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Lila Madrigali 2Cosa significa sentirsi dire che è tutto nella propria testa, e infine scoprire di avere una malattia rara?

 

Nel parlare di malattie rare spesso ci si trova davanti ad un grande ammontare di nozioni, notizie, affermazioni talvolta poco fruibili. Non è per niente semplice affrontare l’argomento con obiettività e chiarezza mettendoci la faccia in prima persona.
Avere una malattia rara significa andare incontro a molteplici diagnosi che talvolta si rivelano errate, strade da percorrere a tentoni cercando un metaforico interruttore, andando incontro anche a frustrazioni come quella data dal sentirsi dire “è tutto nella tua testa”; una lotta costante e quotidiana nella quale la prima sfida è proprio quella di dare un nome a ciò che ti affligge. Lila ci racconta la sua storia.

Se senti rumore di zoccoli pensa ai cavalli, non alle zebre”; un detto americano recita così, rivolgendosi ai giovani medici, per spingerli a non andare a cercare il pelo nell’uovo nella formulazione di una diagnosi. Ma le zebre esistono e -guarda caso- i loro passi fanno lo stesso rumore di quelli dei cavalli. Per questo i malati di Sindrome di Ehlers Danlos (EDS) usano definirsi “zebre”: sono rari, ma ESISTONO.

E quindi…
C’era una volta Pelle di Zebra.
Pelle di Zebra era una strana bambina che pur essendo vitale e scoppiettante come i suoi coetanei era, in qualche modo, diversa. La sua energia si affievoliva molto prima di quella dei suoi amichetti, la pelle le si riempiva di lividi senza nessun motivo, il suo cuore era nato debole, le sue gambe erano tanto strane, le sue anche continuavano a subire lussazioni spontanee: nessuno sapeva perché. Era nata così e nessuno si interrogava più di tanto. Mille medici, mille diagnosi, nessuna soluzione.
Pelle di Zebra cresceva, si muoveva nel mondo e cercava di andare avanti nonostante quel suo strano corpo, eppure si rendeva conto di star sempre peggio. I medici invece non se ne rendevano conto affatto e si limitavano a spegnere ognuno il proprio pezzetto di spia, mentre Pelle di Zebra stava sempre peggio. “E’ tutto nella tua testa”, si sentiva dire quando le diagnosi più semplici non combaciavano e non offrivano beneficio.
Quando ad un certo punto il suo stomaco smise di funzionare e l’intestino gli fece compagnia, fu lampante che non era tutto nella sua testa: la caccia alle risposte si fece più pressante e bussando alla porta di tanti specialisti diversi Pelle di Zebra conobbe il nome del proprio destino.
…ma ho già sentito questa storia”, mi direte: è vero, perché accomuna tante persone colpite dalle innumerevoli malattie rare esistenti.
Ciò che invece non sapete è che Pelle di Zebra non si arrendeva davvero MAI. Qualsiasi batosta prendesse, dopo aver incassato il colpo si rialzava e tornava a caccia di una sentiero alternativo a quello fino a prima conosciuto.
Il giorno che la sua anca decise che ne aveva avuto per una lussazione di troppo e smise di sorreggerla, si aggrappò ad una stampella alla quale dette persino un nome.
Quando la stampella non bastò più, si affidò alle quattro ruote di un deambulatore.
Quando il deambulatore non fu più sufficiente ad arrestare le cadute arrivò una sedia a rotelle, che Pelle di Zebra prese a considerare come il proprio personale caricabatterie.
E quando non riuscì più a svolgere il suo lavoro di infermiera, cercò un modo creativo per inventarsi la vita nel mondo del Qui ed Ora: giorno dopo giorno, momento dopo momento, bevendo l’esistenza assaporandola fino in fondo senza lasciarne neanche una stilla.
Pelle di Zebra divenne molto brava nel trovare strade alternative; certo, non tutti i giorni ne trovava una buona. Talvolta, la strada percorsa senza problemi il lunedì si ritorceva su di lei il martedì, irta di rovi. Ma arrendersi significava fermarsi dandosi per vinti (o, più semplicemente, smettere di vivere nel Mondo del Qui ed Ora).
Trovare ogni volta una strada diversa non era difficile? Non era frustrante vedersi peggiorare giorno dopo giorno? Pelle di Zebra non aveva paura?
Certamente!

Ma voi, se aveste la pelle di zebra ed un sacco di mondo ancora da vedere, vi fermereste?


Per approfondire: Associazione Italiana Sindrome di Ehlers Danlos

 

In disabili.com:

 

Essere (malati) rari non significa essere invisibili

 

Lila Madrigali

 

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