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Gent. Ada,
sono un docente di scienze motorie coinvolto nell'integrazione delle persone con disabilità . Insegno nella scuola secondaria di primo grado e osservo con tristezza la migrazione degli alunni "certificati" nelle aule in cui viene loro impartita la lezione frontale con il docente di sostegno, mentre i compagni seguono la normale programmazione in classe. Tutto ciò è giusto? È previsto dalla normativa? Non si rischia di peggiorare la situazione, inculcando nella mente e nel cuore dell'alunno con difficoltà , che quello è l'unico modo col quale può stare nella scuola, può imparare? Non si rischia di farne un "handicappato" riconosciuto da lui stesso e dagli altri? Cosa posso fare per correggere la situazione?
Grazie per l'attenzione.
G.


La risposta dell'esperta scuola

Le suggerisco di leggere con attenzione e di diffondere il documento con il quale il MIUR ha voluto riassumere i principi e le norme che in Italia regolano e garantiscono l'integrazione scolastica da oltre trenta anni: "Linee guida  per l'integrazione scolastica degli alunni con disabilità " del 4 agosto 2009. In particolare, le cito un passaggio della premessa che mi sembra risponda alla sua richiesta di acquisire strumenti per "correggere la situazione": L'integrazione scolastica degli alunni con disabilità è un processo irreversibile, e proprio per questo non può adagiarsi su pratiche disimpegnate che svuotano il senso
pedagogico, culturale e sociale dell'integrazione trasformandola da un processo di
crescita per gli alunni con disabilità e per i loro compagni a una procedura solamente
attenta alla correttezza formale degli adempimenti burocratici. Dietro alla "coraggiosa"
scelta della scuola italiana di aprire le classi normali affinché diventassero
effettivamente e per tutti "comuni", c'è una concezione alta tanto dell'istruzione quanto
della persona umana, che trova nell'educazione il momento prioritario del proprio
sviluppo e della propria maturazione"
Quindi, le norme sull'integrazione scolastica prevedono proprio il contrario di ciò che lei descrive. Tuttavia, può verificarsi che nelle istituzioni scolastiche sopravvivano pratiche come quelle che lei descrive e rispetto alle quali ci sono tutti gli strumenti per intervenire e per far sì che alcuni errori siano evitati. In altre parole, ci sono le leggi, le circolari applicative, gli strumenti e le risorse per realizzare una vera integrazione scolastica. Tutto diventa molto più difficile quando a sostegno del processo di integrazione manca la cultura dell'integrazione stessa. In quei casi si può intervenire con la formazione declinata in tutte le sue forme: autoformazione, corsi, convegni, letture, ecc.

Ada Maurizio
dirigente scolastico

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