
Sul fronte dolore cronico, una richiesta chiara e netta, che ruota soprattutto sull'applicazione concreta di una legge che c'è ma che troppo spesso viene schiacciata dalla burocrazia, come è la L. 38/2010, è quella lanciata dalla Fondazione ISAL ai candidati delle prossime elezioni.
E lo fanno per punti. Primo: rendere uniformi in tutto il territorio nazionale i percorsi di diagnosi, cura e assistenza per chi soffre di dolore cronico, non "lasciando degenerare nell'indifferenza della burocrazia una norma di civiltà " come la legge 38/2010. Secondo: investire nella ricerca scientifica per arrivare a una terapia per quelle patologie che ora non ne hanno. Terzo: semplificare l'erogazione dei farmaci in grado di alleviare la sofferenza, come i cannabinoidi.
Dicevamo legge 38. Si tratta di una legge promulgata il 15 marzo del 2010, ma che solo il 25 luglio scorso ha visto l'intesa della conferenza Stato-Regioni per la definizione dei requisiti minimi e le modalità organizzative per realizzare in ogni regione una rete dei centri di terapia del dolore.
"La 38/2010 è una legge di civiltà , un orgoglio per l'Italia che è l'unico Paese europeo ad aver assicurato ai cittadini il diritto alla terapia del dolore, ma aspetta ancora di essere applicata" dice il professor William Raffaeli, presidente della Fondazione ISAL e consulente della Commissione nazionale "Cure palliative e terapie del dolore" costituita presso il ministero della Salute.
L'occasione del nuovo governo potrebbe rappresentare il momento in cui la questione venga affrontata con una certa completezza e finalmente si raggiunga una omogeneità nella terapia del dolore, scavalcando le differenze tra cittadini "di serie A e di serie B". Ricorda inoltre Raffaeli che nel 2014 l'Italia assumerà il semestre di presidenza del Consiglio dell'Unione Europea: "occasione per diffondere in tutta Europa il diritto a non soffrire".
Per la sua natura di "patologia non visibile", il dolore cronico paga questa non catalogazione, senza tenere conto che a soffrirne sono circa due milioni di italiani. Da qui la richiesta alle istituzioni di vigilare e soprattutto impegnarsi a fare di più: "Il dolore cronico deve essere inserito nei bandi ministeriali e regionali di ricerca - dice Raffaeli -, in modo da dare una speranza a chi, pur vivendo ogni giorno nella sofferenza per lesioni cerebrali, amputazioni, fibromialgia, esiti di herpes zoster, traumi, fratture, nevralgia e interventi malriusciti alla schiena, non è catalogato in alcuna patologia e quindi ha negato il diritto non solo alla salute, ma anche ad esenzioni, rimborsi e programmi di assistenza".
A questo si aggiungono le difformità regionali, quanto all'accesso di farmaci che possono essere di iuto nell'alleviare il dolore. Il riferimento è ai cannabinoidi ammessi dal ministero della Salute per il trattamento del dolore cronico centrale, per i quali la procedura di prescrizione c'è, ma evidenzia molti punti deboli, come testimoniato dalle differenze regionali nei tempi di erogazione dei farmaci.
Per informazioni:
Fondazione ISAL
tel. 0541 725165
e-mail info@fondazioneisal.it
sito www.fondazioneisal.it
Per approfondire:
La legge 38/2010
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SCOPERTA UNA PROTEINA CHE CAUSA IL DOLORE CRONICO. POSSIBILI NUOVE TERAPIE?
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Redazione