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Risale a un anno fa la tragedia dell'esplosione dello shuttle Columbia, che ha visto la scomparsa del suo intero equipaggio.
Il loro sacrificio, però, ha dato un grosso contributo alla scienza, grazie all'invio, via satellite, di dati relativi ad alcuni progetti scientifici.
E sono stati presentati a Roma, in questi giorni, i primi risultati di uno dei progetti ospitati sul Columbia, che ha visto la partecipazione della divisione di Bioingegneria del Centro IRCCS "S. Maria Nascente" di Milano della Fondazione Don Gnocchi, in collaborazione con altri soggetti fra cui l'ASI (Agenzia Spaziale Italiana), l'ESA (Agenzia Spaziale Europea), la NASA (Agenzia spaziale americana), il Politecnico di Milano, l'Istituto Auxologico Italiano e l'Università di Milano-Bicocca.

Lo studio consisteva di alcuni esperimenti durante i quali si è cercato di capire come funziona, in assenza di gravità, il sistema cardiovascolare e, in particolar modo, qual è il grado di funzionalità del baroriflesso, uno dei meccanismi di "controllo" del corpo umano più importanti per la regolazione della pressione arteriosa.
In altre parole, si è cercato di stabilire quali siano i meccanismi nervosi che sono alla base dell'autoregolamentazione corporea della pressione e del battito cardiaco.
Le rilevazioni sono state condotte sugli astronauti stessi e inviate in contemporanea, via satellite, ad un laboratorio della NASA, negli Stati Uniti, dove alcuni ricercatori italiani si erano diretti per coordinare l'esecuzione a terra degli esperimenti sui piloti e raccogliere, poi, quelli provenienti dalla navicella in volo.

Il primo dei casi indagati è stata l'ipotensione ortostatica, per capirsi, quella che provoca giramenti di testa quando si cambia posizione o ci si alza da seduti.
Questo fenomeno può capitare anche alle persone sane, ma è frequente in soggetti anziani o diabetici fino a trasformarsi in uuna vera e propria patologia con vertigini e svenimenti che potrebbero portare a delle brutte lesioni.
Poiché un cattivo funzionamento del baroriflesso può essere tra le cause dell'ipotensione ortostatica, un approfondimento del funzionamento di questo sistema di controllo potrebbe portare allo sviluppo di contromisure in grado di limitare in futuro gli svenimenti improvvisi e le conseguenti cadute da parte dei soggetti più esposti.

Ora dai dati raccolti si stanno muovendo i primi passi con alcuni importanti risultati che sono stati illustrati a Roma, durante il congresso della Società Italiana di Cardiologia, dall'ingegner Marco Di Rienzo (coordinatore del progetto e responsabile della divisione di Bioingegneria FDG della Fondazione Don Gnocchi) e dal professor Gianfranco Parati (cardiologo dell'Istituto Auxologico e dell'Università di Milano-Bicocca).
"Grazie alle sofisticate apparecchiature scientifiche utilizzate per queste ricerche e alla trasmissione immediata a terra dei dati riguardanti gli esperimenti  in volo - affermano l'ingegner Di Rienzo e il professor Parati - è stato possibile raccogliere moltissime informazioni sui  meccanismi nervosi preposti al controllo del sistema cardiovascolare.
Tutto questo nonostante il drammatico epilogo della missione.
I dati raccolti sono attualmente in fase di elaborazione e  una valutazione definitiva del loro significato scientifico sarà possibile solo al termine delle analisi.
Tuttavia, gli interessanti risultati preliminari che stiamo osservando in questi giorni ci rendono estremamente ottimisti sulla possibilità di poter giungere entro breve ad una positiva conclusione della ricerca
".

Per informazioni
Fondazione Don Carlo Gnocchi Onlus
Tel. 02 40308.910-934  
E-mail ufficiostampa@dongnocchi.it  
Sito web www.dongnocchi.it

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