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Federico Girelli, Presidente del Comitato Siblings, scrive una lettera alla sorella, una donna con disabilità

Riceviamo e pubblichiamo questo scritto di Federico Girelli, Presidente del Comitato Siblings – Sorelle e fratelli di persone con disabilità www.siblings.it (i grassetti sono nostri, ndr).

Cara sorella mia,
                            seguivo oggi i lavori dell’Assemblea della Camera dei deputati.
In questo periodo di emergenza sanitaria, in cui i professori di diritto costituzionale (come me) discutono (giustamente) sulla correttezza di intervenire con DPCM o con decreto legge, io scrivo a te, che a quarantadue anni non sai leggere e non sai parlare.
Ti scrivo perché non ti posso venire a trovare: nemmeno posso scrivere “ovviamente non ti posso venire a trovare”, poiché non so che cosa tu abbia capito di quello che sta accadendo.
Certamente avrai notato che se prima ogni tanto (sempre troppo poco) passavo da te, è un po’ che non mi vedi a casa; è un po’ che non senti i miei passi attraversare il lungo corridoio che conduce in camera tua; è un po’ che non ti vengo a cercare per parlarti, per chiederti qualcosa, per darti una carezza, per ascoltare il tuo silenzio, che per me è sempre stato tanto significativo.
Ti scrivo per tornare a parlarti, per dirti che mi manchi, grato a Mamma e a Papà, che ti leggeranno questa mia, che vuole essere un gesto di presenza, di vicinanza a te in questi giorni in cui siamo costretti tutti a restare lontani, ma sentiamo i nostri cuori appiccicati.
La Mamma, sempre bellissima, ma non più giovanissima, che si è sempre fatta in 4, 8, 16, 32… si è industriata anche di fronte all’emergenza ed ha imparato a fare la videochiamata sul suo telefono, per farti vedere i tuoi fratelli; ha addirittura attivato Skype sul suo computer per non farti perdere la lezione di yoga.
La tecnologia aiuta, ma non basta; non mi basta.
Ora che non posso venire da te, penso a quante volte ho pensato di farlo e non l’ho fatto perché l’avrei fatto sempre DOPO il lavoro, DOPO aver accompagnato i bambini da qualche parte, DOPO aver fatto la spesa…
Sorella mia, quando cesserà questa lontananza, ora necessaria per il bene di tutti, per non sbagliare cercherò di trasformare questi DOPO in PRIMA: so già che non sempre ci riuscirò, ma l’esperienza di questi giorni non la dimenticherò e sarà per me monito e impulso perché i PRIMA siano almeno più dei DOPO.
Mi manchi tanto, mi chiedo che cosa mai tu possa pensare dentro di te di tutto questo.
Soprattutto: tu pensi? Io ho sempre voluto che sia così, ho sempre voluto credere che tu comprendessi quello che ti dicevo. In passato mi è stato detto (forse a buon diritto) che proietto su di te miei pensieri, che in realtà tu non produci. Magari è così, magari no.
Quel che so è che siamo cresciuti insieme e a me è sempre sembrato che fra noi due ci capissimo.
Adesso siamo grandi ed è tutto più complicato per entrambi, ma siamo ancora, e lo saremo sempre, quello che eravamo da bambini: fratelli.
Questo nostro legame ci terrà sempre uniti: ci tiene uniti anche adesso che non possiamo incontrarci.
Non so se puoi comprenderlo, ma spero che tu possa sentirlo: ti voglio bene, tanto bene.
Non sono molto bravo a dimostrartelo, ma credimi, è così.
Non vedo l’ora di poterti riabbracciare.
So bene che non ami le confidenze, ma, quando potrò tornare a farlo, confido sarai comprensiva nei confronti di questo tuo vecchio fratello.

Ciao, sorella mia
Tuo
Federico

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