Roma, quello del centro storico. Prima di assumere l'incarico di comandante è stato per quattro anni vicecomandante con delega ai grandi eventi. Catanzaro era subentrato ad Aldo Zanetti nel maggio 2006.

Il sindaco di Roma Walter Veltroni ha deciso di revocargli l'incarico: vien da pensare che era difficile far finta di niente, soprattutto dopo l’articolo apparso su "Il Messaggero", corredato di foto inequivocabili, che mostrano Catanzaro mentre parcheggia l’auto in zona rimozione. La reggenza nel frattempo sarà affidata al vice comandante Angelo Giuliani, che entro dicembre sarà probabilmente nominato a capo del Corpo.
Un plauso per la decisione, «anche se tardiva», arriva a Veltroni dal segretario aggiunto della Cisl polizia municipale Gabriele Di Bella. «È impensabile che proprio chi dovrebbe far rispettare il codice della strada tenga un comportamento immorale che rievoca episodi da Prima Repubblica» ha detto Di Bella. L'esponente della Cisl si dice «fermamente convinto che chi sbaglia deve pagare, perché non può essere consentito a nessuno di noi infangare una divisa che con dignità e decoro indossano quotidianamente migliaia di donne e uomini».

C’è infatti da scommettere che saranno I colleghi del comandante, che di lui certo si fidavano, I primi ad essere mortificati di come il comportamento irresponsabile del loro Massimo rappresentante abbia danneggiato l’immagine del corpo intero.

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