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La condizione dei bambini disabili in tutto il mondo è fragile. Anche in Italia c’è ancora molto da fare

I bambini ed i ragazzi con disabilità hanno bisogno di attenzioni e cure educative importanti, finalizzate al superamento delle situazioni di handicap, alla massima autonomia possibile, all’inclusione scolastica e sociale. Eppure questo non sempre accade ed anzi molto spesso la realtà mostra condizioni di fragilità sociale, di vulnerabilità, di trascuratezza. In tutto il mondo essi hanno bisogni speciali e la mancata risposta ad essi comporta esclusione.


Il Rapporto dell’Unicef per il 2013 sulla condizione dell’infanzia nel mondo mostra un quadro desolante: i 93 milioni di bimbi in condizione di disabilità sono indifesi e vulnerabili e non solo nei Paesi in via di sviluppo. Sono tra le persone più emarginate al mondo e a questo dramma si aggiunge anche la discriminazione di genere, dato che le bambine hanno ancora più scarse possibilità dei maschi di ricevere cibo o cure. Sono ancora troppo pochi i Governi che destinano organicamente risorse per supportare i bambini con disabilità. Basterebbe ricordare, a tal proposito, che circa un terzo dei Paesi del mondo non ha ancora ratificato la Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità (2006).


Come stanno le cose in Italia? Certamente alcune urgenze fondamentali sono state già affrontate in passato e molto si è fatto in direzione dell’affermazione dei diritti inalienabili di ciascuno. Anche da noi, però, la strada da percorrere è ancora tanta. Nel nostro Paese l’impegno per l’inclusione dei bambini e dei ragazzi con disabilità è stato affidato in primo luogo alla scuola, quale spazio privilegiato per la creazione di opportunità per tutti. Questo però viene sempre realizzato?


L’articolo 24 della Convenzione ONU, ratificata in Italia nel 2009, è dedicato proprio all’educazione. In esso si stabilisce che le persone con disabilità hanno diritto ad un’istruzione inclusiva, senza discriminazioni, basata sulle pari opportunità, finalizzata al pieno sviluppo del potenziale umano, della dignità, dell’autonomia, della personalità e della partecipazione. E’ perciò bandita ogni forma di esclusione e raccomandato il ricorso ad un accomodamento ragionevole con sostegno adeguato, funzionale ai reali bisogni di ciascuno e finalizzato alla piena integrazione.


Tutte le leggi italiane in materia di disabilità ed integrazione scolastica affermano questi principi. Eppure, nelle cronache, si registrano ancora non poche forme di disagio e discriminazione: bambini che non vengono assistiti nelle cure igieniche dal personale incaricato, che vengono portati dai docenti in aule di sostegno, ragazzi che vengono isolati o derisi dai compagni o, ancora,  famiglie che vengono invitate a far seguire al figlio un orario di lezioni ridotto o a non mandarlo nelle uscite didattiche. Tutto ciò ha ben poco a che vedere con i principi dell’inclusione e lascia davvero attoniti.


Potremmo dire che questi episodi siano riconducibili all’incuria dei singoli, certamente. Se però a questo aggiungiamo che sempre più spesso anche le ore di sostegno si conquistano nelle aule dei tribunali, essendo ormai decine di migliaia i ricorsi ai Tar vinti dalle famiglie con figli disabili, o che le sbandierate assunzioni nel sostegno vengono procrastinate di anno in anno, di mese in mese, non possiamo che concludere che il Paese intero debba rileggere con attenzione le stesse leggi che ha siglato.

 

APPROFONDIMENTI

Rapporto UNICEF sulla condizione dell’infanzia nel mondo 2013

 

IN DISABILI.COM:

Report dell’Istat sull’integrazione

Educazione inclusiva solo sulla carta?

Studenti disabili svantaggiati in tutta Europa

Bambini disabili, i dimenticati del mondo

 

Tina Naccarato

 

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