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bimbo down53 anni, inglese: la sua è una storia la leggere

Si chiama Alex Bell, ha 53 anni, vive in Inghilterra. Una donna come tante? No, perchè questa signora ha adottato otto bambini con la sindrome di Down e se ne prende amorevolmente cura nella sua casa con dieci camere da letto fuori Manchester. In questa intervista, tratta dal portale Italia Notizie, e realizzata da Daniela Domenici, parla di uno di loro, Nathan:

"Ho visto per la prima volta Nathan che mi sorrideva da una foto in una rivista di adozione: era un bellissimo neonato felice e solo tre righe dopo c'era scritto: "bambino di tre mesi necessita di una nuova casa. Sindrome di Down. Nessuna complicazione." E' stato come se la fotografia mi saltasse addosso e acchiappasse il mio cuore: sapevo semplicemente che sarebbe stato mio. Avevo già adottato tre maschietti più grandi, tutti con la sindrome di Down, ma desideravo ardentemente tenere per la prima volta un neonato tra le braccia. Mi avevano già dato l'approvazione per adottare di nuovo quando mi capitò per caso di vedere la foto di Nathan. Telefonai immediatamente. Non giudico le persone che danno i propri neonati in adozione. Come si può dire cosa si provi in quella situazione in cui le speranze e i sogni di un figlio perfetto svaniscono? Spesso ci sono matrimoni che non vanno e altri figli da crescere, non tutti hanno il supporto necessario per far crescere un figlio che può avere difficoltà . Ma io volevo realmente incontrare la mamma di Nathan prima che diventasse mio, volevo sapere chi fosse, come fosse e capire un po' perché fosse arrivata a questa decisione. L'adozione era stata approvata e gli assistenti sociali avevano organizzato che io incontrassi Nathan nella sua casa natale. Era il bambino più bello che avessi mai visto con enormi occhi scuri. Era amichevole, felice e ben curato. Ho pensato alla madre che lo stava dando via e mi sono resa conto di che inferno stesse vivendo. Ho pensato: "vuole vedermi per capire dove il suo bimbo stia andando."

Sue, la madre, era in un grande tormento, sul suo viso c'era tutta l'agonia, non era una donna che stava dando via il suo bambino perché non voleva avere fastidi o perché voleva un figlio perfetto, era una madre che amava teneramente il suo bambino e che era in uno stato fisico e mentale tremendo. Abbiamo preso una tazza di tè insieme e le ho raccontato della mia vita con i bambini, lei è sembrata rilassarsi, ho percepito perfettamente che se lei avesse avuto più sostegno intorno avrebbe tirato su da sola il suo bambino. Fummo d'accordo che lei sarebbe rimasta in contatto con Nathan; io sono sempre onesta con i bambini: sanno sempre da dove provengono, che hanno altre madri naturali. Volevo che Nathan crescesse sicuro nella consapevolezza che anche la sua mamma naturale lo aveva amato.

Un mese dopo presi Nathan e lo portai a casa come figlio mio. All'inizio i nostri contatti furono sporadici ma appena Nathan si sistemò cominciai a scriverle o a telefonarle giusto per farle sapere quanto fosse felice. Eravamo tutti così felici, per me la gioia di tenere un neonato tra le braccia e dargli il biberon significava così tanto, non avevo mai avuto così tanta felicità . Ho deciso che volevo adottare bambini quando avevo 22 anni e lavoravo come insegnante in una scuola speciale. Avevo dei fidanzati ma l'emozione dell'amore proveniva dai bambini con cui lavoravo, non dagli uomini che incontravo. Non ho mai sentito il desiderio di sposarmi ma volevo prendermi cura di un bambino che avesse bisogno di me.

Ci sono voluti quattro anni per essere accettata come idonea all'adozione, perché in quei giorni era quasi impossibile per una donna single adottare, e altri 12 mesi prima che mi trovassero un bambino. Finalmente nella primavera del 1984 l'assistente sociale mi chiamò per dirmi "Questo è il tuo bambino". Mi ha fatto vedere la foto di Matthew, un bambino con la sindrome di Down che aveva quasi due anni; era bellissimo, i capelli castani chiari e gli occhi blu. Una settimana più tardi mi hanno portato a vederlo nella sua casa a Watford e me ne sono innamorata; i primi sei mesi sono stati duri, Matthew piangeva tantissimo, ma una volta che si è ambientato mi sono resa conto che desideravo lui avesse un fratello o una sorella. Il secondo bambino è stato Simon, anche lui con la sindrome di Down. Aveva anche una brutta condizione cardiaca e un'aspettativa di vita di cinque anni. Chiesi un terzo bambino da adottare e mi fu dato Adrian, che aveva nove anni, anche lui aveva la sindrome di Down ed era anche autistico. Adoravo essere la madre di questi tre bambini ma volevo realmente sperimentare l'intera esperienza del neonato: cambiare pannolini, tenere un piccolo corpicino caldo tra le braccia. In quel momento arrivò Nathan nella mia vita, è stato un tale onore essere sua madre, lo amo tanto quanto avrei potuto amare un figlio biologico. Forse il mio unico rimpianto è l'enorme dolore che Sue ha provato dopo la sua nascita, entrambe abbiamo continuato ad avere altri bambini: Sue ha avuto un altro maschietto, io ho adottato altri quattro bambini con la sindrome di Down. Nathan è ora un fratello e un figlio felice e molto amato. Quando vedo Sue e suo figlio insieme vedo il dolore sparire dai suoi occhi; non mi sento mai gelosa del tempo che trascorre con lei, voglio che i miei bambini si sentano più amati possibile. In conclusione, Sue ed io vogliamo la stessa cosa per Nathan: dopotutto siamo entrambi le sue madri.

Cosa ne pansate? Ne parliamo nel FORUM...


Fonte

SULLA SINDROME DI DOWN:

Il Corriere della sera

Wikipedia

FAQ sulla Sindrome di Down

SULL'ADOZIONE DI BIMBI DISABILI:


ADUC salute

Mamme On Line

Fondazione Promozione Sociale


IN DISABILI.COM

"NON HAI UN AMICO DOWN? NON SAI COSA TI PERDI..."

PADOVA, AL ‑¬à‹Å“GAZZETTINO’ UN CHIRURGO DICE: "OPERIAMO I DOWN"


[Redazione]

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