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emarginazioneDue episodi in un hotel trentino fanno riflettere su quanto la percezione dell’altro sia ancora oggetto di pre-giudizio inaccettabile


Nei mondi paralleli in cui pare di vivere a volte, esistono persone ed esistono etichette. Talvolta le seconde sono scambiate per le prime, ed è lì che si inceppa un meccanismo che porta al cortocircuito del vivere civile.
Questa breve riflessione mi nasce quando leggo notizie come quella di qualche giorno fa, che arriva da Pozza di Fassa, Trentino, dove due coppie di turisti hanno cambiato hotel perché si sarebbero sentiti infastiditi dalla presenza di una gruppo di disabili nel loro stesso albergo. I primi a fare dietrofront sono stati due coniugi che, al momento del check-in, si sono trovati nella hall insieme ad un gruppo di una quarantina di persone con disabilità fisiche e non, con i loro accompagnatori. Evidentemente sconvolti dalla presenza di queste persone che, a quanto riportano le cronache, erano tutti più o meno autonomi, composti e silenziosi, molto educati e cordiali, i due cortesi signori hanno preferito cambiare albergo, evidentemente prevedendo di non reggere alla cosa.


La seconda coppia a trovare inaccettabile la condivisione di spazi comuni dell’albergo con il gruppo di disabili era non giovanissima, e ha deciso di anticipare la fine della vacanza per non dover cenare con queste persone. Non è dato sapere che cosa temessero nello specifico, le cronache riportano che i due sarebbero stati infastiditi dalla presenza, soprattutto a tavola, di menomati. Si sa che, almeno a cena si vuol star tranquilli.

 

Ora, che un gruppo di persone con disabilità possa creare rumore o confusione è possibile, ma lo stesso può fare un gruppo di ragazzini, di giovani, di allegri vacanzieri che in compagnia si lasciano andare. Quello che non è comprensibile né accettabile, è il fastidio alla sola presenza di queste persone in spazi comuni. E questa considerazione la facciamo senza scomodare solidarietà o pietismo, di cui facciamo a meno, per cortesia. Non è accettabile che qualcuno abbia deciso che la semplice presenza di qualcuno possa essere causa di disturbo, aprioristicamente. Insomma, è il pre-giudizio, quello che uccide. Uccide il vivere comunitario, uccide l’intelligenza, uccide l’evoluzione come persone. Mortifica chi ne è oggetto e, davvero, imbrutisce chi lo sente.


In questa brutta storia, che ci restituisce solo uno dei fortunatamente tanti profili del prisma che è la nostra società contemporanea - quello fatto ancora di paura, ma anche di ignoranza, sì, ignoranza - sfruttiamo la visione laterale per intercettare però che qualcosa si muove in direzione opposta. Non tutto è perduto, e la realtà che ci circonda è anche altro. Vediamo un titolare, quello dell’albergo, che inorridito dall’accaduto, lo segnala all’Apt locale. Registriamo la presenza di ragazzi con disabilità in strutture alberghiere che li accolgono in maniera adeguata, spostando l’asta sempre più da un turismo accessibile a una “ospitalità per tutti”, lentamente ma inesorabilmente diventando la regola e non più l’eccezione.


E poi, sì, ci sono anche quelli che si sentono offesi dalla presenza altrui, disturbati da quello che, lo sanno già in partenza, sarà una deviazione dal loro sacrosanto diritto al riposo, in una vita che, certo, non gli invidiamo.

 

In disabili.com:

 

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Francesca Martin

 

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