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dnaLa difficoltà sta nell’individuazione del momento e delle modalità in cui le mutazioni genetiche hanno inizio

La scoperta delle cure passa necessariamente per la ricerca delle cause delle malattie, e l’autismo non fa eccezione. Comprendere quindi i meccanismi che determinano alcune forme di questa patologia è essenziale per mettere insieme i pezzi di un puzzle che potrebbe portare alla definizione di terapie utili a bloccare l’autismo nelle sue fasi precoci.


E’ questo l’obiettivo dichiarato dall’Istituto di neuroscienze del Cnr di Milano, del quale sono stati pubblicati in questi giorni due studi sul Journal Biological Chemistry  e sul Human Molecular Genetics , finanziati anche da Telethon e Regione Lombardia. La ricerca si è in particolare concentrata sullo studio delle alterazioni funzionali e morfologiche a carico delle spine dendritiche e delle sinapsi del circuito cerebrale, causa probabile di numerose patologie del sistema nervoso centrale, tra cui l’autismo.

In particolare, due geni sono stati sottoposti a specifica osservazione: IL1RAPL1 (Interleukin-1 Receptor Accessory Protein Like 1) e SHANK3 (SH3 domain and ANKyrin repeats), deputati al corretto funzionamento dei circuiti cerebrali responsabili della nostra capacità di imparare, pensare e socializzare.  Il team del Cnr ha scoperto che, qualora si verifichino dei malfunzionamenti o alterazioni delle spine dendritiche, deputate ai collegamenti neuronali, e delle sinapsi del circuito cerebrale, vengono ad essere colpite le facoltà mnemoniche e di apprendimento, con l’insorgenza di ritardo mentale e autismo.

Le mutazioni genetiche del IL1RAPL1 e SHANK3, identificati nei laboratori del Cnr come prototipi della patologia, potrebbero quindi diventare la chiave di volta per la scoperta di una terapia in grado di bloccare la patologia. Gli studi hanno infatti dimostrato l’efficacia, in vitro, di un farmaco in grado di riparare il danno funzionale indotto dalle mutazioni di IL1RAPL1 e SHANK3.

La difficoltà adesso sta nel restringere il campo e riuscire a individuare con precisione il momento e le modalità in cui insorge la mutazione genetica riscontrata. Uno degli ulteriori ostacoli alla  definizione di una terapia che possa  essere risposta valida a tutte le tipologie di autismo è la complessità funzionale dei geni che interessano la malattia. Come evidenziato da studi recenti, nel caso di bambini autistici sono infatti diversi i geni interessati da variazioni polimorfiche.

La soluzione, quindi, sembra sempre più quella del tempo: l’identificazione precoce di disturbi dello spettro autistico potrebbe consentire trattamenti terapeutici quando lo sviluppo neuronale è ancora in fase di formazione, quindi modificabile.
Ora, i passi da fare sono ancora molti, ma la strada sembra aperta.


PER INFO:

Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR)


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Francesca Martin

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