"Immaginiamo di dover progettare un termostato, facile d'uso sia per i disabili che per gli anziani. Dobbiamo pensare, però, anche ad altri possibili utenti, come ad esempio una badante straniera, o un bambino di dieci anni, perché in genere anziani e disabili non vivono da soli. In questa maniera, il progetto diventa per tutti".
Con questo esempio l'architetto e professore Luigi Bandini Buti descrive il senso del Design for All. Un modo di concepire ambienti, sistemi e prodotti che persone con diverse abilità ed esigenze possono fare propri senza dover ricorrere a modifiche o adattamenti. Un approccio in cui il confronto diretto con le diversità è alla base di ogni progetto.
Design for All è anche un'associazione internazionale, che per l'Italia (www.dfaitalia.it) ha come presidente proprio Bandini Buti. E lo stesso professore è nel gruppo di docenti che, da febbraio 2013, insegnerà al primo corso di alta formazione in Design for All al Consorzio del Politecnico di Milano.
"L'obiettivo è formare professionisti consapevoli che per progettare bisogna sentire le persone, le loro diverse esigenze - commenta Bandini Buti - Non bisogna partire dai principi di un manuale, o dall'idea dell'uomo standard. Bisogna iniziare dai problemi che emergono con il coinvolgimento sociale e dal confronto con le diversità . Il progetto è dibattito, e la diversità è una risorsa". Nel Design for All, dunque, niente soluzioni a priori. Ad esempio, se si deve realizzare una cucina accessibile anche a un disabile, "non si deve pensare subito a un piano di cottura ribassato, ma bisogna confrontarsi con chi vive in quella casa - sottolinea il professore - Se sulla sedia a rotelle è la madre di famiglia, allora lo strumento della cucina è suo, e bisogna pensarlo in funzione delle sue attività quotidiane. Discorso diverso se sulla carrozzina è una persona che cucina di rado o mai".
Per superare, poi, il problema delle barriere architettoniche, Design for All suggerisce soluzioni diverse da quelle pensate finora da molti architetti. Spesso, infatti, chi progetta tende a lasciare in un secondo momento, e a figure specializzate, il compito di porre apposite rampe, maniglioni o altri adattamenti. "Ci stiamo battendo perché si costruiscano case con l'idea che, se un domani ci sarà una persona in carrozzina o cieca, sia naturale aggiustare gli spazi" specifica Bandini Buti . E aggiunge: "Se si realizzano prodotti e ambienti solo per disabili, si opera in una nicchia molto, piccola. Noi invece vorremmo occuparci di tutti, perché tutti potrebbero avere particolari esigenze. Pensiamo, ad esempio, a una donna incinta, o a una persona che dopo un'operazione deve spostarsi con le stampelle".
Il confronto con i potenziali utilizzatori dei vari progetti ideati sarà alla base del corso, che è aperto non solo ad architetti e designer, ma anche a figure diverse come psicologi, pediatri, esperti di marketing. E decisori nelle aziende, come pure nelle pubbliche amministrazioni. "Pensiamo ad esempio a chi commissiona le panchine per un giardino pubblico - illustra Bandini Buti - Anziché richiedere un modello unico, si potrebbe pensare a diversi tipi di seduta, anche strani, adatti sia a un giovane sia a un anziano, che magari trova un appoggio per alzarsi facilmente".
Alla fine del corso, i partecipanti otterranno una certificazione e sapranno occuparsi di progetti orientati al Design for All sotto l'aspetto tecnico, gestionale e organizzativo.
Nella foto, un esempio di Design for All: "Abbraccio", seggiolino contenitivo per auto o per casa, pensato per bambini gravemente disabili, ma utilizzabile da tutti. Design Paolo Favaretto e Avril Accolla
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Roberto Bonaldi