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PROGRAMMA DI AZIONE DEL GOVERNO PER LE POLITICHE DELL'HANDICAP (2000-2003)


9. Europa

9.1 Oltre Amsterdam
Nel corso degli ultimi decenni, le iniziative promosse e sostenute dall'Unione Europea a favore di cittadini disabili, hanno indubbiamente favorito lo sviluppo e il consolidamento di più ampie politiche di integrazione sociale.
Sebbene gli interventi attuati siano stati orientati prevalentemente a sostenere percorsi formativi e propedeutici all'inserimento lavorativo, la loro applicazione negli Stati membri ha consentito confronti, scambi di esperienze e ha favorito la ricerca di obiettivi comuni da perseguire nelle politiche a favore dei disabili.
Programmi comunitari quelli Helios, incentrato su vari settori (riabilitazione, integrazione scolastica, formazione professionale) e altri, quali Horizon, volti a migliorare le prospettive di accesso al mercato del lavoro per le persone con disabilità, sostenendo lo sviluppo di azioni innovative nei vari sistemi formativi, di orientamento e di approccio al mondo del lavoro, hanno prodotto, attraverso la sperimentazione, la ricerca e lo scambio transnazionale, significativi mutamenti sia sul piano della percezione culturale del problema sia su quello delle concrete realizzazioni.
Pur a fronte di rilevabili criticità, come ad esempio, la complessità di accesso, la diffusione ed il trasferimento dei risultati scaturiti dalle molteplicità delle azioni e delle sperimentazioni realizzate nei vari paesi, difficoltà di "trasferimento dei risultati" cui va ricondotta, di conseguenza, la difficoltà di traduzione dei medesimi in "modelli europei di intervento" nonché la difficoltà di elaborazione di dispositivi comuni, atti a favorire omogeneità nei percorsi e nelle strategie, è maturata la convinzione che il percorso verso una effettiva affermazione delle pari opportunità anche per i cittadini disabili deve trovare costante attenzione presso l'Unione Europea.
Nonostante le oggettive difficoltà che complessivamente le politiche di Welfare attraversano in tutti i paesi dell'Unione, è necessario dare una maggiore visibilità alla complessiva tematica della disabilità e compiere un ulteriore sforzo, anche a livello comunitario, per realizzare un approccio "globale" al problema per poter orientare anche le politiche comunitarie non solo al sostegno, se pure di importanza strategica estremamente significativa, dei percorsi di formazione e di inserimento lavorativo, ma anche alla più complessiva sfera dei bisogni che i cittadini disabili esprimono sul versante, ad esempio, dell'assistenza riabilitativa, dell'assistenza alla persona, delle esigenze di residenzialità, del sostegno alle famiglie.
I nuovi orientamenti espressi dalla Comunità Europea per l'immediato futuro sembrano già cogliere l'esigenza di un "allargamento di orizzonte" focalizzando l'attenzione più generalmente sul riconoscimento delle pari opportunità per tutti e sulla centralità della lotta all'esclusione.
Il nuovo programma EQUAL, attraverso azioni e politiche integrate per il lavoro, si propone proprio di contrastare forme di discriminazione e di ineguaglianza e promuovere il raggiungimento degli obiettivi definiti dagli artt. 13 e 137 del Trattato. Ciò comporterà quindi la messa in campo di strategie atte ad incidere sulle condizioni strutturali dell'esclusione, e a diversificare, tramite singole politiche, il sostegno a particolari segmenti di utenza a rischio individuando strumenti e azioni che, travalicando gli ambiti del mondo del lavoro, siano in grado di agire sul complesso dei bisogni espressi.
Ciò anche per mettere in valore, attraverso azioni di diffusione e trasferimento, quanto si è elaborato e realizzato in questi anni in termini di politiche, "saperi" e strumenti di lotta all'emarginazione.
Si prefigura quindi una nuova modalità di accesso alle risorse europee che ponga l'esigenza di nuove modalità di progettazione, più attente a strategie "di concertazione" di ampio respiro, più articolate e capaci di sviluppare processi e percorsi di sussidiarietà a tutti i livelli e consideri i "mondi" interessati al raggiungimento di obiettivi di concreta uguaglianza.
Gli organismi di programmazione dovranno quindi attrezzarsi per mettere in campo strategie di più ampia portata, nel medio e lungo termine affinché ne possa scaturire maggiore visibilità ed evidenza di risultato.
Apprezzabile appare quindi il nuovo impulso che da EQUAL è finalizzato proprio alla valutazione e al trasferimento dei risultati.
L'auspicio è che da ciò possano scaturire "modelli europei" sostenuti da appositi dispositivi capaci di facilitare il percorso verso quel diritto di "cittadinanza europea" per tutti che passa attraverso il diritto al lavoro, alla socialità, alla mobilità e alla piena integrazione nella società.
Il 30 luglio 1996 la Commissione indirizzava al "Consiglio della Comunità Europea e dei Rappresentanti dei Governi degli Stati membri", riuniti in sede di Consiglio una Comunicazione molto articolata sulle "Pari opportunità per i disabili. Una nuova strategia della Comunità Europea nei confronti dei disabili" che conteneva un progetto di "Risoluzione" del Consiglio.
Il Consiglio il 20 dicembre 1996 adottava la Risoluzione che, in particolare, al punto 1 recita:
"Riaffermano il loro impegno per quanto concerne: i principi e i valori che sono alla base delle norme standard delle Nazioni Unite..."
Il problema delle opportunità dell'introduzione, nei Trattati europei, di una clausola di non discriminazione sulla base dell'handicap era già stato sollevato nella sede della Conferenza Intergovernativa, destinata a revisionare il Trattato di Maastricht.
La lunga discussione che ne seguì portò alla formulazione dell'art. 13 del Trattato di Amsterdam che stabilisce:
"Fatte salve le altre disposizioni del presente Trattato e nell'ambito delle competenze da esso conferite alla Comunità, il Consiglio deliberando all'unanimità su proposta della Commissione e previa consultazione del Parlamento Europeo, può prendere i provvedimenti opportuni per combattere le discriminazioni fondate sul sesso, la razza o l'origine etnica, la religione o le convinzioni personali, gli handicap, l'età e le tendenze sessuali. "
Ne consegue che la formulazione dell'art. 13 non dà al cittadino europeo con disabilità il diritto di ricorrere, in caso di discriminazione presso gli organi di giustizia, nazionali ed europei.
Il Governo assicurerà, pertanto iniziative nelle competenti sedi dell'Unione Europea tese a promuovere una maggiore attenzione ed un impegno particolare nel settore delle disabilità per l'adozione di opportuni provvedimenti, in particolare:
9.1.1 emanazione da parte della Commissione di una direttiva "specifica" sulla base del dettato dell'art. 13 del Trattato di Amsterdam, che garantisca l'effettiva applicazione della clausola "non discriminatoria" in tutti i Paesi membri;
9.1.2 introduzione nei trattati europei, da parte della prossima Conferenza Intergovernativa per la revisione del Trattato di Amsterdam di una clausola non discriminatoria, specifica per i cittadini disabili, che divenga fonte diretta di diritto;
9.1.3 implementazione delle iniziative e delle risorse finalizzate all'integrazione delle persone disabili.

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