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Una lettrice ci scrive delle sue difficoltà a prenotare un soggiorno per la madre, affetta da Sla, in una struttura ricettiva italiana

Ci troviamo in una società nella quale convivono bizzarri e inaccettabili paradossi. Ci attiviamo in molte campagne social dimostrando solidarietà a cause sociali (serie, onorevoli e sacrosante, invero), ma capita anche che ci sentiamo disturbati dall’altro, soprattutto se malato, diverso, sofferente.
Ci scrive una lettrice, di cui pubblichiamo la testimonianza, a dimostrazione che i molti proclami di inclusione e solidarietà si scontrano con realtà nelle quali la sola vista di una persona malata può creare disagio. Disagio che si traduce, di fatto, in discriminazione. Pubblichiamo per intero la sua testimonianza, certi che farà amaramente riflettere, ancor più se consideriamo che si celebra domani la Giornata Mondiale sulla SLA.

Mi chiamo M. L. T.  Sono la figlia di Anna, affetta da SLA, tracheostomizzata e con la PEG.  Quest'anno con la mia famiglia ho pensato di far evadere un po' mamma e di portarla in vacanza qualche giorno.
Dopo una attenta analisi, approfondite ricerche, ho individuato una struttura che mi è piaciuta da subito. Ho valutato alcuni aspetti: la distanza da casa non è eccessiva, la struttura offre una stanza dedicata alle persone disabili, c'è un panorama mozzafiato, gli spazi sono ampi, è un quattro stelle quindi l'ospitalità sarà di un certo livello.

Dopo aver inviato la richiesta di preventivo in cui ho specificato che avevo necessità della stanza per disabili (peraltro pubblicizzata anche su booking), ho comunicato alla struttura alberghiera la necessità di rivedere il costo alla luce del fatto che mia madre NON mangia e quindi non avrebbe potuto beneficiare del trattamento in mezza pensione. Ho chiarito anche alcuni aspetti inerenti la "gestione" del quotidiano di mamma che fanno capo al caregiver e che non avrebbero in alcun modo interferito con la vita dell'hotel. A questo punto mi chiedono di avere un contatto telefonico.

Qui arriva la delusione: in due parole, con molti giri di parole, mi fanno capire che il "malato" di SLA non è molto gradito.
Avverto l'imbarazzo della persona con cui parlo - che effettua la telefonata da una stanza diversa dalla reception - ma avverto anche che nelle molte obiezioni che mi rivolge, c'è la difficoltà di ammettere che il problema NON sono io, ovvero mia madre ma il vero problema è l'HOTEL. La presenza di questa persona MALATA a quanto pare è motivo di tensione perchè rovina l'immagine della struttura. E' un problema di vetrina. Che tristezza. In questi hotel gli animali sono ammessi con un supplemento di € 15,00/die mentre gli umani normali - anche se affetti da una patologia - sono velatamente rifiutati. L'hotel, il direttore o la persona con cui ho parlato, non ammetteranno mai di aver rifiutato un ospite, ma l'hanno fatto dal momento in cui hanno impedito di prenotare.

Le "scuse" addotte sono le più disparate ma tutte miravano ad un unico risultato: farmi desistere. Ho desistito annullando qualunque tipo di possibile prenotazione; ora anche gratis NON soggiornerei nella struttura.
Quello che mi avvilisce è che l'ospitalità - peraltro profumatamente pagata - è stata violata, ed è stato negata una possibilità ad una persona a cui la patologia ha già tolto molto, ma non la dignità e la normalità.
Mia madre, come tante persone che combattono con la SLA, è una persona NORMALE che chiede, cerca e deve avere NORMALITA'; oggi purtroppo il concetto è molto deformato.. e spesso si perde di vista l'essere umano, la persona e la sua sofferenza, in nome di una apparenza, di una immagine che sovente sono vuoti e privi di significato.

M.L.T.

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