La stretta sulla prestazioni a carico del SSN è solo la punta di un iceberg il cui impatto andrà a minare i diritti dei cittadini
La sanità e la salute dei cittadini sono da sempre temi "caldi" . Vi sono poi momenti, come quello che stiamo vivendo, dove il dibattito si fa veramente infuocato a causa degli interventi, attuati o ipotizzati, dal titolare del Dicastero competente in materia.
Ci si potrebbe soffermare a lungo sul famigerato taglio degli esami di laboratorio e prestazioni diagnostiche a carico del Servizio Sanitario Nazionale (più di un centinaio, potrebbero essere , tranne casi particolari, interamente a pagamento), nonché sui concetti di utilità e inutilità che ormai sembrano essere stati assurti a validi parametri di scelta, dimenticando d' un tratto, la labilità e soggettività che li contraddistingue.
MEDICINA DIFENSIVA - Preferiamo invece, in questa occasione, parlare di alcune proposte provenienti dalla Commissione consultiva ministeriale in materia di responsabilità professionale e medicina difensiva, termine con il quale si identifica quell'insieme di prescrizioni originate dal timore dei medici di essere oggetto di denunce da parte dei pazienti. Dette proposte potrebbero, qualora recepite, indebolire ulteriormente il cittadino e lasciarlo sempre più indifeso.
MALASANITA' E RESPONSABILITA' MEDICA - Nel documento stilato dalla Commissione si ipotizza l'introduzione di una distinzione circa la natura della responsabilità del medico a seconda che quest'ultimo operi all'interno di struttura pubblica o convenzionata (responsabilità extracontrattuale) oppure come libero professionista (responsabilità contrattuale). Potrebbe apparire un semplice dettaglio tecnico, ma così non è.
Fino ad oggi, la giurisprudenza civile ha affermato che il rapporto medico - paziente e di conseguenza la responsabilità medica è da ritenersi abbiano origine contrattuale (si veda da ultimo quanto affermato dalla Suprema Corte nell'ordinanza n. 8940 del 17.04.2014) .
Questa qualificazione garantisce, a coloro che siano stati vittime di malasanità, un termine di dieci anni per intentar causa al fine di ottenere il risarcimento del danno subito, e che siano i medici chiamati in giudizio a dover dimostrare di aver agito correttamente (c.d. inversione dell'onere della prova).
COSA CAMBIA - La realtà dei fatti ci dice che già con l'assetto normativo odierno queste cause sono tutt'altro che semplici e indolori; le indicazioni del pool di esperti non farebbero che peggiorare la situazione. Il cambiamento auspicato della commissione, oltre ad introdurre un distinguo che altro fondamento non ha, se non quello economico, porterebbe infatti con sé il dimezzamento dei tempi per agire (da dieci a cinque anni) e la non operatività dell'inversione dell'onere della prova.
Certamente una tal misura farebbe scendere rapidamente il numero delle cause civili e in materia, oggi circa 30.000 l'anno, e degli indennizzi, dando ossigeno alle casse pubbliche sotto vari profili.
Ma quale prezzo ha questo fantomatico risparmio ? Quello di far sentire il cittadino sempre più solo in un' eterna riedizione della mitica lotta tra Davide e Golia negando la giustizia.
Certo il vil danaro non ci potrà mai ridare l'integrità fisica e le opportunità perdute, ma potremmo avere la certezza di aver fatto sentire la nostra voce e esserci garantiti un futuro con qualche incertezza in meno.
Davvero si vuole in nome della spending review complicare la vita di cittadini già troppo spesso dimenticati e schiacciati? Non credo questa sia la strada da percorrere e mi permetto quindi con modestia, ma con grande convinzione di rivolgermi al Ministro della Salute affinchè sia lungimirante e si ricordi che esistono valori che oltrepassano la mera sostenibilità e convenienza economica, valori che rendono davvero grande un Paese.
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Dott.ssa Agnese Villa Boccalari