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malattie-rareIl lavoro, la scuola, la vita di relazione: cosa cambia e come cambia per chi vive una rara patologia

Si sono già spenti i riflettori sulla giornata internazionale delle malattie rare. E anche questa è fatta! Effettivamente dopo la festa della mamma, del papà e della famiglia, sarebbe stato veramente sconveniente scordarsi di alcuni sfortunati affetti da una di queste 7000 patologie note. Non poche.

Si calcola che in tutto il mondo ogni settimana ne vengano scoperte cinque, tra nuove forme e varianti delle precedenti. Alcune di queste sono talmente rare da riguardare pochi casi. Ad esempio in Italia ci sono solo 6, fra adolescenti e bambini, affetti dalla Sindrome di Crisponi, una malattia progressivamente invalidante, se non fatale.

Non si può restare indifferenti ai problemi che da sempre affliggono il mondo della disabilità , perché è di questo che poi si parla. Chi è affetto da una malattia rara sperimenta sulla propria pelle la difficoltà di sopravvivere perché spesso mancano centri specializzati, perché ancora non è stata trovata la cura, farmacologica o genica, perché mancano i fondi per la riabilitazione, perché mancano gli operatori per queste strutture. Perché?
Sono parole di Gabriella La Rovere, mamma di una ragazza disabile di 17 anni, affetta da sclerosi tuberosa.


L’Istituto per gli Affari Sociali ha recentemente condotto uno studio per rilevare i bisogni assistenziali e i costi sociali ed economici per i malati rari e le loro famiglie. Si tratta di un progetto volto a indagare sulle condizioni di chi vive le malattie rare per poter fornire delle risposte istituzionali.

Per prima cosa secondo questo studio assistere un malato raro in Italia è incompatibile con l’attività lavorativa. Il 32% dei padri e il 46% delle madri sono infatti costretti a modificale la propria situazione occupazionale. Nel 23% dei casi sono entrambi i genitori a dover rinunciare all’attività lavorativa, o quantomeno al full time.

Per 45 genitori su 100 il Centro Clinico di riferimento è fuori dalla regione di residenza, il che comporta spese non indifferenti e problemi organizzativi più o meno seri.
20 famiglie su 100 devono spostarsi dalla propria città per effettuare la specifica terapia prescritta al malato raro e sono ben 13 su 100 le famiglie che ancora non hanno un centro clinico di riferimento specifico per il trattamento della patologia del malato grave.

E’ bene ricordare che in meno di dieci anni i tempi diagnostici per le malattie rare si sono ristretti sensibilmente. Negli ultimi 5 anni l’80% dei casi di malattia rara ha avuto come prima diagnosi quella definitiva e una miglior precisione diagnostica comporta la possibilità di accedere più rapidamente al percorso terapeutico e riabilitativo, riducendone così almeno i costi sociali.

Lo studio si sofferma anche sull’ aspetto economico delle malattie rare. Nel 2010 è stata approvata una normativa sull’esenzione dalla partecipazione ai costi per parte delle Malattie Rare, che ha migliorato le cose non di poco. Le spese necessarie alla diagnosi risultano quindi coperte, ma i costi di cura e assistenza non sono stati modificati in maniera rilevante.
Una volta ottenuta la diagnosi infatti il 61% delle famiglie dichiara di dover affrontare le spese per assistenza e cure, che per la maggior parte dei casi supera i 500 euro mensili. In molti casi (22%) c’è bisogno di aiuto finanziario, che viene dato da parenti o viene chiesto a banche e finanziarie.

Per capire meglio quale sia la realtà abbiamo però voluto chiedere una testimonianza a chi vive la malattia rara nella propria quotidianità .
Per questo abbiamo intervistato Gabriella La Rovere, mamma di una ragazza affetta da sclerosi tuberosa e Marinella (Marisa) Melis, che ha una figlia affetta da una rara malformazione cerebrale.


malattie_rareGabriella, lei è mamma di una ragazza diciassettenne, affetta da una rara malattia che si chiama sclerosi tuberosa. Com’è cambiata la sua vita lavorativa e relazionale da quando assiste sua figlia?
Sono un medico e la scoperta della malattia ha fatto sì che lasciassi i miei sogni e la carriera in ospedale per lavorare in libera professione e non sempre in maniera continuativa. I primi anni sono stati difficili per la gravità del quadro clinico che ci ha costrette a ripetuti ricoveri e controlli. Il reparto di neuropsichiatria infantile stava diventando la nostra seconda casa e non quella delle vacanze!

La mia vita è cambiata totalmente. Crescere un figlio disabile è come scalare una montagna: sei felice per ogni passo che fai verso la vetta, passo che è costato fatica, estrema attenzione...è anche vero che ti capita di fermarti per riposare ed allora apprezzi la bellezza di ciò che hai attorno. Guardi in basso e dici "Caspita, sono già arrivata fin qui!" ed hai nuovo impulso per procedere nel cammino.

Qual è l’aspetto più duro nell’affrontare una patologia rara a suo avviso?
La disabilità coinvolge l'intera famiglia, molto spesso abbandonata dalle istituzioni. Integrazione è una bella parola con la quale riempirci la bocca e che obbliga il disabile a scendere a patti con la popolazione normodotata. C'è questa assurda idea di "normalizzare" il disabile senza rendersi conto delle sue esigenze: è un adeguamento unilaterale, scelto dalla maggioranza, perchè molto più semplice e senza tante rotture di scatole.

In Italia ci sono diversi centri di riferimento, ma sono pochi rispetto al numero delle malattie. La politica sanitaria è rivolta più alla prevenzione dei tumori e alla cura di malattie croniche perchè coinvolge una grossa fetta della popolazione...per tutti gli altri si penserà
Gabriella

Marisa, lei è mamma di una ragazza affetta da una malattia rara. Ha dovuto lasciare il lavoro per assistere sua figlia? La sua vita è cambiata in maniera radicale?
Io non ho lasciato il lavoro per assistere mia figlia. Nessuno dovrebbe lasciare il lavoro perché una volta usciti è difficilissimo rientrare in quel circuito.
Certo la mia/nostra vita familiare è cambiata perché sono cambiate le priorità . L'epilessia della ragazza (che è farmaco-resistente) è legata al sonno e ci ha costretti a stare più attenti e svegli la notte. Per noi i giorni di riposo non sono di svago/viaggi, ritrovo con gli amici, diventano proprio giorni di riposo per recuperare la stanchezza delle notti inframezzate dalle veglie.
C'è poi anche il resto della famiglia che richiede delle attenzioni.
La vita cambia inoltre per le preoccupazioni, per il suo futuro, per la paura dell'evolversi della malattia e soprattutto per il pensiero del "dopo di noi" che sentiamo molto forte.

Le malattie rare spesso sono accompagnate da una drammatica indifferenza da parte delle istituzioni. Lei si è sentita abbandonata? Ha un Centro di riferimento al quale rivolgersi e una rete alla quale appoggiarsi?
Nei primi anni mia figlia è stata seguita malissimo. Errate valutazioni mediche ci hanno segnato e cambiato profondamente...ci sentivamo dei naufraghi sopra una zattera con il mare forza 8 (tanto per dare un esempio) .Ogni risveglio, speravo che quello vissuto fosse soltanto un brutto sogno .
Poi dopo varie peripezie siamo approdati al BESTA di Milano, UN CENTRO di altissima professionalità a livello nazionale per i problemi neurologici. Pur non avendo ancora il nome di una sindrome possiamo contare su un'assistenza medica che non lavora sull'accanimento, ma ogni indagine è fatta con l'informazione e l'approvazione della famiglia. I farmaci sono dati dopo accurate riunioni con gli specialisti, per il paziente il riferimento è UN MEDICO ma lavorando in equipe , in questo Istituto non esiste il lavoro in solitudine e questo mi dà la tranquillità data dalla valutazione di molteplici punti di vista.

La rete alla quale appoggiarci ce la siamo creata nel tempo, frequentando internet, seminari e convegni abbiamo conosciuto altri genitori con i quali abbiamo formato dei gruppi di auto-aiuto che hanno portato a Pedagogia dei Genitori
e a GenitoriTosti.
Lo scambio di informazioni è importante, sentire la vicinanza di persone che vivono situazioni simile alle tue ti aiuta ad andare avanti, nella speranza che la ricerca scientifica trovi delle soluzioni ai nostri GRANDI problemi.
C'è tanto da fare....ma tanto....
Auspicherei più calore umano da parte delle maestranze verso di noi...all'inizio del nostro percorso non l'abbiamo avuto.....ora ci sentiamo avvolti da una rete amica e non siamo più soli!!!

Mia figlia ha una ipo-agenesia del corpo calloso, e stiamo ancora cercando la causa dell’epilessia farmaco resistente, che potrebbe essere una displasia corticale.
Con l'arrivo di nuovi macchinari ogni giorno aggiungiamo un pezzetto nuovo al puzzle della sua malattia, per questo io credo molto nella ricerca scientifica.
Voglio anche dirti che mia figlia cammina - parla - va a scuola - visivamente non si nota niente....può svolgere una vita sociale normale perché LE CRISI EPILETTICHE SONO TANTISSIME - QUOTIDIANE - MA LEGATE SOLO AL SONNO e penso che nella disgrazia siamo STATI FORTUNATISSIMI.
Martina pratica in palestra Karate da 8 anni ...addirittura è cintura marrone 1° kiu con i normodotati...partecipa a tutti gli stage e il 25 maggio 2009 si è classificata terza per la sua categoria a LIVELLO REGIONALE nei combattimenti (sono due disabili in palestra con i normodotati) .....sempre con i normodotati. Fa equitazione sempre da 8 anni ed ha il suo cavallo Poison, fa corsi di vela e guida l'optimist, partecipa a laboratori di teatro - ed il suo ruolo è stato sempre di narratrice (legge magistralmente bene) .
Il giorno la sua vita è tranquilla con i suoi limiti cognitivi
La notte.........è come è!!!!

Marisa

Lo studio sulle malattie rare è stato realizzato dall’Istituto per gli Affari Sociali, in collaborazione con la Federazione Italiane Malattie Rare Uniamo FIRM Onlus, Orphanet e Farmindustria.
Le Associazioni che hanno partecipato allo studio sono le seguenti: Associazione Bambini di Cri du Chat (ABC); Associazione Estrofia Vescicale Onlus (AEV); Associazione Italiana Cistite Interstiziale (AICI); Associazione Italiana Neoplasie Endocrine Multiple di tipo 1 e 2 (AIMEN 1&2); Associazione Italiana Pazienti Anderson-Fabry (AIPAF); Associazione per l'Informazione e lo Studio dell'Acondroplasia (AISAC); Associazione Italiana Sindrome di Williams (AISW); Associazione per la ricerca sull'Epidermolisi Bollosa Distrofica (DEBRA); International Aicardi-Goutières Sindrome Association Italia (IAGSA); Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare (UILDM). In totale sono stati raccolti 392 questionari.

Per info:
http://www.istitutoaffarisociali.it/
I genitori tosti


In DISABILI.COM:
COME SI CRESCE SE SI HA UN FRATELLO DISABILE?

L'UNIONE EUROPEA PER COMBATTERE LE MALATTIE RARE

Ilaria Vacca

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