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PROGRAMMA DI AZIONE DEL GOVERNO PER LE POLITICHE DELL'HANDICAP (2000-2003)

Premessa

L'adozione di un Programma di Azione per le politiche di superamento dell'handicap intende definire l'impegno del governo a favore delle persone disabili per il prossimo triennio, sulla base delle indicazioni avanzate con forza, da più parti, nel corso della prima Conferenza nazionale sull'handicap, promossa dal Ministro per la Solidarietà Sociale in attuazione dell'articolo 1 della legge 162 del 21 maggio 1998.

La Conferenza, che si è svolta a Roma dal 16 al 18 dicembre 1999, ha visto una significativa e convinta partecipazione di associazioni di disabili e di famiglie, di amministratori locali, di operatori dei servizi sanitari e sociali, della scuola, delle più importanti organizzazioni sindacali ed imprenditoriali, di pubbliche amministarzioni, di istituzioni ed enti interessati al tema quali INAIL, ISTAT, ENEA, Azienda Ferrovie dello Stato.

Nel corso dei lavori preparatori, della discussione generale e soprattutto dall'esame dei documenti conclusivi dei sette gruppi tematici nei quali si è articolato il dibattito della Conferenza con la partecipazione dei rappresentanti del Governo, sono emerse concrete indicazioni sulle iniziative e sugli indirizzi da intraprendere sia in campo legislativo che nelle scelte operative delle diverse amministrazioni per favorire un più elevato livello di integrazione ed una migliore qualità della vita per le persone disabili.
L'obiettivo è quello di dare piena attuazione a quanto previsto dalla legge - quadro 5 febbraio 1992, n. 104, ed ai principi e finalità ai quali essa si ispira.

Il Programma di azione proposto tende a realizzare i seguenti principi fondamentali:

- PRINCIPIO della "NON DISCRIMINAZIONE"

Occorre tenere presente che la società è costituita da un insieme di "diversità", ciascuna delle quali porta in sé specifici valori dei quali la società stessa deve essere messa in condizione di arricchirsi culturalmente;

- PRINCIPIO delle "PARI OPPORTUNITA' "

L'azione complessiva deve rendere ad eliminare lo svantaggio derivante dalla situazione di disabilità. Essa, cioè deve tendere alla eliminazione dell'"handicap", dell'ostacolo sociale che impedisce la piena partecipazione alla vita collettiva;

- PRINCIPIO delle "MAGGIORI GRAVITA' "

L'azione è strategicamente rivolta anzitutto a risolvere le situazioni di bisogno che gravano sulle persone con "gravissima"disabilità e delle loro famiglie che le assistono. Solamente risolvendo questi problemi sarà possibile ottenere insite od analoghe soluzioni nell'intero pianete della disabilità;

- PRINCIPIO della "CONCRETA INTEGRAZIONE"

L'azione dovrà essere particolarmente rivolta a rendere efficace quella legislativa, in modo da rendere effettivamente esigibili i diritti umani e sociali compressi dalle situazioni di disabilità. In tale direzione vanno potenziati i controlli inerenti l'attuazione delle leggi, i finanziamenti, l'eventuale iter giudiziario di garanzia;

Secondo le più recenti stime dell'ISTAT (Indagine multiscopo al domicilio delle famiglie, dati 1994, confermati dai primi risultati 1999), in Italia vivono al loro domicilio circa 2 milioni e settecentomila persone in età superiore ai sei anni definiti disabili a causa di limitazioni nell'espletamento delle attività nella vita quotidiana (confinamento individuale, disabilità nelle funzioni, difficoltà nel movimento, difficoltà nella vista, udito e parola).
Si giunge a circa 3.000.000 di disabili se si considerano anche i bambini al di sotto dei sei anni, e, soprattutto i ricoverati in istituzioni assistenziali o sanitarie.

Fra i circa 3.000.000 di disabili si possono stimare 1.100.000 con difficoltà motorie, 350.000 ciechi totali o parziali, 800.000 persone con problemi dell'udito più o meno gravi tra cui 49.000 sordi prelinguali (sordomuti) e circa 700.000 persone con disagio mentale.
Di questi, circa 1.200.000 si collocano nella fascia da 0 a 65 anni..

Soltanto in minima parte tali limitazioni vengono registrate alla nascita: infatti per il quattro per mille dei nuovi nati, circa 2.000 l'anno, vengono registrate malformazioni o malattie congenite invalidanti. La percentuale delle disabilità rilevate cresce in età scolastica quando si evidenziano in particolare le disabilità mentali.
Tra gli iscritti alle scuole elementari, infatti, il tasso degli alunni in situazione di handicap sale all'1,86 per cento ed al 2,50 per cento nelle scuole medie, con una prevalenza di soggetti con insufficienze mentali.

Nella fascia adolescenziale e dell'età adulta aumenta invece il peso delle disabilità fisiche che subiscono una forte impennata dopo i 15 anni per cause prevalentemente derivanti da incidenti sul lavoro, sulle strade, nella pratica sportiva e domestici.
Circa 60.000 persone sotto i 65 anni si muovono su sedia a ruote.
Nella terza età assumono invece sempre maggior rilievo gli esiti di malattie involutive e degenerative che determinano negli anziani alte percentuali di grave non autosufficienza, che cresce fino al 20 per cento oltre gli 80 anni, ed una larga diffusione di forme di cecità e sordità che supera il 15 per cento.

Il 15 per cento delle famiglie italiane è direttamente coinvolto nel fenomeno.

Il mondo della disabilità ha vissuto in Italia negli ultimi trenta anni profonde trasformazioni.
E' infatti a partire dagli anni 70 che prende corpo una importante azione di rinnovamento di servizi ed interventi, che coincide con la prima fase del decentramento delle competenze dallo Stato alle Regioni.
La costruzione di una rete di servizi sul territorio, in attuazione delle prime leggi regionali, prende poi ulteriore slancio dopo la riforma sanitaria del 1978 con la costituzione delle Unità Sanitarie Locali.
Si manifesta in questa fase un approccio innovativo al problema, non finalizzato più al ricovero, alla istituzionalizzazione o comunque a delineare percorsi paralleli o speciali, ma, al contrario, teso a costruire una rete di sostegno e di opportunità per la persona disabile e la sua famiglia, per rendere possibile e facilitare il processo di integrazione.

Fu però la legge 104, approvata nel 1992, dopo un lungo confronto parlamentare, a delineare per la prima volta nel nostro ordinamento un quadro organico di norme che fissavano principi ed indirizzi in tutti i campi della vita sociale per la prevenzione e la riabilitazione, l'accesso ai diversi gradi di istruzione e formazione, il lavoro, la mobilità, la fruizione delle strutture sportive turistiche e ricreative, l'accesso alla informazione e alla comunicazione, il sostegno alle famiglie, il servizio di aiuto alla persona, la residenzialità.
La legge quadro sull'handicap, per quanto limitata nella dotazione finanziaria, nei suoi otto anni di applicazione ha indubbiamente dato respiro alle politiche per il superamento dell'handicap, migliorando sensibilmente le condizioni di vita dei disabili e delle loro famiglie.

Il nuovo quadro legislativo, infatti, ha consentito alle Regioni di promuovere e realizzare interventi con l'obiettivo di migliorare l'assistenza, sanitaria e sociale, l'autonomia e l'integrazione sociale delle persone disabili nel contesto di vita quotidiana.
Oltre ad attività finalizzate a prevenire l'handicap, si è registrata una considerevole attenzione alla predisposizione di adeguate reti territoriali di servizi in favore di disabili e delle loro famiglie.
Le ASL e gli Enti Locali, in particolare, hanno promosso servizi di riabilitazione e favorito interventi di sostegno al nucleo familiare, attraverso l'assistenza domiciliare, aiuto personale, nonché, per le persone handicappate in situazione di gravità, interventi integrativi o sostitutivi del nucleo familiare come centri diurni riabilitativi e socio - educativi e strutture residenziali alternative agli istituti quali comunità alloggio e case famiglia, residenze sanitarie assistenziali, forme di affidamento.

Le politiche intraprese a livello regionale hanno concorso a raggiungere positivi risultati anche in altri settori di intervento disciplinati dalla legge quadro.
In particolare le attività di formazione professionale, grazie anche all'impiego di fondi europei, hanno coinvolto un numero crescente di giovani disabili ed ampliato le opportunità di integrazione nel mondo del lavoro attraverso il collocamento mirato, interventi di sostegno alla cooperazione sociale e all'imprenditoria locale.

A livello locale si sono inoltre moltiplicate iniziative volte a migliorare la mobilità delle persone disabili, nonché l'accessibilità e la fruizione dei mezzi pubblici, sia attraverso la concessione di particolari agevolazioni che attraverso l'adeguamento dei sistemi di trasporto.

Diverse, e in taluni casi innovative, sono le iniziative in atto per favorire e migliorare l'integrazione sociale predisponendo le condizioni per una più ampia fruizione di attività del tempo libero e della pratica sportiva.
Da parte degli Enti locali non sono mancati interventi per il superamento delle barriere architettoniche nelle scuole, negli edifici pubblici, nelle strutture ricreative e sportive.
Molte attività sono state realizzate grazie anche a forme di collaborazione con le associazioni e le organizzazioni del privato sociale.

Occorre rilevare che a livello regionale la promozione di adeguate politiche per il superamento dell'handicap e l'attuazione della legge quadro 104/92 non si manifesta in maniera omogenea.
Si riscontrano eterogeneità e situazioni diversificate sia riguardo alle produzioni normative di riferimento ma, ancora più, per quanto concerne le risorse economiche investite, la programmazione e la realizzazione di servizi territoriali.

Dall'analisi dei dati riportati nelle Relazioni al Parlamento, presentate annualmente dal Ministro per la Solidarietà Sociale si evidenzia un forte divario tra alcune regioni, soprattutto del Nord, ed altre, localizzate in particolare nel Sud.
Le regioni più avanzate hanno generalmente attuato in modo soddisfacente le disposizioni della legge quadro, dispongono di articolate strutture regionali di riferimento e di sistemi informativi.
Altre, pur manifestando processi di adeguamento, presentano difficoltà nel dotarsi di strumenti efficaci per una corretta ed adeguata realizzazione degli interventi previsti.
E ciò limita di fatto la piena esigibilità dei diritti civili e condizioni di pari opportunità per i cittadini disabili in diverse realtà territoriali.

La rete dei servizi territoriali ha indubbiamente alleggerito il carico assistenziale per le famiglie.
Così come importanti sono risultate le opportunità concesse ai lavoratori, genitori o conviventi di persone non autosufficienti, di usufruire di una serie di agevolazioni quali i permessi retribuiti per tre giorni al mese o due ore giornaliere per far fronte ad esigenze assistenziali, la possibilità di scegliere la sede di lavoro o di ottenere prioritariamente il trasferimento di sede; ciò a completamento di provvedimenti già in vigore da anni come l'indennità di accompagnamento, istituita con la legge 18 del 11 febbraio 1980, che ha garantito alle famiglie un aiuto finanziario per affrontare i costi dell'assistenza.
Al 31 dicembre 1998 usufruivano dell'indennità di accompagnamento, paragonabile alla super invalidità dei grandi invalidi di guerra e del lavoro, circa 839 mila invalidi civili gravi, 50 mila ciechi assoluti.
Erano invece 58 mila le indennità speciali per i ciechi parziali e 40 mila le persone sorde che beneficiavano delle indennità di comunicazione.

L'insieme di queste condizioni ha in primo luogo favorito l'avvio di un processo di inserimento nel sistema scolastico, prima in modo spontaneo, poi in modo sempre più diffuso e sistematico a partire dalla legge 517 del 1977 con l'istituzione degli insegnanti di sostegno, e, successivamente, con gli accordi di programma tra scuole ed enti locali.

Nell'ultimo anno scolastico, 1998 - 1999 sono stati circa 120.000 i bambini con disabilità che hanno frequentato la scuola di tutti.
L'integrazione ha interessato oltre 100.000 sezioni e classi comuni dei vari ordini e gradi d'istruzione. Ben 59 mila insegnanti di sostegno hanno rafforzato l'organico docenti.
Sono dati ormai consolidati, omogenei su tutto il territorio nazionale, che dimostrano un impegno forte e determinato dell'intero sistema scolastico che ha altresì consentito ad un numero limitato ma crescente di giovani disabili di approdare agli studi universitari.
Si stimano in circa 4.000 gli iscritti nell'ultimo anno accademico ai diversi atenei. L'esperienza dell'integrazione, per quanto ancora da migliorare sul piano dell'organizzazione e della qualità del servizio, non solo ha determinato una forte crescita sul piano sia culturale che sociale delle persone disabili, ma ha altresì contribuito significativamente alla diffusione in Italia della nuova cultura dell'integrazione.

A partire da quella esperienza è aumentata progressivamente tra le giovani generazioni di disabili la domanda di formazione e di lavoro e si sono creati i presupposti per i tanti risultati conseguiti, soprattutto quando i servizi formativi hanno mirato ad alti livelli di professionalizzazione o hanno costruito percorsi individualizzati tesi a realizzare un inserimento mirato, a collocare cioè il lavoratore disabile nel posto di lavoro a lui più adatto o anche quando, non rassegnandosi alle difficoltà occupazionali, si è promossa nuova imprenditorialità con la costituzione di cooperative sociali, finalizzate al collocamento dei disabili, soprattutto dopo l'approvazione della legge 381 dell'8 novembre 1991 che le ha formalmente riconosciute.

La domanda di lavoro di persone disabili negli ultimi anni è andata progressivamente crescendo.
Al 30 giugno 1998 risultavano iscritti alle liste speciali del collocamento obbligatorio 264.073 disoccupati disabili.
A fronte di questi si contavano 191.953 occupati nelle aziende pubbliche e private con almeno 35 addetti.
Pur stimando in 15 mila i lavoratori disabili occupati in circa 3.000 cooperative sociali, e quelli impegnati nelle libere professioni e nel lavoro autonomo, il tasso di disoccupazione si colloca intorno al 55 per cento.
E ciò fa rilevare un ritardo del sistema di collocamento e delle imprese a recepire i cambiamenti e la domanda di lavoro dei disabili; ritardo che deve e può essere rapidamente recuperato a partire dalla nuova legge, la n. 68 del 12 marzo 1999, entrata in vigore a regime il 18 gennaio 2000.
Tale legge ha esteso il campo di applicazione del collocamento obbligatorio alle piccole imprese, ha introdotto flessibilità, incentivi per le aziende e la possibilità di costruire percorsi individualizzati per il collocamento mirato.

Il lavoro è stato indubbiamente la condizione nuova che ha consentito a molti disabili di guardare alla possibilità di vivere nuove esperienze, di usufruire di inedite possibilità e delle occasioni che la società offre per l'impiego del tempo libero nelle attività culturali o sportive, nel turismo.
Numerose norme sull'eliminazione delle barriere architettoniche e sull'accessibilità del sistema di trasporti, a partire dal DPR 384 del 27 aprile 1978, inoltre, hanno iniziato a rendere più agevole la mobilità delle persone non autosufficienti e limitate nelle loro funzioni motorie soprattutto nelle grandi città.
E' in questo quadro che si collocano alcuni fenomeni inediti.
L'aumento del numero dei disabili che viaggiano su treni ed aerei.
Il forte incremento del movimento paraolimpico, che associa nella Federazione Italiana Sport Disabili circa 17 mila atleti praticanti le diverse discipline sportive.
La creazione di percorsi turistici accessibili, adattati alle esigenze di chi vive disabilità motorie o sensoriali, o l'attenzione delle strutture recettive alle esigenze del turista con bisogni particolari.
Sono segnali importanti che non devono però far sottovalutare che resta ancora molto da fare per migliorare i livelli di fruibilità delle sale cinematografiche, dei teatri, degli impianti sportivi, dei locali di ristoro, degli spazi pubblici ed anche per migliorare l'accessibilità del trasporto urbano e soprattutto di quello ferroviario e marittimo.

Sono quindi diversi i settori nei quali occorrerà sviluppare azioni efficaci ed innovative, e diverse le sfide che il mondo della disabilità lancia alla società.
La più impegnativa sarà nei prossimi anni quella di garantire una condizione di vita integrata alle persone gravemente non autosufficienti che restano prive del sostegno del nucleo familiare.
Sta infatti invecchiando la generazione di famiglie che negli anni sessanta, pur in assenza di servizi adeguati, fece la scelta di assistere in famiglia i figli con handicap grave, rifiutando la prospettiva del ricovero in istituzioni chiuse e separate.
Sono le stesse famiglie che in quegli anni, riunite in associazioni, diedero vita ai primi servizi di assistenza e di riabilitazione sul territorio.
Si tratta ora, attraverso una serie di misure di tutela giuridica, di natura fiscale ed assistenziale far sì che quelle esperienze di integrazione non debbano essere interrotte e che quelle persone, pur gravemente non autosufficienti, possano continuare a realizzare il loro progetto di vita anche senza il sostegno dei genitori.

Nel corso della tredicesima legislatura, Governo e Parlamento hanno riservato una notevole ed inedita attenzione ai problemi della disabilità.
Sono stati approvati numerosi provvedimenti, alcuni attesi da anni ed oggetto di ripetuti dibattiti nelle precedenti legislature. Non si è però voluto ripercorrere la vecchia strada delle legislazioni quadro per ridefinire ulteriori diritti e principi.
Molto più concretamente si è cercato di dare corpo e concretezza ad una serie di obiettivi già definiti dalla legge 104/92.
Si è inteso soprattutto indicare nell'impiego delle risorse e nell'erogazione dei servizi la priorità dell'assistenza alle situazioni di maggiore gravità per fornire un più adeguato sostegno alle persone non autosufficienti ed alle loro famiglie.
La legge 284 del 28 agosto 1997 sui ciechi pluriminorati e la legge l62 del 21 maggio 1998 sull'handicap grave hanno trasferito alle regioni nel triennio 1998 - 2000 ben 202 miliardi finalizzati al rafforzamento degli interventi di assistenza a domicilio, semiresidenziale e residenziale alla persona ed al nucleo familiare.

Sono state emanate linee guida per la riabilitazione ed è stata avviata la riorganizzazione degli istituti atipici per finalizzare nuove risorse e competenze all'integrazione scolastica.
E'stata approvata nel 1999 la legge n. 17 del 28 gennaio per sostenere ed agevolare gli studenti disabili che frequentano le università.
Si sono introdotte agevolazioni fiscali ad altre forme di sostegno alle famiglie.
Significative, inoltre sono state diverse disposizioni sulla disabilità inserite in normative generali, come la legge 28 agosto 1997 n. 285 sull'infanzia, che prevede interventi rivolti anche ai bambini e agli adolescenti in situazioni di handicap, sono state adottate disposizioni tese ad agevolare la vita delle persone disabili quale ad esempio l'autocertificazione dell'handicap prevista dall'art.39 della legge 448 del 23 dicembre 1998.

Particolarmente importanti sono state le norme tese a facilitare la mobilità.
Tra queste il rifinanziamento per 70 miliardi della legge 13 del 9 gennaio 1989 per l'eliminazione delle barriere architettoniche anche negli edifici privati e le agevolazioni fiscali per l'acquisto di autovetture adattate per il trasporto delle persone con diverse disabilità sia fisiche che sensoriali che ne limitino l'autonomia.

Si è sostenuto lo sviluppo di nuove imprese sociali, affidando tale compito e consistenti risorse a Sviluppo Italia.
Ma soprattutto è stata approvata dopo 25 anni di dibattito parlamentare la nuova legge n. 68 del 12 marzo 1999 sul collocamento obbligatorio dei disabili, che ha superato vecchie ed inadeguate procedure burocratiche e recepito le migliori esperienze di collocamento mirato condotte nel Paese.

Sono infine in fase di discussione altri provvedimenti di rilievo quali quello sull'amministratore di sostegno, che potrà ridurre i casi di ricorso a strumenti giuridici penalizzanti quali l'interdizione e l'inabilitazione.
E' soprattutto in fase avanzata l'esame del disegno di legge di riforma dell'assistenza nell'ambito del quale, oltre alle risorse per rafforzare la rete dei servizi, è previsto il riordino del sistema dei trattamenti assistenziali per quelle persone con gravi disabilità che non sono in condizioni di lavorare e per le quali è necessario garantire trattamenti adeguati a condurre una vita dignitosa.
Il numero delle persone che fruiscono di pensioni ed assegni di invalidità civile si è attestato nel 1998 a circa 800.000 unità, con un trattamento di circa 395.000 lire mensili.

Per rispondere a tante vecchie e nuove sfide del mondo dell'handicap la Conferenza Nazionale ha indicato obiettivi e linee di lavoro, ma soprattutto ha sollecitato le istituzioni, sia centrali che periferiche, a non limitarsi a promuovere i pur necessari provvedimenti legislativi e regolamentari, ma a definire, con il concorso delle associazioni e delle diverse amministrazioni, un vero e proprio programma di azione da attuare nel corso del triennio, da verificare nella seconda Conferenza Nazionale che dovrà essere organizzata dal Governo fra tre anni.

Il Programma, adottato dal Consiglio dei Ministri, richiederà per la sua attuazione il concorso di tutte le amministrazioni. Per questo motivo occorrerà una forte azione di coordinamento, che non può che essere affidata alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, che potrà esercitarla attraverso la Commissione Interministeriale, già istituita presso il Dipartimento degli Affari Sociali con Decreto del 16 dicembre 1996.
Tale organismo, del resto, nel corso dei suoi tre anni di vita, ha già esercitato positivamente tale funzione.
Ad esso infatti sono legati tanti risultati positivi che il Governo ha potuto registrare, attraverso l'azione quotidiana degli uffici preposti nelle diverse amministrazioni ed atti amministrativi finalizzati a migliorare servizi, prestazioni ed opportunità di integrazione per le persone disabili.

Le associazioni dei disabili e delle loro famiglie, che già nella fase di elaborazione del programma sono state coinvolte ed hanno potuto partecipare con proposte ed osservazioni alla sua stesura, eserciteranno un'utile azione di collaborazione operativa e di controllo attraverso la Consulta Permanente di Associazioni di Disabili e delle loro famiglie.
Tale organismo, istituito con Decreto del 30 dicembre 1996 presso il Dipartimento Affari Sociali, raccoglie le più rappresentative associazioni che sono impegnate in campo nazionale sulla materia.

In riferimento alla indicazione delle modalità di finanziamento degli interventi previsti dal presente Programma, si precisa che le azioni richiamate e da attuarsi nell'ambito della legislazione vigente risultano finanziabili nei limiti degli stanziamenti previsti, mentre gli impegni assunti alla presentazione alle Camere di nuovi provvedimenti legislativi saranno condizionati al rispetto della disciplina ordinaria in tema di programmazione finanziaria.

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