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Facciamo un passo indietro, tornando alle cronache del 1 novembre. Siamo in Francia , e 17 anni fa la madre di Nicolas L. , durante la gravidanza, viene contagiata dalla figlia, prendendo la rosolia: malattia generalmente innocua, ma terribile per le donne in gravidanza. Purtroppo ne' il medico ne' il laboratorio di analisi se ne accorsero, nonostante la madre li avesse insospettiti, anticipando che
nel caso avesse contratto la rosolia avrebbe preferito abortire. Poco dopo nasce Nicolas, gravemente handicappato. Ora, dopo 17 anni difficili, Nicolas e i suoi genitori vogliono essere risarciti dal laboratorio di analisi e da quel medico che non si accorsero di una malattia così comune. Risarciti, e qui sta la particolarita' della richiesta, per il fatto di essere nato, ed essere stato costretto ad una vita da handicappato: sordo, muto, non vedente, cardiopatico con grave ritardo mentale. E ai giudici della Corte di cassazione francese si pone una difficile questione: assodato che i genitori possono essere risarciti per quell'errore compiuto dai medici e che ha impedito loro di ricorrere
all'aborto terapeutico, resta da chiarire se il ragazzo puo' ottenere un risarcimento visto che l'unica conseguenza per lui, protagonista involontario di questo dramma, e' il fatto di essere nato. E la decisione e' storica, presa per la prima volta dalla Corte di Cassazione francese. Nicolas sarà risarcito perché fu fatto nascere. Il caso ruota intorno a un quesito: è meglio non nascere che nascere handicappato? Secondo la Corte, se solo avesse potuto saperlo, neanche Nicolas avrebbe voluto venire al mondo ed e' per questo che merita un risarcimento. La Corte dunque ha deciso di dare ascolto ai genitori del ragazzo. Adesso tocchera' alla corte d'appello di Parigi stabilire a quanto ammonta il danno subito da Nicolas. A questo proposito abbiamo ricevuto un commento sulla vicenda di Renato Salticchi, dirigente nazionale del Dipartimento sviluppo risorse e tutela dei bisogni di Forza Italia, che volentieri pubblichiamo. Al di la' di ogni considerazione morale, che pure sarebbe pertinente, cio' che appare stupefacente in questa vicenda e' il chiaro affermarsi, con la decisione assunta, di una concezione dell'uomo, e quindi della sua esistenza, che non giova per niente ai disabili, ma che tende invece a surrogare le paure dei "normali" e le loro abituali censure
nei confronti della diversita'. Intendo affermare che un conto e' risarcire i genitori da un errore diagnostico, altro e' riconoscere il diritto soggettivo a nascere sani: un diritto che non esiste
oggettivamente, ma che nel momento in cui si codifica giuridicamente diventa l'apoteosi di un dramma onirico, di una sorta di delirio collettivo, il cui unico manipolatore e' il potere della scienza. Cio' che la sentenza francese finisce per imporre alla riflessione comune e', in sostanza, una sorta di derubricazione di quel diverso modo di stare al mondo in cui si esprime appunto la condizione di disabilita', imponendo peraltro una soglia-limite alla sostenibilità della vita. Alla faccia persino di quella visione laica, non dico cristianamente ispirata, che si sforza di cogliere nella condizione di disabilita'- come in tutte le espressioni differenti del vivere- elementi di ricchezza e d'accrescimento per tutta la societa'. Perche' la strada per normalizzare la vita delle persone disabili e' certamente si'
quella di contribuire a migliorare la loro vita e le loro aspirazioni, con il conseguimento di tutti i diritti possibili, ma e' soprattutto quella di riconoscere la pertinenza della loro esistenza, il loro
diritto a stare al mondo perche' tali, giacche' starci in quella maniera non e' che una variante, possibile per tutti in ogni momento, di una qualunque vita normale. L'invisibilità del dolore, l'esorcismo della sofferenza, il delirio salutista che emerge dai giudici francesi diventa un tremendo atto d'accusa contro la condizione dei disabili, e dei piu' deboli in genere, spostando indietro in maniera gravissima quel poco o quel tanto che societa' civile e coscienza collettiva erano
riuscite a maturare, come elemento di comunione e di condivisione verso questa realta', costringendo la politica a prenderne atto.

Renato Salvicchi
Dirigente nazionale Dipartimento sviluppo risorse e tutela dei bisogni
di Forza Italia

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