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profio di una persona senza capelli composto esclusivamente da pillole che sta per ingoiare una pillolaL’iter per l’approvazione di una nuova cura è molto lungo  e rigoroso: l’obiettivo è di mettere in commercio  un prodotto efficace e sicuro per la salute dei cittadini

In questi ultimi tempi si è molto parlato di farmaci, sperimentazioni e approvazione di terapie mediche, a seguito anche del clamore mediatico della vicenda Stamina. E’ quindi importante fare chiarezza non solo su come un farmaco o una nuova terapia vengono definitivamente approvati e resi disponibili per i malati, ma anche su quali strumenti è bene utilizzare per non cadere nella rete degli “spacciatori di speranze” in ambito medico, dei santoni o così via.


OBIETTIVI DELLA SPERIMENTAZIONE - Innanzitutto, come funziona la sperimentazione di un farmaco o di una terapia? Come si passa da un esperimento alla definitiva messa in commercio del prodotto o approvazione di un protocollo terapeutico? Come sappiamo, prima che una nuova cura o un farmaco siano messi a disposizione dei cittadini sono necessari anni di studio e sperimentazioni, nelle quali la sicurezza del paziente è messa al primo posto. E’ quindi fondamentale capire ad esempio non solo se e quanto il nuovo farmaco possa essere efficace, ma anche valutarne eventuali effetti collaterali, che possono essere anche molto gravi, così da valutarne benefici e svantaggi reali.
Gli step sono diversi e rigorosi, e rispondono a un iter di sperimentazione specifico che prevede una serie di passaggi successivi, necessari a capire di quel prodotto o terapia innanzitutto la sicurezza per l’uomo (valutandone tollerabilità ed eventuale tossicità ), la posologia (quanto e come va somministrato) e la cosiddetta utilità clinica, valutando anche, ad esempio, se questo nuovo farmaco possa portare maggiori vantaggi rispetto ad altri farmaci già in commercio per quel problema. Il protocollo sperimentale di ogni sperimentazione clinica deve venire elaborato secondo le modalità della "Buona Pratica Clinica" (GCP: ovvero Good Clinical Practice) elaborate dalla "International Conference on Harmonisation (ICH) of Technical Requirements for Registration of Pharmaceuticals for Human Use", approvate dall'Agenzia Europea per la Valutazione dei Medicinali (EMEA) e definitivamente recepite in Italia con il DM 15 Luglio 1997.


IL PROTOCOLLO DI SPERIMENTAZIONE - La ricerca clinica inizia con l’elaborazione del “protocollo”, che serve a decidere chi potrà entrare nella sperimentazione e quali caratteristiche dovrà avere (sesso, età, tipo di malattia, gravità della stessa) . Il protocollo sperimentale deve essere sottoposto a una serie di enti di controllo sia scientifici (come i ministeri della Salute o gli enti regolatori dei farmaci, come la Food and Drug Administration statunitense o l'EMEA in Europa) sia etici: è necessario, infatti, che qualcuno vegli sul rispetto dei diritti fondamentali di chi accetta di fare da 'cavia' per un nuovo studio.


LA FASE PRECLINICA – Prima di passare a testare la cura, con la fase clinica vera e propria, il primo step è quello che si svolge in laboratorio o su modelli in vivo, dove si testano le proprietà chimiche e tossicologiche della sostanza, appunto per valutarne l’eventuale tossicità per l’uomo. Prima si svolgono le prove “in vitro”, ovvero in provette con colture cellulari e microrganismi e sottoposti a test. Questo tipo di test devono essere realizzati in laboratori altamente specializzati. Soltanto quando si è appurato in laboratorio che la molecola ha potenziali effetti terapeutici si può passare alla sperimentazione sugli animali (studi “in vivo”).
Se lo studio preclinico dà esito positivo, si parte con la sperimentazione clinica, ovvero sperimentata sull’uomo.


LE FASI DELLA SPERIMENTAZIONE -  Le fasi I, II e III, sono dette “studi preregistrativi”. L’obiettivo è infatti quello di arrivare alla registrazione del farmaco, ovvero alla sua prescrizione e vendita. La Fase I necessita anche di pochi volontari su cui testare la tossicità del prodotto e la sicurezza delle sue dosi. In questa fase i volontari possono quindi essere anche persone sane (ad eccezione di alcune tipologie di farmaci). Superata la prima fase, si passa alla Fase II. Qui lo scopo è già di testare l’efficacia della cura contro la malattia. Si tratta di una fase che può richiedere parecchio tempo (da alcuni mesi ad alcuni anni). Le modalità di test dell’efficacia sono diverse, e lo studio può essere:
a) controllato: si confronta il farmaco con un trattamento già in atto o un placebo
b) doppio cieco: sia il medico che il paziente non sono al corrente delle caratteristiche del farmaco (lo scopo è quello di garantire maggiore neutralità possibile);
c) randomizzato: ai facenti parte del campione viene assegnato in modo casuale il trattamento o il placebo.


Quando anche la Fase II sia superata, la sperimentazione si estende, nella Fase III, su scala più ampia, coinvolgendo anche altri centri, anche in altri Paesi. La vasta platea del campione permette di verificare con maggiore attendibilità i risultati e di meglio valutare il potenziale del nuovo farmaco o trattamento.


AUTORIZZAZIONI DELLE AUTORITA’ COMPETENTI – Completato l’iter dalle fasi I alla III, la casa farmaceutica che detiene il brevetto o l’ente che sta portando avanti la sperimentazione, passa tutta la documentazione relativa alle fasi già superate all’autorità di regolamentazione competente che deciderà, sulla base dei risultati, circa la efficacia e sicurezza, se erogare la propria Autorizzazione EMA (European Medicines Agency), quindi rilasciare la licenza per la commercializzazione del farmaco. 


Per quanto riguarda l’Italia, dopo l’autorizzazione dell’EMA, l’iter prevede anche lo step dell’Autorizzazione da parte dell’ AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco), che fornisce  le indicazioni specifiche per l’utilizzo di quel determinato farmaco.


LE TERAPIE COMPASSIONEVOLI – Abbiamo dunque capito che possono passare anche parecchi anni prima che un nuovo farmaco o una nuova cura superino il rigoroso iter della sperimentazione ed essere resi disponibili ai cittadini. Si è sentito però parlare diffusamente, anche in questo ultimo periodo, di cure compassionevoli, termine col quale si rappresenta una sorta di deroga in via del tutto eccezionale al consolidato processo di sperimentazione. La legge italiana consente in alcuni casi (vedi Decreto Ministeriale dell’8 maggio 2003) di ricorrere a terapie sperimentali, ancora non validate dalla comunità scientifica e dal ministero della Salute, ma in fase avanzata di sperimentazione. Si tratta di casi estremamente eccezionali, che  interessano persone per le quali non esiste una cura disponibile (spesso sono malattie rare), per le quali si presume che la cura possa portare a un giovamento. La legge specifica comunque che i dati disponibili sulle sperimentazioni devono essere “sufficienti per formulare un favorevole giudizio sull’efficacia e la tollerabilità del medicinale richiesto”.


ATTENZIONE ALLE CURE MIRACOLOSE – Parallelamente a questo contesto di grande rigidità nell’approvazione di farmaci e terapie, necessaria per garantire ai cittadini la messa in commercio di prodotti sicuri, si registra il proliferare delle cosiddette “cure miracolose” che viaggiano  al di fuori dei canali della scienza medica, a cui vengono attribuite virtù eccezionali senza che vi sia alcuna evidenza scientifica a supporto. Su questo l’Aifa  (Agenzia Italiana del Farmaco)  ha pubblicato una utile guida per i cittadini e i pazienti, per metterli in guardia dalle sirene della “scienza facile” e di coloro che promettono rimedi miracolosi, rivelandosi spesso pifferai magici che lucrano sulle speranze delle persone. La guida, dal titolo “Non ho nulla da perdere a provarlo”, è la versione italiana ufficiale della guida per i pazienti realizzata dalla non-profit inglese Sense About Science, ed è scaricabile qui.

PER APPROFONDIRE:

Decreto Ministeriale  15 Luglio 1997 
Come nasce un farmaco

 

IN DISABILI.COM:

CELLULE STAMINALI, CURE COMPASSIONEVOLI E MEDIA


Francesca Martin

 

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