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Incontriamo il medico fisiatra dr. Marco Ferraro, di Padova, che si occupa di patologie legate ad ictus, traumi cranici, lesioni midollari. E' grazie alla disponibilità concessa che possiamo intervistarla:

Dr Marco Ferraro, condizione fondamentale per l´autonomia è la mobilità, cosa ne pensa?
La mobilità, prima di essere una necessità, è innanzitutto una scelta. Decidere se è meglio essere spinti da un familiare, da un volontario, da una badante o invece spostarsi da soli con una carrozzina manuale o elettronica o uno scooter oppure un'auto richiede una "motivazione ad uscire da casa". Richiede una personalità indipendente, una determinata funzionalità neuro-visuo-cognitiva e internistica, la fortuna di incontrare delle associazioni e dei professionisti preparati in modo specifico che informino approfonditamente sulle potenzialità e i rischi e che diano la possibilità di "provare" queste soluzioni. Anche per le persone con gravi deficit visivi è importante sapere che le soluzioni per uscire di casa vanno dai cani guida (utilissimi e finalmente sono sorte anche in Veneto delle  associazioni specializzate) a soluzioni tecnologiche. Ovviamente anche la situazione economica, l'ambiente fisico, sociale, le ASL, le strutture riabilitative, le Commissioni Mediche Locali possono favorire o limitare queste scelte perché ognuno di noi vive in un particolare contesto. In termini generali "mobilità" include anche il semplice e naturale "piacere di spostarsi" e/o di fare un'attività sportiva agonistica che spesso permette di uscire dal ruolo carcerario ad vitam di "disabile/malato", come ad esempio poter andare in barche a vela con la "2.4" (realtà che conosco già avviata a Venezia), o in aerei modificati, o in bicicletta, o a sciare. Personalmente chi fa una scelta per una mobilità indipendente (spesso si tratta di powered mobility, o mobilità potenziata) dovrebbe essere facilitato.

Quanto è importante nel percorso di riabilitazione ritornare in possesso del permesso di guida?
Nell'ambito riabilitativo è fondamentale valutare quali siano le possibilità reali e il grado di rischio "accettabile" nel riprendere a guidare un'auto, dopo aver subito una lesione neurologica. In molti paesi europei e in USA tali valutazioni sono oramai considerate di routine. In Italia invece, le iniziative altamente qualificate sono, a mio parere, molto poche. Si rifletta sul fatto che dal 20% al 40% delle persone con ictus torna a guidare negli Stati Uniti, mentre non sappiamo assolutamente quanti siano gli  italiani/e che riprendono tale attività, con quali modalità e con quali modifiche (adattamenti) alle autovetture (non esiste ad esempio un registro nazionale). L'esperienza italiana maggiore nel recupero della guida è quella delle Unità Spinali nell'ambito delle lesioni midollari sia sul versante scientifico che per le valide associazioni presenti sul territorio nazionale ma per le persone con cerebrolesioni le iniziative sono, secondo me, molto ridotte anche se di notevole qualità scientifica e sociale. Sicuramente l'associazione ANGLAT ha fatto molto in Italia e bisogna dar atto alla FIAT di aver contribuito per prima alla cultura dell'autonomia con centri e programmi specifici per persone con necessità di mobilità. Ora in Italia, sul versante industriale ci sono anche altre le case automobilistiche che stanno avanzando in questa direzione e speriamo che questa competizione sia uno stimolo per migliorare la situazione esistente. Un esempio concreto che ho valutato in prima persona a Verona è stato sicuramente il Mobility Day della Wolkswagen in collaborazione con la il Centro di Riabilitazione di Negrar (VR).

Nel caso in cui sia necessario utilizzare degli adattamenti per sopperire il deficit motorio per la guida, siete sufficientemente informati su cosa offre il mercato? Quante e quali patologie anche molto invalidanti oggi possano conseguire la patente speciale?
Ritengo personalmente che l'informazione sulle possibilità adattative delle modifiche tecnologiche che "superano" i deficit motori, presenti sul mercato, ai fini della guida, sia assolutamente deficitaria. Tale "deficit informativo" dipende da molti fattori: culturali, scientifici e personali.  Penso che già sapere che esiste, ad esempio, la possibilità di accelerare manualmente (e anche con una sola mano), utilizzando un acceleratore a cerchiello in persone con gravi limitazioni agli arti inferiori ma con buone capacità e performances neurocognitive, sia un buon inizio conoscitivo ma la strada è ancora lunga. Esistono pochissimi esperti in tale ambito, ma dovrebbero essere considerati maggiormente. Sono molte, d'altra parte, le persone con plurideficit "motori" che guidano e sicuramente molte altre potrebbero guidare se solo sapessero che esistono le possibilità tecnologiche per farlo in condizioni di sicurezza. Personalmente non sono a conoscenza di una valida statistica nazionale in merito ma posso dire che conosco diverse persone colpite da cerebrolesioni (cioè con deficit motori di varia entità, anche gravi, ma senza esiti neurocognitivi a "rischio"di incidente), patologie neuromuscolari genetiche o acquisite, persone con esiti di amputazioni, ma anche anziani con limitazioni importanti delle performances deambulatorie che utilizzano quotidianamente auto adattate, dopo aver acquisito una patente speciale, senza aver creato incidenti a se stessi ne ad altre persone. Purtroppo ho anche conosciuto persone che erano state ricoverate per lesioni cerebrali che hanno "allegramente" ripreso a guidare ("la patente non mi era scaduta...nessuno mi ha detto niente...ho avuto un trauma-cranico") senza alcuna valutazione specifica, finchè non sono state inviate alle "Commissioni Mediche Locali per patenti d'invalidità" purtroppo alcune di queste persone, non informate dei rischi e nemmeno inviate alle commissioni invalidità-patenti per motivi molto opinabili, mi ha raccontato di aver subito un secondo trauma cranico...e mi sono chiesto perché non ci sia stata una prevenzione. Al contrario, vi sono, invece, persone in condizioni neuro-funzionali adeguate per riprendere la guida con adattamenti che non guidano perché nessuno ha detto loro che potrebbero farlo con adattamenti e valutazioni specifiche.
Per scegliere bisogna anche essere informati su cosa esiste in questo particolare ambito.
 
La guida sicura di una vettura è costituita da molti fattori. Mentre il deficit motorio è facilmente individuabile: che mi dice di un eventuale deficit cognitivo?
Alcune delle capacità e performances delle funzioni neurocognitive (linguaggio, attenzione, memoria uditivo-verbale, ecc.)  sono senza dubbio più studiate rispetto agli aspetti neurocognitivi legati all'interazione con oggetti e in particolare ad attività complesse come la guida di autovetture. Per ciò che riguarda invece specificatamente la guida per persone con cerebrolesioni e tutti i molteplici aspetti (neurocognitivi, legali, riabilitativi, valutativi, associativi, ecc.) in italiano c'è un unico, ma autorevole testo: "La guida dell'autovettura dopo cerebrolesione" della Prof.ssa Anna Mazzucchi che racchiude le più importanti esperienze in ambito italiano e una panoramica sulla situazione europea.
Per quanto riguarda l'interazione tra performances neurocognitive e abilità di guida ritengo comunque che, in base ai dati della letteratura scientifica, ci sia ancora molto da fare.
Personalmente penso che anche dei lievi peggioramenti nella performances di guida potrebbero essere i primi segni di alterazioni lievi ma purtroppo importanti come il MCI (mild cognitive impairment), o di dei deficit di attenzione visiva o anche delle demenze (ad eziologia varia) che si evidenziano anche in questa "attività" con conseguenze facili da immaginare (il ruolo tra demenze e guida è stato già studiato negli USA e in Europa). Non è un caso che in USA anche le associazioni dei familiari per l´Alzheimer abbiano già on-line preparato delle loro linee guida per sconsigliare o controllare nelle fasi iniziali il rischio di guida. Come riabilitatore ritengo che la guida "sicura" di un'autovettura, ma anche di qualsiasi mezzo che potenzi la mobilità (carrozzina elettronica, scooter, ecc.) richieda un'attivazione multisensoriale e multifunzionale che mette alla prova molte delle nostre risorse biologiche e che va integrata in contesti dinamici non del tutto controllabili. Io stesso ho condotto una piccola ricerca sul rischio di collisione nelle persone con lesioni emisferiche destre e mi sono reso conto che possono non essere sufficienti le attuali valutazioni neurologiche, neuropsicologiche , fisiatriche, dette "off road" (cioè in ambulatorio, letteralmente "non su strada"), ma che anche altri mezzi come i simulatori e i test su strada ("on the road") con adattamenti vadano utilizzati "cum grano salis".
Una buona valutazione inter-professionale integrata con un test con un simulatore di guida "basale"/ detto anche "valutatore delle capacità residue" (reazione visiva complessa, prove di attenzione divisa, tempi di reazione a stimoli sequenziali complessi, forza di frenata, fluidità di rotazione del volante ecc.)  "filtra" già le persone con gravi deficit conseguenti a lesioni cerebrali che non hanno i "requisiti minimi" per la sicurezza, permette nello stesso tempo la valutazione competente dei migliori adattamenti tecnologici per le persone con prevalenza di deficit "motori" rispetto a quelli "cognitivi", e  un test su strada va riservato, secondo me, a chi "supera" le valutazioni precedenti. Tuttavia non c'è un accordo né nazionale né internazionale su questo problema.
Uno studio controllato, effettuato nei laboratori di una nota casa automobilistica, mediante la risonanza magnetica funzionale, sulla capacità di mantenere solo la distanza di sicurezza seguendo un'autovettura simulata ha evidenziato che solo questo "semplice compito", che veniva realizzato mediante un joystick, attivava moltissime aree in entrambi gli emisferi cerebrali. Quindi "guidare" è sicuramente un compito molto complesso.

Nelle patologie che lei tratta quali sono quelle che includono anche deficit visivi?
Penso che i deficit visivi e neurovisivi siano molto sottostimati, rispetto agli altri deficit, non solo perché spesso la persona ne è inconsapevole (e anche la perdita di consapevolezza di una perdita della visione è già un deficit cognitivo) ma perché non sufficientemente considerati (!). Poiché l'apprendimento visivo è potentissimo rispetto alle altre modalità (e lo vediamo anche dall'utilizzo delle nuove tecnologie per l'intrattenimento e per la comunicazione) e le nuove scoperte, ad esempio quella dei Mirror Neurons del gruppo del Prof. Giacomo Rizzolatti confermano l'importanza di tale aspetto, si dovrebbe, secondo me,  incentivare l'attenzione sui problemi visivi, partendo dallo screening accurato dei pazienti con lesione neurologica centrale. Nella mia breve esperienza ritengo che i riabilitatori neuro-oftalmologici (Oculisti, Ortottisti, ecc, esperti nelle tecnologie adattative) siano fondamentali, e i centri di riferimento per la riabilitazione dell'ipovisione ci sono già. Le possibilità di guidare mediante lenti speciali andrà esplorata meglio, ma nel mondo vi sono già persone che guidano con ausilii e protesi visive.
Tra le valutazioni fondamentali per la sicurezza nella guida dopo lesione cerebrale vi sono, ad esempio, quelle campimetriche che però non sono tutte uguali  per modalità, competenza di valutazione, apparecchiature. 
Molti deficit visivi possono anche essere antecedenti alla lesione cerebrale e se non valutati e corretti alterano sicuramente sia le valutazioni riabilitative, neurologiche, neuropsicologiche, che le possibilità di ri-apprendimento o spesso di adattamento, di utilizzo di ausili, protesi e anche di adattamenti tecnologici per la guida non solo di auto ma anche di carrozzine e scooter adattati, ausili per la comunicazione, ecc. La valutazione non va però limitata alla valutazione dell'acuità visiva. Tra le valutazioni fondamentali vi sono, ad esempio, quelle campimetriche. Per la sicurezza stradale non basta affatto avere una normale acuità visiva. Se infatti vi è un deficit di un emicampo (del quale si è inconsapevoli o consapevoli), il nostro cervello "compensa", sposta gli occhi e la testa: le aree visive integre fanno sì che il paziente possa dire :" io vedo benissimo le lettere" . Se il risultato atteso è quello che la persona legga delle lettere a distanza, il risultato viene raggiunto. Tuttavia, per ottenere questa prestazione, il soggetto deve spostare lo sguardo o la testa; in condizioni di guida,quel paziente potrebbe non vedere una bicicletta prima che questa "attraversi" le aree "perse" dell'emicampo colpito e giunga ( per compensi o per dinamica) alle aree "buone". Il tempo impiegato perché la persona si "renda conto" del pericolo e "reagisca" può quindi essere insufficiente, cioè essere superiore a quello che si chiama il "tempo di collisione". Se sommiamo anche il ritardo dovuto all'eventuale compresenza di deficit cognitivi il problema si complica. Le statistiche dicono che circa il 50% delle persone con un deficit di campo, includendo anche quelle senza cerebrolesioni, non sanno di avere tale problema. Pensi inoltre alla valutazione della capacità visiva in condizioni di ridotta luminosità nelle persone anziane e al rischio di incidenti da caduta o  al rischio di essere investiti o di essere coinvolti in incidenti stradali (nonostante la percentuale di chi guida dopo i 70 anni sia ridotta non sono così sicuro che i rischi gravi non ci siano. In altri paesi del mondo le statistiche dicono che anche se l'incidenza di incidenti in questa popolazione è ridotta quando avvengono sono molto più gravi e letali di quelli che mediamente avvengono in altre fasce di popolazione; anche alcune ricerche statistiche italiane stanno facendo emergere tale problematica).

Lei è al corrente se ci sono degli strumenti e se sì quali per individuare eventuali deficit cognitivi?
Neurologi, Neuropsicologi, Neuroriabilitatori utilizzano ogni giorno delle batterie di test validate e standardizzate nella popolazione italiana per la valutazione dei deficit cognitivi, ma questo può non bastare perché alcune correlazioni tra determinati test e le abilità di guida non sono note, altre sono sicuramente importanti e altre informazioni si possono avere con valutazioni con mezzi diversi, più ecologici, come i simulatori e i test su piste e su strada condotti però da professionisti che devono condividere perfettamente quali siano le condizioni e quindi i deficit già rilevati dagli altri specialisti. Inoltre c'è in Italia il problema sulla formazione di istruttori di guida che condividano le informazioni fornite dagli altri specialisti e sappiano cosa sono i deficit cognitivi. C'è da dire che anche se le demenze gravi venissero sistematicamente valutate con test di screening  molto semplici tipo il MMSE (Folstein 1974) o il Test del Disegno dell´Orologio (the Clock D. Test), un utile consiglio sul "meglio non guidare" potrebbero, secondo me, già darlo molti medici o psicologi senza ulteriori valutazioni. In alcuni stati USA, nell'ambito della riabilitazione geriatrica,  vengono comunque raccomandati anche di routine i tempi di reazione e la forza di frenata,con simulatore, oltre alla valutazioni mediche specialistiche e se questa possibilità fosse "replicabile" in Italia con gli attuali mezzi a disposizione, faremmo un passo in avanti.

Che ne pensa delle Commissioni Mediche Provinciali, le uniche oggi in grado di permettere o negare a priori il conseguimento della patente?
Da quello che ho detto emerge che la valutazione del rischio per la guida non è semplice, e in USA o in alcuni paesi d´Europa si è dimostrato che di fronte ad una scrivania di un ambulatorio, al di là della grande competenza e bravura dei diversi specialisti, il rischio di guida potrebbe essere sottostimato ma anche sovrastimato. Quindi sono utili anche le valutazioni su simulatori e test pratici e i dati andrebbero sempre integrati anche con le valutazioni di altri professionisti. Inoltre in caso di necessità di adattamenti tecnologici è chiaro che questi andrebbero almeno verificati praticamente come si fa con altri ausili come le carrozzine, ausili per la deambulazione, ecc. ma prima di consigliarli perché ad esempio una persona che perde la capacità di utilizzare un arto superiore destro per una lesione traumatica periferica è completamente diversa da un'altra che ha perso la stessa capacità a causa di una lesione traumatica cerebrale centrale o ancora da un'altra persona che ha avuto un'evidente lesione periferica ma ha anche subito un trauma cranico "lieve". Non basta consigliare, nel caso specifico, un pomello da usare con la mano sinistra per ruotare il volante perché è il cervello che guida e non la mano e, nelle tre persone descritte, è improbabile che "funzioni" nello stesso modo. La varietà di giudizio delle Commissioni Mediche Provinciali è tale da aver causato, come è scritto nel libro "La guida dell´autovettura dopo cerebrolesione" di A. Mazzucchi un plateale "turismo per la patente" da una città più "restrittiva" ad un'altra più "permissiva" a dimostrazione del fatto che non c'è uniformità nelle valutazioni delle diverse Commissioni Mediche. Il cammino integrato tra i diversi professionisti come è stato organizzato tra la Riabilitazione di Fontanellato C. Cardinal Ferrari e la Commissione Medica rappresenta un modello da imitare.

Grazie alla sua esperienza ha qualche consiglio da dare ad una persona con una delle patologie citate che volesse tornare a guidare?
Cercare nella propria regione se esista una centro di valutazione specifico per la guida per persone con disabilità (utilissima è l'associazione ANGLAT) e quindi richiedere la valutazione alla commissione medica provinciale. Se esiste già una collaborazione tra queste due strutture tutto è più facile. Bisogna anche però che ci sia un'adeguata preparazione della persona e dei suoi familiari nel caso in cui non emergessero i requisiti minimi di sicurezza per la guida di un auto e che chi si occupa del problema della mobilità indipendente sappia fornire delle valide alternative.

Ha per caso in serbo qualche progetto o studio al fine di migliorare la situazione esistente?
Serve una reale interazione inter-specialistica tra le persone che si occupano della sicurezza stradale nei più svariati campi (medici, psicologici, tecnologi degli adattamenti, costruttori) insieme al coinvolgimento della associazioni per la mobilità, per le vittime degli incidenti stessi, dei traumi cranici, delle molte persone "malate di videotecnologie" (già sta emergendo la nuova causa di incidenti legati all'uso scorretto dei cellulari...eppure le norme legali esistono). Poiché anch'io guido ogni giorno come molti penso che qualcosa di più si debba fare e che le possibilità e/o i rischi di muoversi con auto (più o meno adattate) o scooter o carrozzine elettroniche vadano valutati più approfonditamente rispetto a come è stato fatto fin'ora. Videonavigatori e videfonini distolgono molte delle nostre risorse visuo-attentive eppure quanti guidano aumentando i rischi d'incidente? Un mio amico è deceduto perché l'altro guidatore si è distratto cercando di inviare un SMS manualmente e questo non mi sembra accettabile. Non basta più quindi solo ridurre il consumo di alcool e/o droghe per la prevenzione degli incidenti stradali ma servono delle strategie molto complesse.

[Valter Nicoletti]

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