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Negli ultimi anni è cresciuta la consapevolezza delle specificità dei DSA, ma è ancora tanta la strada da fare

Ci siamo occupati più volte dei Disturbi Specifici dell'Apprendimento (DSA), dei Piani Didattici Personalizzati (PDP), dei dati statistici riguardanti le diagnosi ed anche di alcuni episodi di discriminazione riguardati gli alunni con DSA.

Gli strumenti conoscitivi e di intervento sono oggi molteplici ed eterogenei e molte sono le occasioni formative per i docenti. Tuttavia, ancora oggi non pochi restano i pregiudizi, anche sociali, riguardanti le persone con DSA e spesso, anche nelle famiglie, si fatica ad inquadrare il disturbo nelle sue specificità. Così, infatti, ha scritto un papà nelle settimane scorse: dislessico uguale pigro, dislessico uguale meno intelligente, somaro. Il pregiudizio è tenace. Sì, anche tu che stai leggendo lo hai pensato. Lo so, l'ho fatto anch'io, prima di scoprire che mio figlio dodicenne, uscito dalle elementari con soli dieci e poi scarso nel rendimento alle medie, lo è. Da quel momento ho iniziato a studiare il suo cervello e la letteratura scientifica sulla dislessia, e a capire che non gli manca la voglia di studiare, non cerca scuse, come pensavamo noi, genitori e professori. È solo dislessico ... Lo so, ora stai pensando che oggi, con la certificazione e con gli strumenti compensativi, i dislessici vengono aiutati. È vero e non è vero. Il pregiudizio persiste, ci sono professori convinti che la certificazione sia una scorciatoia che i genitori ricchi comprano ai figli svogliati. Invece la certificazione è un male necessario, il dislessico è costretto a farsi "marchiare" per ottenere qualcosa che il miope considera suo diritto: gli occhiali … Qualcuno sarà sorpreso, ma leggere non è un'attività che coinvolga le capacità cognitive. La certificazione di dislessia si dà solo a chi ha un QI nella media, e spesso i dislessici risultano ampiamente al di sopra. Mio figlio, per esempio.

Poi ci sono le storie delle vittorie, del lieto fine, come quella di Tiberio, dislessico e laureato ad Oxford. Non ho mai mollato - racconta Tiberio -, anche se per qualche esame ho dovuto studiare tre volte più degli altri, utilizzando senz'altro strumenti di facilitazione, di tipo compensativo e forse anche dispensativo, provando, insieme alla famiglia ed ai docenti, le vie più agevoli per accedere all'apprendimento.

Non è semplice: i DSA possono riguardare la lettura come il calcolo, o la scrittura, in termini di grafia ed ortografia e le difficoltà possono essere più marcate in un aspetto o in altri. Le indicazioni operative sono numerose, ma non esistono ricette perfette per tutti. Ciascun alunno, ciascun bambino è una persona, ha un proprio modo di apprendere, ha specificità nello stile di pensiero, nelle intelligenze. E ciascun patrimonio di potenzialità deve incontrare gli strumenti che gli sono propri. E' un cammino indubbiamente complesso, ma non certo impossibile. Servono competenze diffuse, cassette degli attrezzi ricche e molteplici, che possano fornire strumenti adeguati per tutti e ciascuno. Alcune regole, però, possono essere sempre utili ai diretti interessati ed agli operatori, come ad esempio il decalogo per rendere più accessibile la lettura, di cui si è parlato in un recente seminario CEI:
- mantieni corte le frasi;
- preferisci il semplice al complesso;
- preferisci le parole familiari, più conosciute;
- evita le parole inutili;
- metti l'azione nei verbi;
- scrivi come parli;
- usa i termini che il lettore può descrivere: collegati alle esperienze del lettore;
- fai uso abbondante di varietà;
- scrivi per esprimere, non per impressionare.


Buona lettura!

APPROFONDIMENTI
MIUR: Area DSA


In disabili.com

Mio figlio è dislessico. Cosa fare?

DSA: strumenti disponibili in rete

Tina Naccarato


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