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Alcune città prevedono la chiusura dei centri diurni, altre ne limitano le attività. In generale, la collaborazione delle famiglie è fondamentale

In questi giorni di emergenza sanitaria da Coronavirus stiamo tutti sperimentando una situazione nuova ed eccezionale che impone dei cambiamenti nelle nostre routine e gestioni quotidiane. In numerose regioni d’Italia (soprattutto quelle che rappresentano zone focolaio del contagio) le chiusure di scuole, attività, musei, centri di aggregazione, la riduzione drastica di contatti sociali e la predisposizione di situazioni lavorative a distanza si sono imposte come misure necessarie al contenimento della diffusione del Covid 19, così come previsto dal decreto approvato dal governo il 22 febbraio scorso.

Si tratta di misure – le uniche che finora possiamo mettere in campo – per limitare al massimo che venga a verificarsi nello stesso momento il contagio di una vasta fetta di popolazione: a rischio sarebbe la tenuta del sistema sanitario. Per evitare di intasare gli ospedali bisogna frenare la diffusione del contagio: è questo l’obiettivo di misure che prevedono la sospensione di attività pubbliche e private (con l'eccezione dei servizi essenziali e di pubblica utilità) che devono però trovare un equilibrio con la quotidianità delle persone, evitando che le ricadute di questi interventi investano soprattutto le persone in situazioni già fragili, come possono essere gli anziani e le persone con disabilità.

Già le organizzazioni con disabilità hanno allertato sui rischi conseguenti la eventuale sospensione delle attività dei centri diurni e l’attuazione dell’isolamento (quarantena) che, limitando i servizi di assistenza domiciliare, potrebbero indebolire la rete di assistenza per persone con gravissime disabilità o non autosufficienti.

Inoltre, non dimentichiamo, poi, l'impatto della sospensione delle attività sugli stessi utenti, non solo sul fronte assistenziale ma anche di socialità e ricreativo. La maggior parte dei frequentatori dei centri residenziali hanno qui l'unica possibilità di relazioni sociali all'esterno della proria famiglia: non dimentichiamoci di questo.

Ma come vivono in questi giorni le famiglie con persone con disabilità? Come stanno impattando sulla loro quotidianità le misure straordinarie mese in campo in questi giorni? Raccogliendo le testimonianze di alcuni nostri lettori, in particolare sulla continuità o meno dei servizi resi dai centri diurni per persone con disabilità, innanzitutto emerge chiara la frammentarietà di interventi, che in alcune regioni o addirittura città sono naturalmente più restrittivi di altre. Emerge comunque il senso di collaborazione delle famiglie con le istituzioni, pur con le grosse difficoltà di gestione familiare che l’interruzione di alcuni servizi inevitabilmente comporta.

In Lombardia, ci segnala una lettrice, hanno sospeso gli interventi domiciliari degli assistenti alla comunicazione per i ragazzi con disabilità sensoriale. Per il resto chiuso come indicazioni. Alcune strutture invitano le persone più fragili a rimanere a casa, restando funzionanti però con le principali attività. Un'altra lettrice segnala: Abito in provincia di Milano e il centro frequentato da mio figlio è chiuso fino a data da decidere.

Ci segnalano centri diurni Anffas aperti a Torino e in provincia di Bologna, mentre a Sesto Calende (Varese ) tutti i servizi sia domiciliari che presso strutture funzionanti, solo scuole chiuse.

Al fine di non dover interrompere le attività, i centri chiedono anche la collaborazione dei parenti degli utenti, invitandoli a tenerli a casa in presenza di sintomi influenzali. Ci dice una lettrice: A Roma tutto aperto. Mia figlia frequenta un centro diurno a Grottaferrata. È aperto, oggi al rientro c'era però una comunicazione in cui si chiede alle famiglie di sospendere la frequenza in caso di sintomi influenzali anche in forma lieve. In ogni caso io mia figlia non l'ho mai mandata quando era raffreddata.

Numerosi sono coloro che, pur in assenza di chiusure o sospensioni di servizi, preferiscono (o possono) tenere a casa volontariamente i loro figli dai centri diurni: A Cittadella (Pd) le scuole, le chiese, le manifestazioni pubbliche sono state chiuse o interrotte, i centri diurni sono nei paesi limitrofi e non sono stati chiusi. Io sto tenendo mia figlia, disabile grave, a casa in maniera del tutto volontaria.

Anche quando le attività sono quindi garantite, c’è la prudenza dei familiari a mandare le persone ai centri diurni, pensando alle eventuali difficoltà di gestione di una persona ammalata in famiglia, come ben sanno i caregiver familiari. Scrive una lettrice: Aias di Pantigliate (Milano) lunedì era chiuso, oggi ha riaperto. Riceve dopo la verifica della temperatura. Ma noi non ci andremo, siamo da soli a Milano (marito sulla sedia rotelle) con bimbo di 6 anni. Se ci ammaliamo chi ci assiste? Il nonno di 70 anni?

A quanto pare, la situazione è eterogenea e per ora gestibile, ma quanto durerà? Una fattiva e concreta attenzione particolare da parte delle istituzioni affinchè venga garantito il supporto di quella fascia di popolazione già più fragile è quindi necessaria. Detto questo, l’eccezionalità di questa circostanza impone a tutti di fare la propria parte, tutelando in primis la propria salute e quella dei propri cari, come pure quella di chi ci sta a fianco. A questo proposito, ci permettiamo di consigliare la lettura di queste riflessioni dell’onorevole Luisa Noja sull’esercizio dell’empatia, di cui abbiamo così bisogno sempre, e ancor più di questi tempi. 


Redazione



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