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Orari flessibili al lavoro, una maggiore attenzione ai parenti che assistono un congiunto in ospedale, un occhio di riguardo anche ai sentimenti delle famiglie sono le richieste di Marina Cometto

Nelle famiglie che hanno tra i propri componenti una persona con disabilità – magari grave - il desiderio di sfogo della loro rabbia è qualcosa che viaggia continuamente sulla superficie dei giorni. Superficie che spesso e volentieri è, insieme alle gioie quotidiane, un vaso colmo di preoccupazioni, frustrazioni e ingiustizie a tanto così dall’essere definitivamente fatto deflagrare. E’ il sommarsi di fatiche e avvilimenti, di diritti non concessi, di battaglie alla burocrazia o all’ignoranza del fuori; è anche solo la stanchezza di una vita che, sì colma, è carica di preoccupazioni e sforzi che sembrano soli e infiniti.

Ma da questo desiderio di sfogo, che nei casi più drammatici sfocia in inenarrabili terribili tragedie - del cui fragore sordo siamo svegliati dalla cronaca, prima di riassopirci - nasce spesso l’impegno in prima linea, la discesa in quel campo di battaglia dove il nemico non sono solo le quotidiane, inevitabili e imprevedibili difficoltà della vita, ma l’handicap creato dalla società.
E’ da questi terreni di battaglia che non di rado nascono eserciti di famiglie che combattono per i loro diritti, che creano soluzioni a problemi che conoscono meglio di chiunque altro, che fioriscono iniziative di auto-mutuo aiuto.

Ascoltare le famiglie di persone con disabilità è, quindi, ascoltare il bisogno nella sua essenza, nella sua originaria forza distruttrice e vitale insieme.
Tendere le orecchie alle difficoltà, ma soprattutto ai suggerimenti delle famiglie, dovrebbe essere il primo comandamento di chi si prodiga negli ambiti politici su questi fronti perché la politica possa essere a tutti gli effetti servizio ai cittadini. E allora un piccolo suggerimento lo cogliamo dalle parole di una mamma, che sulla piazza virtuale di Facebook dice quali sono gli interventi della politica che vorrebbe. Lei è Marina Cometto: sua figlia Claudia, ragazza con Sindrome di Rett, è il suo pensiero e la sua occupazione principale, diurna e notturna, da oltre quarant’anni.
Scrive così Marina:

LA POLITICA CHE VORREI
In un momento storico difficile come quello che stiamo vivendo, la politica deve dimostrare nei fatti e non solo a parole la vicinanza ai problemi dei cittadini e fare in modo di risolverli o perlomeno impegnarsi e lavorare seriamente per limitare le ingiustizie sociali, i soprusi ai danni delle persone più fragili e permettere a tutti i cittadini il riconoscimento delle Pari Opportunità.
Nessun cittadino deve più sentirsi oggetto che subisce le decisioni di altri, ma soggetto attivo nel contesto sociale lavorativo e politico.
(…)
Facciamo cultura della disabilità, progetti e richieste di pari opportunità.
Pari opportunità nel lavoro, attraverso orari flessibili, rispetto delle leggi a tutela del lavoratore e dei permessi riconosciuti dalle leggi, ma spesso non consentiti.
Nella sanità sarebbe utile permettere alle mamme dei bambini e adulti disabili di avere pasti gratuiti e di lavarsi e cambiarsi con rispetto della privacy, durante la loro continua permanenza in ospedale accanto ai figli, e di prevedere maggior attenzione anche alla loro presenza come assistenza per i loro figli.
Nei sentimenti, affinché mamme e famiglie possano prendersi cura dei figli senza doverli ricoverare per incomprensibili decisioni a livello politico: la domiciliarità deve sempre avere la precedenza sui progetti.
Nel tempo libero, avendo la garanzia di poter affidare il proprio figlio disabile a qualcuno che sia effettivamente preparato ad assisterlo.

Chiediamo di poter vivere una vita vera e che i nostri diritti vengano rispettati, senza il bisogno di doverci battere in continuazione per farli valere.
 
In disabili.com:
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Francesca Martin 

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