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Nei conflitti di guerra attualmente in corso nel mondo, più del 90% delle vittime sono civili. Migliaia di donne e bambini, ogni anno, rimangono uccisi, ma sono molti di più quelli che trascorrono il resto della loro vita mutilati e feriti. L'associazione umanitaria italiana Emergency, nata a Milano nel '94 per portare soccorso a queste persone, può contare su personale medico con esperienza di lavoro in situazioni di emergenza. Fin dall'inizio le attività di Emergency si sono concentrate in particolare sul trattamento e sulla riabilitazione delle vittime di mine antiuomo, ordigini assassini che in gran parte sono costruite anche in Italia. Nascono così ospedali in Iraq (precisamente nel Kurdistan iracheno), in Cambogia, in Afganistan, in Sierra Leone. Senza contare gli interventi specifici in Ruanda, Cecenia, Serbia, Eritrea. In guerra un buon medico fa la diagnosi affidandosi solo ai cinque sensi, senza strumenti e senza tempo a disposizione. Ci sono spesso emergenze che rendono inutile ogni nozione appresa in Italia, in compenso si impara in fretta a curare la malaria, le malattie tropicali, le meningiti. Le amputazioni, per dare qualche indicazione, sono tre al giorno in Cambogia, in gran parte causate dallo scoppio delle mine; due al giorno in Sierra Leone, dove un'alta incidenza è data da poliomelite e traumi gravi. La chirurgia di guerra non è solo quella delle mine, degli spari, delle ferite da arma bianca, ma anche quella chirurgia che indirettamente non si può più effettuare per colpa della guerra, tipo ernie o appendiciti, perchè l'ospedale è distrutto o perchè altre emergenze diventano prioritarie. La filosofia di Emerging, in sostanza, che finora ha curato oltre 285.000 persone e costriuto otto centri in tutto il mondo, non è quella di sostituirsi alle strutture mediche locali, ma quella di affiancarle per farle crescere insieme. Ogni progetto, autofinanziato, nasce con l'obiettivo di delegare poi completamente la gestione al personale locale.

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