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L'amministratore di sostegno è una figura istituita con la Legge del 9 gennaio 2004 n. 6, a tutela di chi, pur avendo difficoltà nel provvedere ai propri interessi, non necessita comunque di ricorrere all'interdizione o all'inabilitazione.

I giudici applicano le leggi ma Chiara, che nella vita fa l’assistente sociale, ha voluto sottoporci il caso di un ragazzo che lei segue, al quale è stata rifiutata l’assegnazione dell’amministratore di sostegno.
Ecco quello che ha scritto “a caldo”.


Gentile Redazione,
sono un'assistente sociale e da tempo mi occupo della disabilità, avendo come fine ultimo, in tutto il mio lavoro, quello della salvaguardia e della valorizzazione delle risorse di cui ogni essere umano è dotato.
Mettiamo in discussione costantemente il nostro operato, per assicurarci che i nostri servizi non siano "contenitori della similare disabilità", ma promotori della ricchezza che sta nelle diverse abilità personali.
Abbiamo portato fuori casa ragazzi che venivano solo "accuditi con tanta dedizione" ed oggi ci troviamo ragazzi, giovani e meno giovani, che stanno vivendo una loro vita, che stanno facendo esperienze  e che sono capaci di pensare AL FUTURO.

Questa premessa, che spero vogliate perdonarmi, nasce dall'amarezza che oggi mi affligge…
Questa mattina ho ricevuto dal Giudice Tutelare l'esito della domanda per l'istanza, da me presentata, per l'individuazione dell'Amministratore di sostegno a beneficio di uno dei nostri ragazzi che sta vivendo in una situazione familiare piuttosto difficile.

E' facile intuire che la risposta è stata NO.
Le motivazioni:

- la disabilità del soggetto è permanente per cui non esistono presupposti per l'amministrazione di sostegno (la legge dice ANCHE temporanea e solo il Giudice non sa che cosa voglia dire ANCHE !!!)
- l'amministratore di sostegno si occupa quasi esclusivamente di questioni patrimoniali (come se molti servizi non si attivassero con il patrimonio. Per molti il patrimonio è rappresentato dalle pensioni e dalle indennità di accompagnamento…)

A corollario di tutto ciò, ho trovato di fronte due giudici tutt'altro che disposti a mettersi in discussione, CERTI di avere ben compreso lo spirito della legge.
Ho chiesto loro come mai le Associazioni dei disabili avessero accolto con entusiasmo l'approvazione di questa sospirata legge e, laconici, mi hanno risposto che avevamo preso tutti un abbaglio: l'interdizione e l'inabilitazione rimangono gli unici provvedimenti praticabili.
Quando ho spiegato che lavorare per l'autonomia entra in netto conflitto con il togliere diritti da sempre esercitati, hanno detto che forse i genitori dovrebbero interdire prima, non aspettare che lo debbano fare i loro successori.

Veramente non so che pensare... non so spiegarmi il perchè di tutto ciò... e, per ora, non riesco a capire se il problema è di questi due giudici o è da imputare alla Magistratura.
È un loro delirio personale o è un ordine di scuderia?

Mi piacerebbe sapere se avete notizie in merito, se altri giudici hanno dato altre interpretazioni di questa legge, che, per il mio poco capire, è seppur troppo CHIARA.
Viviamo veramente in un Paese strano.
Dove definiamo "normale" tutto e il contrario di tutto, dove l'interpretazione delle regole cambia radicalmente il gioco, dove continuiamo a scrivere "La legge è uguale per tutti", ma poi l'applichiamo in mille modi diversi.
È pur vero che le nostre leggi sono spesso criptiche, ma loro le sanno leggere?

Grazie per l'attenzione

Chiara


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