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insegnante con alunno sui banchi di scuolaBotta e risposta sulle pagine dei giornali sulla riforma del sostegno: permangono dubbi e incertezze

Si è tenuto nei giorni scorsi sulle pagine dei giornali un vivace confronto sul futuro della figura dell'insegnante di sostegno. A. Sofri, ha scritto  una riflessione che traduce numerose perplessità circa le proposte di riforma che vorrebbero separare le carriere dei docenti di sostegno da quelle degli insegnanti curricolari, impegnandoli in scelte definitive e trasformando, di fatto, attraverso percorsi di formazione separati, il ruolo da essi ricoperto nella scuola. Quest'ultimo, si sostiene nell'articolo, si approssimerebbe a quello degli esperti di area medica, allontanandosi dai profili di carattere educativo.

Immediata è stata le replica delle associazioni, la cui proposta appare prossima ad alcune di tali prospettive, che potrebbero trovare presto concretizzazione attraverso le deleghe assegnate al governo all'interno del DDL 2994. La FISH e la FAND hanno sottolineato che l'esigenza di una riforma del ruolo e delle competenze dell'insegnante di sostegno sia nata dal basso, in seno alle famiglie e che vi è stato su di essa un lungo confronto con il MIUR. Tale ruolo, sottolineano, non si sovrappone a quello delle figure assistenziali, ma rimane educativo, nell'azione di sostegno. Si fa inoltre riferimento ad interessi consolidati e visioni corporative che renderebbero le proposte di innovazione non ben accolte. Non solo. Secondo il presidente della FISH, V. Falabella, l'istituzione di ruoli per il sostegno e quindi di una laurea dedicata, impedirebbe di usare il sostegno per avere accesso ai ruoli curricolari. C'è anche chi si è espresso in maniera ancora più radicale, parlando di una pacchia che deve finire.

Anche il sottosegretario D. Faraone è tornato sull'argomento e in una recente intervista, ha ribadito che le competenze mirate garantirebbero inclusione e personalizzazione. I presidi, ha affermato Faraone, conoscono a inizio anno il numero e le patologie dei ragazzi disabili, si possono formare subito i docenti di cui la scuola ha bisogno. E' tornato però sull'argomento anche un altro articolo, nel quel si afferma che una reale inclusione deve fondarsi non sull'iperspecialismo ma sulla diffusione delle competenze proprie della didattica speciale, estese a tutti i docenti. Prossimo a tale posizioni appare D. Ianes, il quale, dopo il recente congresso della Società italiana di pedagogia speciale (Sipes), ha espresso molte perplessità circa una formazione universitaria specifica e un ruolo blindato sul sostegno: prima si diventa insegnanti e poi ci si specializza. Diversamente, c'è il fortissimo rischio che meccanismi di delega del tipo "pensaci tu che sei specializzato" saranno ancora più probabili. Occorre invece formare tutti gli insegnanti sull'inclusione e affiancare a questi delle figure di sistema specializzate.

Accogliamo con piacere il vivace interesse mostrato da giornalisti, politici, associazioni ed esperti di pedagogia speciale. Accoglieremmo con piacere il proseguire di un dibattito costruttivo, in cui potessero avere voce anche i docenti. In fondo si tratta del loro lavoro.

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Tina Naccarato

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